SCIENZA E RICERCA

Modelli matematici e computer per far rivivere il suono di antichi strumenti musicali

Immaginate di poter suonare la copia virtuale di un antico clavicembalo attraverso un computer: la musica ottenuta sarà fedele a quella che secoli prima proveniva dall’esemplare originale e si eviteranno interventi di restauro che possono compromettere l’integrità di strumenti di grande valore storico.

Spesso infatti gli strumenti in esposizione nelle collezioni museali non sono più suonanti e da quando, alcuni decenni fa, nell’ambito della conservazione si è fatto strada un paradigma che alla dimensione funzionale (e quindi al ripristino della possibilità di produrre il suono) predilige la tutela e il rispetto delle caratteristiche originali, molti musei hanno preferito orientarsi verso la realizzazione di copie. Il motivo è che restituire la possibilità di suonare a strumenti musicali che hanno diversi secoli di storia alle spalle implica una serie di conseguenze che oggi non sono più ritenute accettabili, anche perché le operazioni di ripristino del funzionamento possono comprendere la sostituzione di intere parti dello strumento. 

Il passo successivo è stato quello della digitalizzazione degli strumenti musicali attraverso un approccio che si basa sulle tecniche del campionamento. E’ ciò che è stato fatto, per esempio, nel 2019 all’auditorium di Cremona quando, nell'ambito del progetto Banca del suono, quattro esperti esecutori hanno registrato, per otto ore al giorno e per la durata di circa un mese, il suono dei violini di Antonio Stradivari e di altri strumenti costruiti da maestri liutai italiani. Per l'occasione il Comune aveva limitato il traffico nell'area adiacente all'auditorium e aveva chiesto ai cittadini di collaborare al mantenimento del silenzio nella zona. Il materiale acquisito era poi stato inviato in Germania allo scopo di inserire i suoni all'interno di un software appositamente realizzato per riprodurre fedelmente i quattro strumenti storici.

Le tecniche legate al campionamento hanno però il limite di non poter essere applicate a strumenti che non sono più funzionanti. Superare questo limite e garantire una migliore conoscenza dei numerosi dettagli che contribuiscono a plasmare l'identità sonora di uno strumento è la scommessa alla base del lavoro di ricerca di un team multidisciplinare di scienziati, guidato dal professor Michele Ducceschi del dipartimento di Ingegneria industriale dell'università di Bologna. Rientrato di recente in Italia, dopo aver maturato un'importante nel dipartimento di Musica dell'università di Edimburgo, Ducceschi ha ottenuto un finanziamento da parte dell'European Research Council con un progetto che ha come obiettivo la realizzazione di strumenti virtuali, copie di antichi esemplari, da far suonare attraverso il computer.

Denominato Nemus (Numerical Restoration of Historical Musical Instruments), il progetto fonde elementi di musica, acustica, simulazione numerica avanzata e sintesi sonora e vuole far rivivere il suono di strumenti non più funzionanti, in particolare clavicembali, sviluppando un approccio che consente anche di generare un patrimonio di conoscenze sui meccanismi coinvolti nella produzione e trasmissione del suono. 

"L’idea è usare una tecnologia completamente digitale per costruire copie virtuali di questi strumenti e aiutare in questo senso la conservazione e l’arricchimento del patrimonio artistico e culturale attraverso una digitalizzazione che si basa su una modellazione matematica e fisica", spiega Michele Ducceschi a Il Bo Live.

"Molti musei - osserva il professor Ducceschi - hanno all’interno delle loro collezioni strumenti che sono molto antichi e non restaurabili perché sono ormai diventati dei documenti storici. Quindi è importante da un punto di vista documentale preservare l’integrità di questi strumenti non suonanti e non andarli a toccare".

Per questo motivo negli ultimi decenni i musei hanno promosso la costruzione di copie di questi strumenti in modo che si possa almeno avere un’idea di come suonino. Anche le copie "fisiche" però prima o poi andranno incontro all'usura del tempo, a differenza delle loro versioni digitali.  

La questione di descrivere le onde sonore è in realtà molto antica. "Paradossalmente la prima equazione differenziale, a derivate parziali, inventata da Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert nel XVIII secolo, è un’equazione che parla delle onde che si sviluppano su una corda musicale. Di fatto il primo modello matematico era un modello musicale e gli scienziati di mezza Europa dibattevano sulla bontà di questi modelli che venivano creati", spiega Michele Ducceschi.

E mentre i modelli matematici hanno continuato a perfezionarsi la svolta applicativa è arrivata con lo sviluppo di calcolatori elettronici dotati di una crescente potenza di calcolo: a metà degli anni '90 del secolo scorso ricercatori e musicisti hanno così pensato di utilizzare queste tecnologie in modo da riprodurre i modelli in tempo reale, attraverso un computer.

La scommessa di riprodurre il suono in modo fedele

La sfida del progetto Nemus è quella di simulare l'acustica di antichi strumenti partendo da una modellazione fisica. Gli strumenti musicali sono però sistemi estremamente complessi perché esistono tante sottocomponenti che interagiscono tra loro e in molti casi la vibrazione di alcune parti deve tenere conto degli effetti non lineari.

Michele Ducceschi, che di formazione è un fisico, si è avvicinato a questo ambito di studi durante gli anni in cui ha lavorato nel dipartimento di Musica dell'università di Edimburgo dove esiste un gruppo di ricerca che da almeno un decennio si occupa in maniera specifica di creare modelli fisici avanzati per la riproduzione di strumenti acustici. "Mi sono quindi avvicinato a questi modelli matematici e ho scoperto che forse c’è una possibilità di renderli realistici. Ho già sviluppato una serie di software che sono disponibili online e che utilizzano la modellazione matematica per creare sintetizzatori basati su modellizzazione fisica. La sfida del mio progetto è però proprio quella di rendere questi strumenti realistici e quindi oltre alla modellazione matematica mi dovrò avvalere di una serie di esperimenti di benchmark che farò nel laboratorio di acustica musicale dell'università di Bologna dove andrò misurare, per esempio, le risposte di tavole armoniche che verranno costruite appositamente da artigiani assecondando una serie di criteri storici e organologici e quindi mi avvarrò di misure sperimentali che andranno ad aumentare il modello matematico", approfondisce il docente

"Il modello matematico dipende da tantissime variabili e parametri che devono essere settati in maniera estremamente precisa. La mia scommessa è che se riusciamo ad addentrarci abbastanza nella parte sperimentale possiamo ottenere i parametri che ci servono e a realizzare queste copie virtuali in maniera sufficientemente precisa".

Si parte dai clavicembali

Gli strumenti musicali sono, come detto, dei sistemi molto complessi. Dal punto di vista della modellazione matematica alcuni presentano difficoltà maggiori di altri ed è per questo motivo che Michele Ducceschi ha scelto di partire dal clavicembalo. "E' forse la tipologia più semplice per una serie di ragioni, ma non dovrei dirlo perché quando parlo con i cembalisti loro non accettano questa osservazione in quanto lo ritengono uno strumento estremamente complesso", scherza Ducceschi.

Il docente spiega poi le ragioni che rendono la modellazione matematica del clavicembalo meno ardua rispetto a quella di altri strumenti. "Ad esempio, rispetto ad uno strumento a corda, nel clavicembalo manca l’interazione della mano sinistra: non occorre modellare quello che fa la mano sinistra perché il meccanismo è che il musicista preme su un tasto, il plettro viene espulso dal suo alloggiamento e percuote la corda e la mette in vibrazione. Però diciamo che questo tipo di contatto è sicuramente molto più facile da modellare rispetto all’interazione tra la mano di un musicista e una corda, come accade per esempio nel violino. Inoltre le corde del clavicembalo, se confrontate con quelle del pianoforte, sono più matematiche nel senso che quando i clavicembali sono stati inventati l’idea estetica all’epoca era quella di avere una serie armonica quasi perfetta. Anche gli strumenti a fiato possono essere particolarmente complessi da modellare, in questo caso perché c’è tutto un discorso di fluidodinamica che entra in gioco e quindi anche a livello computazionale può essere difficile realizzare l’interazione tra la bocca del musicista e l’imboccatura dello strumento. Il clavicembalo mi sembra quindi un buon punto di partenza".

E intanto (aggiornamento di gennaio 2023) Michele Ducceschi ha registrato un brano di Bach suonato con un prototipo. I suoni sono interamente sintetizzati da un modello matematico, nel quale mancano ancora la tavola armonica e i plettri, ma il risultato è certamente utile per cogliere nel concreto le potenzialità di questo approccio.

Bach - Sonata No. 2 in Eb Major realizzata da Michele Ducceschi con un modello matematico

La dimensione multidisciplinare

Il progetto di ricerca del professor Ducceschi ha una forte dimensione multidisciplinare e per questo motivo il team è composto da scienziati che si sono specializzati in ambiti differenti, dalla fisica alla musicologia fino all'ingegneria elettronica. "Io lavoro nel dipartimento di ingegneria ma di fatto sono un fisico che poi ha studiato appunto tutti questi modelli numerici matematici. Quello che faccio si trova un po’ all’intersezione tra l’analisi numerica, che è assolutamente necessaria per costruire gli algoritmi che un computer è in grado di leggere, la matematica applicata, la fisica, l’acustica come materia ingegneristica, e ovviamente l’informatica che è imprescindibile per costruire i software che vengono poi sviluppati nel contesto di questo progetto.

Per comporre il mio team ho selezionato delle persone ognuna delle quali si occupa di una di queste discipline in maniera specifica. Sebastian Duran ha iniziato il dottorato a inizio novembre e si dedica alla parte sperimentale: quindi utilizzerà gli accelerometri, i vibrometri, i martelletti e gli shaker per misurare le risposte acustiche delle tavole armoniche. Riccardo Russo è un altro dottorando coinvolto nel progetto, di formazione è un fisico e si occupa della parte di modellazione matematica e sviluppo di algoritmi. Henna Tahvanainen è invece una ricercatrice che proviene dalla Finlandia, è esperta in modellazione a elementi finiti e di misure sperimentali e quindi ci aiuterà a mettere in piedi tutte le catene di misura", spiega Ducceschi.

Il gruppo di ricerca si amplierà con l'ingresso di altre figure specializzate "E' in arrivo dal Regno Unito un ragazzo che si occuperà di costruire dei controller, delle tastiere fisiche che controlleranno gli strumenti virtuali e che hanno anche un feedback aptico, quindi chi suonerà questa tastiera sarà in grado di sentire sotto le dita quello che il musicista sente quando suona un clavicembalo vero. In una fase più avanzata del progetto arriverà poi un'altra persona che si dedicherà allo sviluppo dei software e quindi produrrà i plug-in che le persone potranno scaricare dal sito web e utilizzare a piacimento. Chi si occupa di music production ha a che fare con i plug-in che sono dei software che possono essere caricati nelle digital audio workstation, dei contenitori che si usano per la produzione e la registrazione di musica. Il plug-in può essere o un effetto o uno strumento virtuale: noi costruiremo questo strumento virtuale e chi vorrà potrà, con una tastiera midi standard, suonare questi strumenti da casa".

La collaborazione con la collezione Tagliavini

Le conoscenze sviluppate da questo percorso di ricerca potranno rivelarsi molto utili anche per le realtà attive nell'ambito della conservazione degli strumenti musicali storici. Il professor Ducceschi ha infatti iniziato a collaborare con la collezione Tagliavini che fa parte del sistema museale Genus Bononiae e che ospita una collezione di oltre 90 strumenti musicali antichi (tra cui clavicembali e pianoforti) donata dal musicista e studioso bolognese Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini.

"Nella filosofia del fondatore l’idea era quella di acquistare strumenti che fossero suonabili o che per i quali fosse sufficiente un restauro non invasivo per riportarli a suonare. Il museo recentemente ha acquisito una copia di uno strumento antico italiano, probabilmente realizzato da Alessandro Trasuntino che è stato uno dei maestri costruttori veneziani del 1500. Lo strumento è in una condizione tale che un eventuale restauro sarebbe troppo invasivo e quindi poco etico. Insieme alla curatrice Catalina Vicens stiamo così pensando di mettere in piedi un progetto, che coinvolgerà anche il mio gruppo di ricerca, e che ha l'obiettivo di riportare alla luce il suono di questo strumento che altrimenti sarebbe completamente perduto", conclude Michele Ducceschi.

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