SCIENZA E RICERCA

Non tutto internet viene per nuocere

Un gruppo di ricercatori dell’Oxford internet institute (OII) ha recentemente presentato i risultati di un vasto studio globale dedicato al benessere psicologico derivante dall'uso di internet, pubblicato su Technology, mind and behaviour, e condotto dal 2006 al 2021 in 168 Paesi del mondo. Attraverso una serie di interviste telefoniche o condotte di persona, lo studio ha coinvolto oltre due milioni di individui, tra adolescenti e adulti, a partire dai 15 anni d'età, considerando alcuni indicatori di benessere ed elaborando 33.792 diversi modelli statistici e sottoinsiemi di dati. Le conclusioni potrebbero sorprendere: per i ricercatori l'effetto positivo sul benessere mentale risulterebbe “simile a quello associato a una passeggiata nella natura”. Matti Vuorre dell'Università di Tilburg nei Paesi Bassi, e ricercatore all'Oxford internet institute, e Andrew Przybylski dell'Oxford internet institute hanno cercato di valutare come la tecnologia si colleghi a benefici per la salute mentale, esplorando aree del mondo raramente prese in considerazione in studi precedenti: “Mentre le tecnologie, le piattaforme internet e le loro potenziali conseguenze psicologiche rimangono dibattute, la ricerca fino a oggi è stata di portata geografica e demografica limitata. La maggioranza degli studi si è concentrata sui Paesi del Nord del mondo e sui giovani, ignorando il fatto che la penetrazione di internet è stata, e continua a essere, un fenomeno globale - spiegano i ricercatori -. Abbiamo deciso di colmare questa lacuna analizzando come l’accesso a internet e l’uso attivo possono fornire informazioni sul benessere psicologico a livello globale e in tutte le fasi della vita. Per quanto ne sappiamo, nessun’altra ricerca ha affrontato direttamente la questione né ha affrontato la portata mondiale del dibattito” (qui il video condiviso dai ricercatori dell'OII).

“Siamo rimasti sorpresi nel trovare una correlazione positiva tra il benessere e l’uso di internet nella maggior parte delle migliaia di modelli che abbiamo utilizzato per la nostra analisi”, ha spiegato Vuorre. Su Il Bo Live ne parliamo con Alessio Vieno, docente del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione, responsabile scientifico del LAB ID - internet e dipendenza, laboratorio di ricerca e intervento dell'università di Padova che svolge attività di ricerca, formazione e modelli di intervento nell’ambito della dipendenza da internet e dell’uso problematico della rete, dall’adolescenza all’età adulta. Anche Nature ha ripreso i principali passaggi dello studio inserendo la questione nel dibattito relativo alle annunciate restrizioni per TikTok negli Stati Uniti, che potrebbero avere ripercussioni sulla divulgazione scientifica trasformando il modo di comunicare sui social: in un quadro di crescente allarmismo è giusto ricordare che non tutto internet viene per nuocere. Vediamo perché.

“Vi è un annoso dibattito che, da tempo, pone interrogativi sulla relazione tra internet e salute mentale - precisa Vieno -. In questa linea argomentativa si sono collocati molti ricercatori, ma questo studio non si concentra su un argomento specifico, non parla in particolare di social media. Utilizzando indicatori generici, qui gli studiosi evidenziano come l'impossibilità di accedere a internet possa causare problemi”. E continua: “Seppur generico, il lavoro risulta interessante rispetto ai tanti studi che demonizzano la tecnologia e sottolinea come la difficoltà di accesso a internet, ormai risorsa fondamentale per la vita delle persone, possa generare forme di disagio. È importante sottolineare come i ricercatori di questo studio non puntino a inserirsi nel dibattito sull'utilizzo potenzialmente dannoso dei social per le nuove generazioni. Non è questo il loro argomento". Piuttosto, ci si concentra sull'accesso a internet: “Una limitazione pesante quando manca e una potenziale prigione quando se ne abusa: pensiamo agli hikikomori. L'accesso a internet è una opportunità ma, come tale, comporta dei rischi. Sembra una constatazione dell'ovvio eppure chiarire questo aspetto, a fronte di un dibattito che tende a criminalizzare la rete, può risultare molto utile. Inoltre in questo lavoro si è rivolta l'attenzione verso aree del mondo raramente considerate dagli studi”.

"Faccio il paragone con la vite - commenta Vieno -. Esiste da millenni e noi la trasformiamo in vino, c'è chi ne fa un uso positivo e sociale, accompagnandolo ai pasti, e chi ne fa un uso disfunzionale, abusandone: è colpa della vite? La risposta è no". Lo stesso vale per l’universo virtuale. Essere completamente esclusi dalle tecnologie è dannoso, così come esserne troppo immersi. L'accesso a internet ci mette nelle condizioni di essere connessi con gli altri e beneficiare di molti servizi e informazioni. In ambito culturale, pensiamo ai musei che mettono a disposizione visite virtuali per le persone con difficoltà di movimento o con poche disponibilità economiche. I ricercatori paragonano l'accesso a internet al piacere di una passeggiata in natura, io aggiungo, nel mondo”.

In media, per quel che riguarda la soddisfazione e le esperienze positive in relazione alla vita sociale, le persone con accesso a internet hanno ottenuto punteggi dell'8% più alti rispetto alle persone senza accesso al web. Le attività online possono favorire le amicizie e permettere di imparare e scoprire cose nuove, facendo così aumentare il benessere personale. I risultati della ricerca dell’OII ci dicono che nell'84,9% dei casi vi sono associazioni positive e statisticamente significative tra connessione a internet e benessere. Il 4,9% delle associazioni è invece risultato negativo: una percentuale che non può essere ignorata e che, in particolare, si riferisce al genere femminile. Più casi di malessere si sono riscontrati in donne con una età compresa tra i 15 e i 24 anni e i risultati sembrano coerenti con precedenti rapporti relativi all'aumento del cyberbullismo, fenomeno che pesa moltissimo sulle giovani donne. Inoltre questo malessere potrebbe essere legato anche al fatto che le persone che non si sentono accolte nella propria comunità passano più tempo online, ha spiegato Przybylski, ma si tratta di una teoria che necessita di ulteriori indagini. Per Vieno “gli aspetti relativi al genere stanno emergendo anche in letteratura e questa ricerca, pur restando solo una fotografia dall'alto, li mette in evidenza: le ragioni del malessere potrebbero anche in parte dipendere dal continuo confronto, dal dover apparire in un certo modo. Una pressione a cui, probabilmente, le donne sono maggiormente sottoposte e che le rende più sensibili rispetto agli uomini. Si tratta di una ipotesi ancora in fase di vaglio, che richiederà approfondimenti”.

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