SOCIETÀ

Il mondo fra trent'anni

Nel 2015 gli italiani erano 60,6 milioni, nel 2050 saranno 51,5 e, nel 2080, si stima che verrà raggiunto il picco minimo di 39,4 milioni. D'altra parte, nell’Africa sub-sahariana, la popolazione rischia di raddoppiare entro il 2060, raggiungendo circa 2,2 miliardi di persone. Durante il Festival della salute globale, sabato 6 aprile, si tiene un incontro in cui si parla di come evolverà la popolazione nei prossimi trent'anni alla luce degli attuali flussi migratori e della natalità nei diversi paesi. Il Bo Live ha contattato uno dei relatori, Alessandro Rosina, docente di Demografia all'Università cattolica di Milano, per un'anteprima sull'argomento.

La popolazione mondiale nei prossimi trent'anni sarà diversa da quella attuale?

“Le trasformazioni demografiche sono al centro dei principali processi di cambiamento di questo secolo. A livello globale, le possiamo riassumere in quattro punti: non siamo mai stati così tanti sul pianeta; la rapidità della crescita demografica non è mai stata così differenziata tra i vari continenti (in particolare con Africa in grande incremento ed Europa in declino); ad aumentare è soprattutto la popolazione anziana (principalmente nei paesi più sviluppati); non è mai stato così elevato il numero di persone che vivono in un paese diverso da quello in cui sono nate”.

“Secondo le previsioni delle Nazioni unite, entro il 2050, si aggiungeranno altri due miliardi di persone oltre agli attuali 7,5 miliardi e più di abitanti del pianeta. La popolazione cresce per un motivo positivo: la riduzione della mortalità rispetto agli elevati rischi del passato. Dobbiamo costruire un mondo nel quale poter vivere a lungo e bene ovunque si nasca, riducendo le diseguaglianze e producendo benessere attraverso un modello economico sostenibile. Questo significa incentrare gli stili di vita più sulla qualità che sulla quantità dei consumi, dare impulso alla green economy, favorire lo sviluppo dei paesi che devono completare la fase della transizione demografica, gestire i flussi migratori in modo più regolare e nei limiti di una vera integrazione nei paesi di arrivo”.

I flussi migratori dall'Africa potrebbero aiutare l'Europa? 

L’Africa è il continente con popolazione che cresce di più e con maggior esuberanza di giovani, mentre l’Europa non cresce e abbonda sempre più di anziani. La possibilità di crescita economica e demografica dell’Europa è compromessa da un rapporto che sta diventando sempre più squilibrato tra vecchie e nuove generazioni. Il vivere a lungo e bene, è sostenibile solo in una popolazione che ha anche una presenza solida di giovani e di persone nelle età centrali lavorative”.

"La prospettiva di trovarsi con un numero sempre maggiore di pensionati, bisognosi di assistenza sanitaria e, allo stesso tempo, con una riduzione della popolazione nelle età in cui si produce ricchezza, benessere e innovazione, impone prima di tutto la necessità di valorizzare al massimo la presenza dei giovani nel mondo del lavoro e, in secondo luogo, di attrarre persone che rafforzino, a tutti i livelli, i settori con carenza di manodopera. È anche vero che una società con più giovani è più dinamica dal punto di vista sociale e culturale. Il confronto tra diversità, in un contesto che offre vera integrazione, è un arricchimento per tutti. Solo gli organismi deboli e malati si chiudono verso l’esterno”.

Perché l'Europa diventa sempre più vecchia?

“La popolazione europea invecchia non tanto a causa della longevità, ma, soprattutto, per la bassa natalità. Il numero medio di figli per donna è attorno a 1,6, notevolmente al di sotto del livello di 2,1 che consente un adeguato equilibrio tra generazioni. Con una natalità così bassa, in ogni nuova generazione, i figli sono sistematicamente di meno dei genitori e ancor meno dei nonni. L’Italia, in particolare, è arrivata a uno squilibrio tale da avere un numero di nuovi nati minore del numero di persone di ottant’anni”.

La soluzione non potrebbe essere incentivare i cittadini italiani e/o europei a fare più figli tramite facilitazioni economiche? Oppure il fatto che l'Europa cresca a un ritmo più lento (o che non cresca affatto) è da imputare a uno stile diverso di vita che ha portato alla riduzione della natalità?

Non si tratta di convincere i cittadini europei a fare più figli, ma di metterli semplicemente in condizione di realizzare i propri obiettivi di vita con politiche adeguate. Che una fecondità più vicina ai due figli per donna sia un obiettivo possibile, lo dimostra il fatto che vari paesi occidentali siano vicini a quel target (si pensi alla Francia e ai paesi scandinavi, o anche agli Stati Uniti). Inoltre il numero medio di figli, desiderato nei paesi con bassa fecondità, è in generale vicino a 2: quindi ci sono ampi margini per una ripresa della natalità. Servono però strumenti di policy efficaci in una realtà sempre più complessa e in continuo cambiamento. Soprattutto, bisognerebbe intervenire sui tempi di formazione di una propria famiglia da parte dei giovani e sulla conciliazione tra lavoro e famiglia dopo l’arrivo del primo figlio”.

Va però tenuto presente che la ripresa della natalità è una parte delle risposte da mettere in campo, non l’unica. Inoltre, solo tra vent’anni le nuove nascite potranno produrre il loro impatto di rafforzamento nel mercato del lavoro. Nel frattempo una immigrazione regolare e integrata nel nostro modello sociale e di sviluppo avrebbe effetti favorevoli”.

Perché si parla di "sostituzione etnica" e quanto è fondato come concetto in relazione ai flussi migratori?

La sostituzione etnica non è all’orizzonte. Oggi la popolazione straniera residente in Italia è inferiore al 9%. Potrebbe arrivare attorno al 20% nel caso di flussi continui e sostenuti. Va poi considerato che una buona parte di tale popolazione proviene da altri paesi europei e, un’altra buona parte, è costituita da seconde generazioni nate in Italia. L’insieme di questi numeri non giustifica questo tipo di allarmi. Infine, è importante che la cultura di un paese abbia innanzitutto radici profonde, con valori riconosciuti e condivisi, ma è anche cruciale che si confronti e interagisca positivamente col mondo che cambia”.

Si può partecipare, previa iscrizione, al dialogo tra Alessandro Rosina e Mambigué Ngom: Il fattore umano, la popolazione mondiale nei prossimi trent'anni, sabato 6 aprile alle 18 nell'Auditorium del Centro culturale Altinate San Gaetano. 

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