
Per molte attività sociali e culturali i lockdown dovuti alla pandemia sono stati un colpo durissimo. In prima linea ci sono sicuramente i cinema, chiusi per mesi e poi costretti a limitare il numero degli accessi in sala. Ma hanno dovuto fare anche i conti con la paura di una parte del pubblico a rientrare in un luogo chiuso a stretto contatto con altre persone. Gli effetti sono ancora ben visibili negli ultimi dati pubblicati da Cinetel, la società che si occupa di monitorare il mercato cinematografico italiano per conto di esercenti e operatori del settore.
Secondo gli ultimi dati disponibili, quelli relativi al 2024, rispetto al 2019 mancano all’appello ancora quasi 30 milioni di ingressi. “Siamo ancora lontani dai dati del 2019”, commenta Stefano Radice, ufficio stampa della Cineteca di Milano e giornalista di CineGuru, web magazine dedicato al settore. “E rispetto al 2019, i primi tre mesi del 2025 segnano ancora un -6%)”. Poco prima della pandemia, invece, il trend era in crescita e la cifra simbolica dei 100 milioni di ingressi sembrava a portata di mano.
I numeri degli ingressi in sala si riflette anche sugli incassi delle sale cinematografiche, passate dagli oltre 635 milioni di euro a 493, una differenza in negativo di oltre il 29%. Come si può intuire dal grafico seguente, “il periodo tra il 2021 e il 2023 è stato particolarmente pesante per i gestori delle sale”, chiosa Radice: spese comunque alte per affitti e personale, ma incassi bassissimi. Ci sono stati degli aiuti da parte dello Stato, ma con “difficoltà legate alla burocrazia”.
Secondo quanto osservato da Radice, le persone che hanno avuto più difficoltà a rientrare in sala sono quelle oltre i 50 anni di età, forse la fascia d’età più spaventata dalla pandemia e che, con i pensionati, ha un ruolo importante nelle proiezioni pomeridiane. I giovani, al contrario, “hanno risposto bene, come dimostrano gli ingressi di film come i cinecomic”, cioè di film pensati per il pubblico più giovane. Difficile anche il rapporto per “la fascia dei quarantenni che si sono molto legati alle piattaforme online e per le quali è più difficile cambiare abitudini”.
Le chiusure vengono da lontano
La crisi causata dalla pandemia ha accelerato la chiusura di una serie di sale in giro per l’Italia. Ma secondo Stefano Radice non si tratta solamente di un problema legato agli ultimi anni: molte sale piccole, con un solo schermo, fanno fatica da anni. Gli ostacoli principali sono “i costi del personale e quelli di gestione” che di fronte a un pubblico che si è ristretto rendono difficile la sopravvivenza.
I dati di Cinetel mostrano comunque che il numero di schermi attivi (contando quindi ognuno degli schermi dei multisala) in Italia nel 2024 è paragonabile alla situazione pre-Covid. E se guardiamo al numero di cinema, c’è stato addirittura un incremento: da 1205 nel 2018 a 1305. La situazione infatti non è omogenea e dipende da zona a zona. “Certamente negli ultimi anni nelle grandi città come Roma e Milano”, racconta Radice, “ci sono state molte chiusure, ma non sono per forza situazioni rappresentative di tutto il resto del paese”.
Il caso della capitale
A Roma, in particolare, c’è un grande conflitto sulla destinazione di spazi spesso centrali come le sale cinematografiche. Nelle grandi città, negli ultimi anni molte sono state convertite in spazi commerciali che, come ha sottolineato in una lettera al quotidiano Repubblica l’architetto Renzo Piano, hanno potenziale di guadagno molto maggiori per chi riscuote gli affitti. Facendo l’esempio di Parigi, Piano scrive che “una sala cinematografica di 5.000 euro al mese per 15 anni rende circa 900.000 euro, mentre lo stesso locale, riconvertito, può arrivare a un valore di oltre 10 milioni”.
La lettera di Piano ha generato un effetto solidarietà soprattutto verso i cinema romani capitanato dal regista Martin Scorsese, e velocemente firmata da una lunga lista di cineasti internazionali. Il caso è nato attorno alla discussione di una legge della Regione Lazio che avrebbe permesso di trasformare i cinema chiusi in hotel, centri commerciali e supermercati. Per il momento, in questa specie di lotta tra turismo e cultura, c’è una sorta di tregua armata, dato che come ha raccontato il quotidiano RomaToday per 14 sale delle 50 interessate si è trovato un accordo e riapriranno come cinema.
Il confronto internazionale
Nei rapporti Cinetel, accanto ai dati nazionali, si trovano anche i numeri di altri tre importanti mercati cinematografici: Francia, Germania e Spagna. In particolare, la Francia “ha una tradizione cinematografica importantissima”, spiega Stefano Radice, “che è sostenuta anche da una serie di politiche statali per la promozione e la valorizzazione del cinema”. Che deve essere qui inteso sia come produzione di film francesi, ma anche “una vera e propria promozione del cinema come prodotto culturale indipendentemente dalla nazionalità”.
Nel 2024, infatti, la Francia ha avuto un numero di ingressi in sala praticamente triplo rispetto a quello dell’Italia. E anche prima della pandemia, tra il 2018 e il 2019 aveva superato i 200 milioni su base annua. Molto simile per numeri, invece, è il mercato spagnolo, dove però gli abitanti sono dieci milioni di meno.
Le pellicole
La precisazione che in Francia esiste una valorizzazione del cinema in quanto tale, non per forza nazionale, è confermato almeno in parte dai dati Cinetel degli ultimi anni: la quota di incassi dei film nazionali è più bassa in Francia rispetto all’Italia, dove invece in alcuni anni gli incassi derivati da film nazionali sono stati addirittura superiori alla metà del totale.
Da questo punto di vista, spiega Stefano Radice, gli ultimi anni hanno visto “segni positivi per il cinema nazionale”. Film come C’è ancora domani di Paola Cortellesi o i più recenti Diamanti di Ferzan Özpetek o Follemente di Paolo Genovese hanno avuto successi importanti in termini di incassi. “Per Özpetek si tratta del record in carriera”, continua Radice, “me è stato così anche per Gabriele Salvatores (Napoli - New York) e per Paolo Sorrentino (Parthenope)”. Certo, come sottolinea spesso il critico cinematografico Roy Menarini, va registrata la distanza tra i pochi film che raggiungono un pubblico ampio e incassano bene e un’industria nazionale che invece fatica a trovare fondi per produzioni più originali e una distribuzione che possa far incontrare film e pubblico.
Ci sono però casi che fanno riflettere sui problemi del cinema italiano. Uno è il film Il ragazzo dai pantaloni rosa firmato nel 2024 da Margherita Ferri. Si è trattato di un successo di pubblico “basato sul passaparola”, commenta Stefano Radice, “in cui un ruolo fondamentale l’hanno avuto le proiezioni per le scuole”. Ad aprile 2025 il film ha superato i 9 milioni di incasso, posizionandosi al sesto posto della classifica di Cinetel dietro solo a colossi e superando anche blockbuster internazionali come Il gladiatore 2. Discorso analogo si può fare per un altro film piccolo, ma che ha superato anch’esso i 9 milioni di euro di incassi: Io sono la fine del mondo. Si tratta di un film di Gennaro Nunziante che ha coscientemente deciso di non investire in nessuna promozione stampa e puntando tutto sul passaparola e sui profili social dell’attore principale, l’esordiente al cinema Angelo Duro, ma volto noto della comicità italiana da anni.
La fotografia del cinema italiano, sia in termini di sale che di produzioni, è insomma quella di un settore che non si è ancora ripreso dalla diminuzione del pubblico durante il periodo pandemico, anche se la crisi ha radici più profonde e di natura culturale. In Francia, le sale cinematografiche vengono chiamate “tiers-lieux”, “terzi luoghi”: spazi per la proiezione di film, ma anche luoghi di cultura e di formazione polifunzionali. In Italia esistono esempi di questo tipo, a cominciare dal Cinema Modernissimo di Bologna gestito dalla Cineteca cittadina, che è anche spazio espositivo, bistrot e molto altro. O come il Cinema Troisi di Roma, riaperto nel 2021 dopo una ristrutturazione e gestito dalla Fondazione Piccolo America. Nel suo primo anno di riapertura ha vinto il Biglietto d’Oro assegnato dall’Associazione Nazionale Esercenti Cinema (ANEC) alle sale con il maggior numero di ingressi e oggi è anche una sala studio aperta 365 giorni l’anno, 24 ore su 24.