SOCIETÀ

Muoversi domani: tra non-mobilità, d-mobilità e s-mobilità

La pandemia di Covid-19 sta riconfigurando i modi di vivere delle persone e il funzionamento delle collettività. Distanziamento e/o isolamento delle persone e restrizioni sulle possibilità di spostarsi rappresentano interventi inusuali nelle pratiche sociali correnti, finora mai sperimentate su vasta scala. Non appartengono, infatti, agli strumenti convenzionali utilizzati per progettare e governare città e territori, e appaiono pertanto novità inaspettate.

Forse la novità più sconcertante è stata prendere atto che muoversi liberamente e incontrare (interagire con) chi si vuole non sono diritti acquisiti. Tanto per gli individui quanto per le collettività, l’importanza (il senso?) di questi diritti sta diventando sempre più evidente, proprio alla luce del fatto che la pandemia mette in discussione le possibilità di esercitarli. 

Da un lato, cresce la consapevolezza che mobilità e interazioni fisiche fra le persone sono veicoli di trasmissione del virus e aumentano i fattori di rischio per la salute delle persone. Da questo punto di vista, l’aumento di consapevolezza fornisce elementi nuovi al dibattito aperto da tempo sulla necessità di ridurre gli impatti sull’ambiente, contenere il riscaldamento climatico e più in generale garantire la sostenibilità dello sviluppo dei paesi (il principale riferimento, qui, è al documento delle Nazioni Unite sui grandi temi della sostenibilità dello sviluppo). 

Dall’altro lato, si sperimenta direttamente come le non-mobilità imposte dai provvedimenti per contrastare la pandemia abbiano conseguenze indesiderate (di fatto mai affrontate negli studi sulla mobilità sostenibile) sulla sfera sociale ed economica: 

  • per gli individui, in termini di inaccessibilità alle infrastrutture sociali, cioè ai luoghi e/o agli edifici dove si realizzano le pratiche sociali che sono alla base della vita pubblica della città, e che contribuiscono a determinare la qualità della vita dei residenti (ad esempio: gli spazi pubblici, come librerie, musei, piazze, scuole, ecc., gli spazi destinati ai servizi commerciali, come bar, ristoranti, negozi, mercati, ecc., gli spazi per lo sport e il tempo libero, come palestre, piscine, cinema, ecc., gli spazi destinati al culto, gli spazi destinati alla mobilità, come stazioni, marciapiedi, piste ciclabili, ecc.), con conseguente riduzione del livello di qualità della vita, e di in-equità sociali causate dal confinamento territoriale (Latham A., Layton J., Social infrastructure and the public life of cities: Studying urban sociality and public spaces, Geography Compass, 13 (7), 2019, p. e12444); 

per le collettività, in termine di perdita di operatività delle funzioni urbane di produzione e di consumo, con conseguente limitazione delle opportunità di sviluppo, sul fronte economico e sociale (le conseguenze della pandemia da un punto di vista macro-economico, nei principali paesi ad economia avanzata sono illustrate, ad esempio, nel rapporto COVID-19 Impacts on Public Health and the Economies of GTIPA Member Nations, del ITIF & Global Trade and Innovation Policy Alliance).

I provvedimenti adottati nei diversi contesti, inoltre, testimoniano delle grandi difficoltà incontrate dagli enti di governo, nazionali e locali, nell’indirizzare, coordinare e realizzare le azioni per contrastare la diffusione del virus e mitigare gli effetti negativi degli interventi di contenimento. Inerzie, complessità delle procedure, mancanza di appropriati riferimenti normativi, insufficiente capacità di coordinamento sono alcune delle manifestazioni più vistose di queste difficoltà, aggravate dalla mancanza di informazioni per profilare il livello di criticità nelle diverse situazioni locali. 

Dal punto di vista degli studiosi della mobilità, un aspetto positivo è rappresentato dal fatto che la pandemia ha suscitato (ri-svegliato?) l’interesse nei confronti dei dati sulla mobilità: il monitoraggio dell’andamento dei flussi, oggi possibile attraverso i moderni dispositivi di comunicazione e di geo-localizzazione, consente infatti di osservare in tempo quasi reale, l’impatto dell’evoluzione della pandemia sulle attività delle comunità locali.

I dati raccolti dalle piattaforme informative sulla mobilità (principalmente su strada) mostrano che nei mesi del 2020 interessati dall’evento, in tutti i paesi, la chiusura e/o la riorganizzazione delle attività economiche attraverso lo smart working e l’uso di piattaforme di comunicazione a distanza hanno prodotto un ridimensionamento della mobilità di persone e di merci, non del tutto recuperato nei mesi di riapertura.

Nonostante le differenze nel livello e nell’andamento temporale delle fasi di evoluzione del fenomeno, alcuni aspetti di questo ridimensionamento sono comuni a tutti i paesi. I flussi delle merci calano meno di quelli dei passeggeri (si veda lo studio INRIX, 2020, European Truck Movement During COVID-19, ). Per questi ultimi, la flessione interessa soprattutto gli spostamenti con il trasporto pubblico, ritenuto il meno sicuro dal punto di vista del rischio di contagio, mentre il calo degli spostamenti a piedi o in bicicletta è relativamente più contenuto. Un confronto tra la situazione della fase iniziale della pandemia e quella di riapertura, prima della seconda ondata della pandemia nel 2020, mostra che gli spostamenti sarebbero mediamente più brevi e le distanze complessivamente percorse si accorcerebbero: la mobilità di corto raggio (di prossimità), cioè, acquisirebbe importanza rispetto a quella di medio-lungo raggio.

Per la mobilità quotidiana delle persone, in particolare, i principali tipi di cambiamento possono sintetizzarsi come segue (sono menzionati solo alcuni degli impatti prodotti dalla pandemia; altri impatti da non trascurare nelle riflessioni future sul domani della mobilità riguardano il settore auto-motive e, più in generale, il mercato dell’auto – si veda, ad esempio, Moretti A. e Zirpoli F., a cura di, Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2020, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia, 2020 –, l’e-commerce, i flussi merci e la logistica; con riferimento alle merci, in particolare, il rapporto INRIX, 2020 ha rilevato che nei paesi europei monitorati – Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e Spagna – la riduzione dei veicoli*km percorsi durante la prima fase del lockdown è stata inferiore a quella dei passeggeri):

  • annullamento della motivazione a spostarsi in conseguenza della chiusura delle attività economiche e di servizio ritenute non essenziali nelle pratiche sociali delle persone (la non-mobilità);

  • sostituzione dello spostamento fisico con interazioni virtuali, attraverso reti di comunicazione digitale, per quelle attività economiche che ne hanno abilitato l’uso dal punto di vista organizzativo e normativo (smart working, tele-medicina, insegnamento a distanza) (la d-mobilità);

  • riduzione della capienza dei mezzi pubblici e passaggio di una parte degli spostamenti da una modalità di tipo passivo (uso di mezzi motorizzati) a una di tipo attivo (spostamenti a piedi o in bicicletta). Quest’ultimo, in particolare, influirebbe in modo positivo sul contenimento degli impatti sull’ambiente e sulla promozione salute delle persone (la s-mobilità), anche se questo potrebbe avvenire a scapito dell’uso del mezzo pubblico.

Non è da escludere, tuttavia, che oltre alle variazioni nel numero e nella distribuzione modale dei flussi, le esperienze vissute durante la pandemia abbiano innescato altri processi di cambiamento, oggi ancora poco visibili.

A questo proposito, è legittimo chiedersi quali siano questi processi altri e come essi possano accelerare e/o inibire il cammino verso la sostenibilità intrapreso (anche) dal sistema dei trasporti da oltre due decenni. 

Da un lato, è auspicabile che il ritorno alla normalità (una situazione senza pandemia) salvaguardi gli sforzi compiuti, su molteplici fronti, per garantire al sistema socio-tecnico di rendere più sostenibile il trasporto: mobilità collettiva, integrazione modale, produzione e uso di mezzi di trasporto meno inquinanti ed energivori, gestione dei sistemi di trasporto, sicurezza.

Dall’altro, è anche palese che questo interrogativo richiede di allargare lo sguardo; ad esempio, attraverso una riflessione sulle relazioni tra diritto a/capacità di muoversi di individui e collettività, modalità attraverso le quali essi si muovono, e impatti prodotti dagli spostamenti sull’organizzazione economica e sociale e sull’ambiente in cui vivono.

Gli argomenti trattati nel seguito rappresentano, senza alcuna pretesa di completezza né di esaustività, alcuni spunti per articolare questa riflessione. 

 Il settore dei trasporti come sistema socio-tecnico 

Al pari di altri settori produttivi, permeabili al progresso tecnologico, il settore dei trasporti è un sistema socio-tecnico: un’entità costituita da molteplici elementi in relazione fra loro, che comprende la tecnologia, le infrastrutture, gli attori (individui, imprese di trasporto, gestori delle infrastrutture, ecc.), le modalità organizzative del settore, l’assetto insediativo del territorio, le norme che regolano l’uso dei veicoli e delle infrastrutture, le risorse energetiche, la cultura prevalente nei comportamenti di mobilità, gli stili di vita delle collettività.

La struttura funzionale di questo sistema può essere descritta secondo tre livelli (ambiti) (Geels F.W. e Kemp R., The multi-level perspective as a new perspective for studying socio-technical transitions. Automobility in transition?, in: Geels F.W., Kemp R., Dudley G., Lyons G., eds., A socio-technical analysis of sustainable transport, Routledge, London, 2012): 

  • la nicchia dove le innovazioni (in primis quelle tecnologiche, ma non solo) sono introdotte e sperimentate in settori di solito relativamente ristretti;

  • l’insieme dei modi di funzionamento del sistema dei trasporti e della mobilità, dove norme e regole di comportamento sono consolidate e ne caratterizzerebbero il regime socio-tecnico. All’interno di questo ambito, i cambiamenti delle componenti sono solitamente di tipo incrementale e avvengono lungo traiettorie ben tracciabili;

  • il contesto più generale che condiziona le trasformazioni degli altri ambiti (include sia caratteristiche morfologiche e insediative del territorio cui il sistema di trasporto appartiene sia caratteristiche intangibili quali i valori, le norme, gli stili di vita che stanno alla base dei comportamenti di mobilità degli individui e delle pratiche sociali di una collettività).

I tre livelli sono gerarchicamente incapsulati: ciò significa che pur insistendo su ambiti di azione pre-ordinati, ciascuno di essi ha una certa autonomia; tutti concorrono, attraverso dipendenze multiple tra le diverse componenti (che si modificano) a far avanzare, più o meno velocemente, il percorso di evoluzione del settore dei trasporti.

Nel corso del tempo, pertanto, i modi di operare (le funzionalità) del sistema si modificano e, con riferimento al sistema di valori assunti dalla collettività, variano le relative performance e criticità ad essi associati(e). L’ipotesi implicitamente assunta è che, nel percorso di evoluzione, il sistema sarebbe in grado di imparare, di rinnovarsi continuamente e di posizionarsi su livelli più soddisfacenti (sostenibili) rispetto a quelli precedenti. Da un punto di vista analitico, la sostenibilità del sistema sarebbe associata al progressivo avvicinamento a una situazione attesa nei valori di performance e criticità, quali espressi dagli indicatori di misura adottati da una collettività per definire il proprio stato di sostenibilità (si vedano gli indicatori per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030).

Uno schema multi-livello di questo tipo fornisce un quadro riferimento utile a dare profondità prospettica al bagaglio di conoscenze che, nell’epoca attuale segnata da transizioni epocali, concorrono a concettualizzare il sistema dei trasporti, le sue trasformazioni e i problemi di sostenibilità. Aiuta anche a formulare alcuni elementi di lettura dei fenomeni di aggiustamento nella mobilità, osservati durante la pandemia.

  • La non-mobilità, seppur imposta in modo estensivo dall’esterno, ad esempio, può essere vista come un’innovazione per il sistema socio-tecnico. L’innovazione, qui, consisterebbe nello sperimentare una situazione nella quale la routine ordinaria degli spostamenti delle persone si estende a includere un’alternativa (non spostarsi), che normalmente non le appartiene (qui il riferimento implicito è alla nicchia menzionata più sopra). Questa possibilità, in particolare, offrirebbe due possibilità: (i) un’occasione per riflettere sul fatto che alcuni spostamenti normalmente effettuati nella routine ordinaria sono non desiderabili o coatti (e pertanto eliminabili) e/o programmabili diversamente; (ii) un’opportunità per gli individui di rafforzare i propri legami con il territorio di residenza.

  • Le misure adottate per convivere con la situazione pandemica, quali la sostituzione degli spostamenti fisici con interazioni virtuali (d-mobilità) e la riduzione del numero degli utenti sui mezzi pubblici, potrebbero essere interpretati come adattamenti, ancorché provvisori, del regime del sistema socio-tecnico. Nello specifico, la d-mobilità praticata durante la situazione pandemica ha verosimilmente intensificato l’uso delle ICT da parte di individui e imprese e, probabilmente, accelerato l’appropriazione dei dispositivi di comunicazione digitale da parte delle organizzazioni che operano nei diversi settori urbani. Si tratta di un tipo di adattamento che ha numerose ricadute positive: sulla sicurezza stradale (riduzione del traffico e, dunque, del rischio di incidentalità (International Transport Forum – OECD, Road Safety Annual Report 2020,); sul ri-utilizzo degli spazi urbani (in particolare delle strade) e garantire standard più elevati di sicurezza sanitaria (International Transport Forum – OECD, 2020, Re-spacing Our Cities For Resilience); e, ovviamente, sulla riduzione delle emissioni inquinanti dei trasporti (anche se nel periodo del lockdown, la riduzione del livello degli inquinanti nell’aria è stata modesta e comunque molto al di sotto di quella registrata per il traffico). La diminuzione dell’uso del mezzo pubblico è un altro adattamento che, tuttavia, non va nella direzione della sostenibilità del sistema sia perché non favorisce l’affrancamento dall’uso dell’auto sia perché ipoteca la performance economica delle aziende del settore. Gli sforzi intrapresi per garantire l’operatività dei servizi di trasporto pubblico, tuttavia, potrebbero costituire un’occasione per rafforzarne le capacità di gestione e/o sperimentare modalità innovative di fornitura (Coppola P., De Fabiis F., 2020, Evolution of mobility sector during and beyond Covid-19: viewpoint of industries, consultancies and public transport companies, TeMa –Journal of Land Use, Mobility and Environment, 81-90; National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine, A Pandemic Playbook for Transportation Agencies, The National Academies Press, Washington DC, 2020).

  • Anche l’aumento della mobilità attiva (spostamenti a piedi, in bicicletta e con altri mezzi di micro-mobilità), fattore indiscutibile della s-mobilità, è un altro modo attraverso il quale la mobilità quotidiana si sta adattando alle misure di distanziamento imposte dalla pandemia. Rispetto a quelli motorizzati, gli spostamenti non motorizzati sono, mediamente, più lenti e più brevi. In linea di principio, pertanto, permettono a chi si muove di percepire (interagire con) più facilmente le caratteristiche ambientali e/o morfologiche del territorio che attraversano. Da questo punto di vista, una crescita della mobilità attiva da parte dei residenti di un’area consentirebbe loro di rafforzare il senso di appartenenza ai luoghi dove vivono; forse, aumenterebbe la loro consapevolezza per i valori stessi associati al concetto di mobilità sostenibile, - aspetti questi che appartengono al livello di organizzazione del sistema dei trasporti  indicato più sopra come contesto. 

Occorre ricordare che secondo il Consiglio Europeo  un sistema di trasporto è sostenibile se: (i) permette di soddisfare i bisogni elementari di accesso e di sviluppo degli individui, delle imprese e della società in modo sicuro e compatibile con la salute umana e dell’ecosistema e promuove l’equità tra generazioni; (ii) ha prezzi accessibili, opera in modo appropriato e efficiente, offre modi di spostamento alternativi, sostiene la competitività dell’economia e al tempo stesso uno sviluppo regionale equilibrato; (iii) limita le emissioni e i rifiuti in modo da consentire al pianeta di assorbirli, usa le risorse rinnovabili a un tasso inferiore (o al massimo pari) a quello della loro generazione, e usa le risorse non-rinnovabili a un tasso inferiore (o al massimo pari) a quello di loro sostituti rinnovabili, minimizzando l’impatto sull’uso del suolo e sulla produzione di rumore (European Union Council of Ministers for Transport and Telecommunications, 2001, Strategy for Integrating Environment and Sustainable Development into the Transport Policy).

Nei paesi a economia avanzata l’analisi dei dati disponibili evidenzia che esiste una correlazione positiva tra crescita economica e volumi di traffico, e tra questi e le emissioni inquinanti e i gas serra. I temi della crescita economica e dell’intensità di queste correlazioni sono, di fatto, al cuore delle politiche sulla mobilità di tutti i paesi; sono anche principali elementi di riferimento rispetto ai quali individuare i percorsi da seguire nella transizione verso una mobilità più sostenibile.

Può il sistema socio-tecnico dei trasporti evolvere verso una situazione più sostenibile?

L’interrogativo pone l’attenzione su come, per una collettività, il proprio sistema socio-tecnico dei trasporti possa passare da un dato modo di funzionare, cui sono associati certi giudizi di sostenibilità, a un altro contraddistinto da giudizi auspicabilmente migliori; richiede, inoltre, di prendere atto che questo passaggio dipende da molteplici fattori, incluso il comportamento degli  attori, ed è condizionato da dosi variabili di incertezza (Lyons G. e Davidson C., 2016, Guidance for transport planning and policymaking in the face of an uncertain future, Transportation Research Part A: Policy and Practice, 88, 104-116).

Non si tratta però di un semplice esercizio di pensiero. L’interrogativo presuppone che la collettività abbia un atteggiamento pro-attivo nei confronti del cambiamento, in presenza di o a prescindere dalla pandemia. Come osserva Remigio Ratti (Scenari di governanza politico-economica per il Ticino dopo il COVID19, gli epaper di Coscienza Svizzera, 1, 21 maggio 2020,) a proposito delle possibilità di reagire dopo la pandemia, la disponibilità di un territorio a cambiare ha anche bisogno di visioni convergenti, nell’ambito di una governanza partecipata da parte di tutti gli attori, pubblici e privati, per definire le condizioni quadro e le regole orientate allo sviluppo sostenibili. Secondo l’autore, la governanza, da intendersi come l’insieme di tutte le convenzioni o forme intermedie di regolazione che articolano le imprese private e il bene pubblico, aspetti economici e sociali, e che rendono compatibili efficacia ed equità. 

Pensare alla mobilità di domani, dunque, richiede un’attività di riflessione lungimirante e non occasionale, che impegna non solo a prefigurare il ventaglio condivisibile delle situazioni future ma, anche, a creare le condizioni affinché le soluzioni scelte siano realizzabili.

Questi temi non sono nuovi in letteratura e numerosi studi si interrogano da tempo su come le organizzazioni, nella sfera pubblica e in quella privata, possano adattare la propria struttura e il proprio modo di agire, ai cambiamenti del più ampio contesto in cui operano.

Prefigurare il progetto dei futuri possibili è al cuore del moderno approccio di foresight, definito come «a systematic, participatory, future-intelligence-gathering and medium-to-long-term vision-building process aimed at enabling present-day decisions and mobilising joint actions» (Foresight for Regional Development Network, 2001, A Practical Guide to Regional Foresight).

Questo approccio appartiene alla generazione più recente degli  studi di foresight che riconosce l’incertezza ontologica di molti fenomeni e l’impossibilità di fare previsioni irrefutabili sul loro stato futuro (Concurrent Design Foresight, Report to the European Commission of the Expert Group on Foresight Modelling, Directorate-General for Research and Innovation, Directorate B – Science with and for Society, Brussels, 2015, ). Esso postula che  un’attività previsionale deve essere capace di esplorare il ventaglio degli stati futuri, possibili, in presenza di diverse ipotesi (plausibili) circa le condizioni iniziali del sistema e i comportamenti degli attori coinvolti. I moderni approcci di simulazione multi-agente hanno proprio questo compito.

Merita ricordare che pensare al futuro non è solo compito di coloro che di mestiere fanno ricerca; è un atteggiamento che tutte le persone sperimentano nel corso della propria esistenza: il futuro che viene immaginato genera speranza e paura, senso e significato; guida le aspettative, le delusioni e la volontà di investire o di cambiare. Secondo l’Unesco, essere capaci di pensare al futuro è una competenza importante per le persone del 21esimo secolo «Futures Literacy, a universally accessible skill that builds on the innate human capacity to imagine the future, offers a clear, field tested solution to poverty-of-the-imagination». Si tratta di una competenza funzionale a raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, ma non solo: essere alfabetizzati circa il futuro aiuta ad affrancarsi dall’illusione di certezza e di fragilità che il futuro crea.

Una ricaduta immediata dell’adozione di un (moderno) approccio di foresight è che la progettazione degli interventi deve avvenire in modo collaborativo, attraverso un processo ricorsivo e strutturato, nel quale diversi attori (appartenenti alla pubblica amministrazione, al mondo produttivo, a quello della ricerca e alla società civile) lavorano insieme: condividono saperi, competenze, tecnologie e obiettivi primo fra i quali quello di realizzare un prodotto innovativo attraverso l’innovazione del suo processo di produzione.

Un caveat è necessario: l’efficacia dell’approccio, inclusa la capacità di rispondere prontamente a eventi inattesi, quali le pandemie, dipende dalla capacità dell’approccio di inserirsi nel ciclo delle politiche e nel funzionamento delle organizzazioni che ne hanno la responsabilità (Concurrent Design Foresight, Report to the European Commission of the Expert Group on Foresight Modelling, 2015 ).

L’attenzione al futuro, la comunicazione, l’affidabilità di partecipazione da parte degli attori, la trasparenza del dialogo, la coerenza delle azioni sono le principali caratteristiche dell’approccio di foresight. Qui ci si sofferma brevemente su due di esse perché, probabilmente, prioritarie nella riflessione sulla mobilità di domani. 

Attenzione al futuro: cosa dovrebbe/potrebbe fare una collettività, perché il funzionamento del proprio sistema socio-tecnico dei trasporti permetta una mobilità (più) sostenibile nel proprio territorio? I percorsi possibili sono molteplici, e dipendono dalle ipotesi di evoluzione dei principali determinanti della mobilità: gli stili di vita della collettività, l’organizzazione insediativa e le tecnologie adottate. Nello studio dell’IRES curato da Simone Landini e Sylvie Occelli Elementi di analisi per una mobilità sostenibile 2019, ad esempio, si richiamano tre principali sentieri che questi percorsi potrebbero seguire per raggiungere la meta principale della de-carbonizzazione del settore dei trasporti (Givoni M., Alternative pathways to low carbon, in: Givoni M. e Banister D., eds., Moving Towards Low Carbon Mobility, Edward Elgar, Cheltenham, 2013, pp. 209-223). 

  1. Miglioramento dell’efficienza degli spostamenti. Esso assume una sostanziale invarianza negli stili di vita e nel funzionamento del sistema socioeconomico e della mobilità. Affida alla tecnologia e principalmente al progresso tecnologico dei mezzi di trasporto (vedi la diffusione delle auto elettriche e l’uso di carburanti energeticamente più efficienti) il compito di de-carbonizzare il settore dei trasporti, sganciando la produzione di emissioni dai volumi di traffico prodotti dagli spostamenti.

  2. Riconfigurazione degli spostamenti, sganciando la generazione del traffico dalla domanda di trasporto espressa dal sistema socioeconomico. Essa presuppone che, nel breve-medio periodo, miglioramenti nell’organizzazione funzionale delle attività consentano una ripartizione modale verso modalità di trasporto economicamente meno costose e a minore impatto ambientale. Affida alla gestione della mobilità, tramite le nuove tecnologie (ITS – Intelligent Transportation Systems e MaaS – Mobility as a Service), e alla progettazione urbana la possibilità di favorire l’integrazione modale, gli spostamenti a piedi o in bicicletta e l’uso di modi collettivi di trasporto quali il mezzo pubblico tradizionale o la condivisione di mezzi privati (Pronello C., 2019, I servizi di mobilità condivisa (shared mobility services) e l’evoluzione tecnologica). 

  3. Riconfigurazione dei bisogni di spostamento. Essa ipotizza una trasformazione profonda negli stili di vita delle persone e nei modi di operare del sistema socioeconomico. Affida all’applicazione dei principi di pianificazione integrata e all’uso delle ICT la possibilità di creare le condizioni insediative e funzionali perché gli individui evitino spostamenti indesiderati e possano ridurre le distanze percorse. Si tratta di interventi di carattere strutturale, di lungo periodo, che presuppongono una ri-modulazione quantitativa e qualitativa dei bisogni di spostamento generati da nuove modalità di abitare, produrre e consumare.

Naturalmente, le descrizioni dei sentieri di evoluzione della mobilità devono tener conto della  della struttura socioeconomica e territoriale degli insediamenti cui la mobilità si riferisce, nonché delle più generali trasformazioni cui questi ultimi sono sottoposti, in primis quelle tecnologiche (Mitchell W.J. e Casalegno F., 2008, Connected sustainable cities, MIT Mobile Experience Lab Publishing,; Nam T. e Pardo T.A., Conceptualizing smart city with dimensions of technology, people, and institutions, in: Bertot J.C., Nahon K., Chun S.A., Luna-Reyes L.F., Atluri V., eds., Proceedings of the 12th Annual International Conference on Digital Government Research, DG.O 2011, College Park, MD, USA, June 12 - 15, 2011. ACM International Conference Proceeding Series, 282-291).

La coerenza delle azioni. L’ipotesi di fondo dell’approccio di foresight è che, per una collettività, le percezioni condivise circa le sfide del futuro e i benefici e/o problemi attesi, e le priorità da ritenere nei percorsi di cambiamento, consentano ai diversi attori di coordinare meglio il proprio modo di operare; questo coordinamento, poi, aumenterebbe la probabilità di successo degli interventi per una mobilità (più) sostenibile.

L’ipotesi è intrinsecamente ottimista, utopica forse, ma non può essere rigettata. A una condizione: che l’organizzazione degli enti /agenzie responsabili degli interventi e la loro capacità di agire siano adeguate. 

Questa è anche la tesi sostenuta in uno studio sull’evoluzione della pianificazione dei trasporti nei paesi anglo-sassoni (National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine, Strategic Issues Facing Transportation, Volume 4: Sustainability as an Organizing Principle for Transportation Agencies, The National Academies Press, Washington DC, 2014). Lo studio propone uno schema di lettura che declina, insieme, la natura dei problemi di mobilità (e dei loro correlati con la sostenibilità) affrontati in un piano dei trasporti e le caratteristiche dell’organizzazione (assetto istituzionale, attori coinvolti, ruolo dell’ente/agenzia responsabile) a esso preposta. Articolando insieme natura dei problemi e caratteristiche dell’organizzazione, lo schema individua alcuni stadi, ideali, che corrispondono ad altrettanti livelli di maturità nel modo di affrontare la sostenibilità dei trasporti: livello 0, spostamenti sicuri; livello 1, conformità normativa delle infrastrutture e del loro funzionamento; livello 2, trasporto green (mitigazione degli impatti sull’ambiente); livello 3, trasporto sostenibile (vedi ad esempio le linee guida europee); livello 4, società sostenibile (i trasporti come sottosistema che concorre alla sostenibilità del sistema socio-economico-ambientale globale).

Lo schema, riformulato sotto-forma di check-list, è uno strumento che aiuta gli enti con responsabilità istituzionale a valutare le proprie capacità di conseguire, nella pratica, gli obiettivi di sostenibilità fissati nelle politiche e negli strumenti di piano. L’applicazione di uno schema di questo tipo, si noti, può avere anche una valenza più generale: rafforzare, nei confronti della collettività, l’affidabilità degli enti stessi nell’esercitare i propri compiti, un requisito necessario per la governabilità del sistema socio-tecnico dei trasporti. 

Fenomeni, dati, saperi e ritorno: l’infrastruttura della conoscenza

Le conoscenze, qui intese in senso lato come dati e capacità di estrarne evidenze appropriate per rispondere a date esigenze conoscitive, sono l’altra componente fondamentale perché un’attività di riflessione lungimirante e non occasionale costruisca la mobilità di domani. Ma quali conoscenze e per chi?

L’interrogativo è parte integrante di questa attività; richiede di essere declinato da parte di coloro che direttamente o indirettamente appartengono al sistema socio-tecnico dei trasporti perché ne sono, collettivamente, artefici.

Nelle pratiche di piano le informazioni sui flussi (determinanti e motivazioni degli spostamenti) e sul contesto di riferimento (profilo socio-economico e insediativo) sono elementi indispensabili per progettare gli interventi, determinarne la fattibilità economica e valutarne le ricadute (Pas E.I., The urban transportation planning process in: Hanson S., ed., The Geography of Urban Transportation, The Guilford Press, New York, 1995, 53-80; Zhengdong H., 2003, Data integration for urban transport planning, Utrecht University,).

Accompagnare l’evoluzione del sistema socio-tecnico dei trasporti verso situazioni più soddisfacenti dal punto di vista della sostenibilità richiede che le organizzazioni ad essa preposta arricchiscano il ventaglio di conoscenze usualmente utilizzate nel progettare gli interventi.

In proposito, due aspetti, parzialmente contrastanti, meritano di essere richiamati.

Da un lato, esiste un potenziale informativo enorme, rappresentato dai dati prodotti dall’uso dei dispositivi di comunicazione digitale da parte delle persone – ad esempio, le tracce lasciate sulla rete dall’acquisto di documenti di viaggio o dalla ricerca di informazioni sui servizi di trasporti – e degli oggetti – ad esempio, le registrazioni effettuate dai sensori e dagli strumenti di videosorveglianza del traffico e degli utenti dei trasporti –. L’uso di questi dati consentirebbe di predisporre informazioni più articolate e puntuali su:

  • i comportamenti di mobilità: la propensione degli utenti (persone e imprese) a utilizzare mezzi più efficienti dal punto di vista energetico (veicoli elettrici) o a sperimentare modi alternativi di muoversi (condivisione degli spostamenti in auto, uso di biciclette, moto e auto a noleggio), il grado di sostituzione di alcuni tipi di spostamento con interazioni virtuali;

  • l’uso dei servizi di trasporto: le convenienze economiche dei nuovi veicoli per famiglie e imprese, la disponibilità di nuovi servizi e imprese, i costi della mobilità per gli individui e la collettività;

  • gli impatti della mobilità: le emissioni inquinanti del traffico veicolare, gli effetti della mobilità attiva sulla salute, la sicurezza dei mezzi di trasporto e degli spostamenti per gli utenti e le collettività.

Dall’altro lato, la capacità di usare questi dati nel governo della mobilità è ancora poco sviluppata. Più in generale, il  problema può formularsi come segue: come, attraverso l’uso dei dati, i membri di una collettività possono ampliare i  limiti di ciò che essi conoscono nei confronti delle proprie pratiche di mobilità?; come, cioè, questo ampliamento può consentire loro di configurare nuove pratiche di mobilità (le alternative possibili), di progettarne alcune (le alternative fattibili) e, infine, di realizzare le alternative selezionate? Come scrive Pierre Lévy (L’Intelligence collective. Pour une anthropologie du cyberespace, La Découverte, Paris, 1994), il possibile è un insieme di fatti (prodotti e processi) logicamente non contraddittori; il fattibile è un sottoinsieme di fatti possibili, date certe condizioni tecno-economiche del contesto; il realizzabile comprende le alternative fattibili che attraverso le azioni sono trasformabili in prodotti concreti. In particolare, l’avanzamento del sapere scientifico rende possibile quello che prima era impossibile e il progresso tecnologico rende realizzabile quello che prima era solo possibile.

Una seconda questione, più operativa, riguarda come le conoscenze estratte dai dati prefigurino un’infrastruttura delle conoscenze che abilita lo sviluppo di servizi innovativi di mobilità (i cosiddetti servizi integrati di mobilità MaaS). Si tratta di servizi che possiedono il requisito inedito di rispondere a esigenze specifiche di spostamento degli utenti e, al tempo stesso, di valorizzare, attraverso l’integrazione, i servizi di trasporto, pubblici e privati, esistenti in un dato luogo (Enoch M., 2018, Mobility as a Service (MaaS) in the UK: change and its implications.). 

Per una collettività impegnata nel realizzare la propria sostenibilità, i benefici dell’uso di MaaS (i quali possono essere interpretati come un fenomeno emergente, associato alla transizione verso la sostenibilità del sistema socio-tecnico dei trasporti) sarebbero molteplici (Smith G., 2020, Making Mobility-as-a-Service. Towards Governance Principles and Pathways...): gli utenti accederebbero a una varietà di servizi di trasporto, magari affrancandosi dalla necessità di possedere un’auto propria; gli operatori di trasporto amplierebbero la gamma di servizi offerti e il bacino potenziale di clienti; gli enti responsabili dei servizi di trasporto locale ridurrebbero il traffico motorizzato e ottimizzerebbero i propri servizi nell’area di competenza. 

L’attore pubblico (la pubblica amministrazione) ha un ruolo importante nel processo di implementazione: non solo come finanziatore di progetti specifici e facilitatore di iniziative congiunte (Capgemini Invent, 2020, The future of mobility as a service (MaaS). Which model will win through?), ma anche come abilitatore, ad esempio, favorendo l’integrazione dei dati prodotti dalle attività gestionali e programmatorie realizzate dai diversi settori (European Commission, 2020, Towards a European strategy on business-to-government data sharing for the public interest).

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