L’estate scorsa, alla 75.a edizione della mostra del cinema di Venezia, una giuria, presieduta dal regista Salvatore Mereu, ha assegnato il premio per il miglior classico restaurato al film La notte di San Lorenzo (1982) di Paolo e Vittorio Taviani. Utilizzando la copia messa a punto e distribuita dall’Istituto LUCE, il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, nell’ambito delle attività del corso di storia e critica del cinema, organizza una proiezione speciale (martedì 20 novembre, ore 09, cinema MPX, via Bomporti, 2, Padova), del capolavoro dei fratelli Taviani restituito a nuova vita. L’espressione non è retorica come ben sa chi ha assistito al lunghissimo, interminabile applauso che una platea di giovani e giovanissimi gli ha tributato alla proiezione nella sala Giardino del Lido, qualche mese fa.
Questo dei classici restaurati che accedono ai circuiti dei grandi festival, dove ricevono attenzione e interesse pari alle novità internazionali presentate in concorso, è un fenomeno relativamente recente che merita alcune riflessioni. Ci può fare da guida un articolo di Italo Calvino apparso sull’Espresso agli inizi degli anni ottanta intitolato Italiani, vi esorto ai classici e ristampato come introduzione al volume postumo Perché leggere i classici (Mondadori, 1995).
Naturalmente diverse sono le problematiche che investono i classici della letteratura e quelli del cinema, anche se le nuove tecnologie hanno notevolmente ridotto le distanze tra i libri e le copie di film che ormai possono essere custodite nelle nostre librerie e consultate a piacimento, esattamente come i testi letterari. E tuttavia le differenze restano ancora notevoli come dimostra questo recente fenomeno dei classici del cinema restaurati. Ma procediamo con ordine.
Le pellicole, amava ripetere Pasolini, sono fragili come le ali di una farfalla. Le vecchie pellicole in nitrato di cellulosa (fino al 1951) e poi quelle in acetato (ininfiammabili) richiedono cure particolari e molto costose. Inoltre, per essere restituite alla loro originaria bellezza, hanno bisogno di restauri molto complicati, soprattutto quando si tratta di pellicole a colori.
Il pericolo di una doppia dissipazione incombe sul patrimonio cinematografico. La prima, che in parte si è già consumata, riguarda il degrado in cui sono state lasciate giacere migliaia di pellicole della storia del cinema, tenuto conto che nelle scatole in cui sono state conservate andavano incontro ad una autoconsunzione progressiva e irreversibile. Di qui la necessità di una lotta contro il tempo per arrivare a compiere il restauro e la messa in sicurezza della copia prima che sia troppo tardi.
La seconda dissipazione riguarda la pratica, facilitata dalle nuove tecnologie, di ridurre la visione di un film a un rapido sguardo, distratto e casuale, alle sequenze nell’ordine proposto da YouTube e analoghe applicazioni. In tal modo l’esperienza del film viene banalizzata e degradata.
La premiazione veneziana della pellicola restaurata di La notte di San Lorenzo rappresenta una valida risposta a questa duplice dissipazione. Da una parte valorizza il prezioso lavoro di cinetecari e restauratori, il cui lavoro è spesso ignorato dal grande pubblico. Dall’altra dà all’evento della proiezione un tocco di solennità, di eccezionalità capace di sottrarla al flusso indifferenziato di immagini in movimento che passano sui nostri schermi di tutti i formati e che difficilmente lasciano tracce significative nelle nostre menti.
Questa preziosa funzione è svolta anche da un’importante iniziativa della Cineteca di Bologna.. Bisogna sapere che la Cineteca di Bologna è da tempo l’istituzione leader nel campo della conservazione, restauro e valorizzazione del patrimonio cinematografico. Il festival Il cinema ritrovato che si svolge a Bologna all’inizio di ogni estate si è imposto come uno dei più importanti al mondo. Da alcuni anni la Cineteca bolognese affianca alla sua abituale attività un’iniziativa che a poco a poco si è affermata e che, c’è da sperare, si affermerà sempre più. Si tratta di una vera e propria attività di distribuzione di alcuni dei film che annualmente restaura. La novità consiste nel fatto che i destinatari non sono i festival specializzati o i «film studio», ma quelle sale in cui passano i film di prima visione.
L’idea vincente è di mandare ogni anno in queste sale dei classici della storia del cinema e offrirli alla visione del pubblico come se si trattasse di opere contemporanee che, anche se hanno trenta, cinquanta e a volte anche ottanta e più anni, meritano di essere viste nelle stesse condizioni dei maggiori successi del cinema d’oggi: Classici restaurati in prima visione è la formula con la quale sono stati proposti. È così che sono passati sugli stessi schermi in cui vediamo abitualmente i film di Tarantino, di Sorrentino e di Nolan film tanto citati quanto poco visti come Metropolis di Lang, Les Enfants du Paradis di Carné, La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer.
È cominciata da poco la nuova stagione di Classici restaurati in prima visione e il film proposto per l’apertura (settembre) è stato Toro scatenato (1980) di Martin Scorsese. Il film di questo mese è Il settimo sigillo di Bergman, mentre a dicembre sarà la volta di L’appartamento di Billy Wilder. Nei mesi successivi potremo vedere Gli uccelli di Hitchcock (gennaio), Ladri di biciclette di De Sica (febbraio), Jules e Jim di Truffaut (marzo).
Pur parlando di classici della letteratura il saggio di Calvino che abbiamo citato sopra può fornirci ottimi spunti per questa (ri)visitazione dei classici del cinema. Il primo è questo. Se siamo intimoriti dalla fama del classico che stiamo per vedere è inutile immergerci nella sterminata bibliografia critica su di esso. Scrive Calvino che la scuola e l’università dovrebbero servire a far capire che nessun libro che parla di un libro dice più del libro in questione: purtroppo fanno di tutto per farci credere il contrario. A maggior ragione questa regola vale per i film: non c’è libro o discorso critico che dica più di quanto ci possa dire il film stesso. Per questo dobbiamo avvicinarci ai classici della storia del cinema senza timori reverenziali.
Il secondo suggerimento che possiamo ricavare da Calvino è questo. I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti. Questo principio, con qualche piccolo aggiustamento, vale più che mai anche per i film, soprattutto se sappiamo trarre profitto dalle rinnovate qualità delle proiezioni che ci vengono ora offerte dalle sale di prima visione.