SCIENZA E RICERCA

Le piante e l'interazione tra i nutrienti fondamentali e i microrganismi del terreno

La disponibilità di azoto e fosforo nel terreno e la capacità di assorbimento di questi nutrienti sono due fattori chiave per lo sviluppo delle piante e per la loro produttività. Davanti alla continua crescita della popolazione mondiale risulta estremamente difficile prescindere dal miglioramento delle rese delle colture e questo talvolta spinge all'eccesso l'impiego di fertilizzanti inorganici, con conseguenze in termini di costi e soprattutto di impatto ambientale. Esistono però dei meccanismi attraverso i quali le piante riescono autonomamente ad ottimizzare l'assorbimento delle sostanze a loro necessarie, modificando le dinamiche di crescita e stabilendo delle interazioni benefiche con i microrganismi che facilitano l'immagazzinamento dei nutrienti. 

Al tema è dedicato un articolo pubblicato su Science: i due autori, Giles E. D. Oldroyd e Ottoline Leyser dell'università di Cambridge, si sono soffermati su tutti i meccanismi con cui le piante riescono a monitorare continuamente la disponibilità di azoto e fosforo nel terreno e a far "dialogare" radice e germogli al duplice scopo di segnalare la quantità di nutrienti presenti e coordinare lo sviluppo vegetativo sulla base di questi parametri. Se azoto e fosforo scarseggiano la pianta tenderà a espandere il suo sistema radicale con l'obiettivo di avere una maggiore quantità di terreno entro cui ricercare i nutrienti, mentre la crescita dell'apparato fogliare sarà contenuta. Al contrario, se "l'alimentazione" non presenta criticità i sistemi radicali saranno più limitati e la pianta sarà portata ad aumentare di dimensione e ad incentivare la successiva produzione di sementi. Un ruolo fondamentale è svolto poi dai microrganismi, come i batteri e i funghi micorrizici, grazie ai quali le piante riescono ad accedere a fonti di azoto e fosforo che altrimenti sarebbero loro precluse. Questi studi non sono solo affascinanti perché ci rivelano quanto siano complesse e sofisticate le modalità con cui le piante sono capaci di ottenere i nutrienti di cui hanno bisogno, ma aprono anche interessanti prospettive di ricerca per un'agricoltura più sostenibile. Applicare queste conoscenze alle colture cerealicole potrebbe infatti consentire di ridurre gli input chimici immessi nell'ambiente, salvaguardando però anche la produttività.

Abbiamo chiesto alla professoressa Lorella Navazio, docente del dipartimento di Biologia dell'università di Padova e vice prefetto dell'Orto botanico dell'ateneo, di spiegarci quali sono i principali meccanismi che permettono alle piante di adattare la loro dieta alle condizioni ambientali e come queste conoscenze possono essere utili all'agricoltura, soprattutto se applicate a colture come quelle cerealicole che hanno un ruolo decisivo nella sfida di nutrire il pianeta in modo meno impattante. 

Lorella Navazio, docente del dipartimento di Biologia dell'università di Padova e vice prefetto dell'Orto botanico, illustra i meccanismi con cui le piante riescono ad assicurarsi il fabbisogno di nutrienti minerali. Servizio di Barbara Paknazar

"Questo articolo scritto da Giles Oldroyd e Ottoline Leyser, due scienziati inglesi di fama internazionale nel campo della biologia vegetale, parla della dieta delle piante. L'argomento - spiega Lorella Navazio - può suonare un po’ curioso perché siamo abituati a pensare che le piante si facciano, tra virgolette, da mangiare da sole: sappiamo che sono organismi autotrofi, cioè in grado di produrre composti organici a partire da sostanze inorganiche. A partire da anidride carbonica ed acqua, grazie all'energia luminosa, sono infatti capaci di sintetizzare i carboidrati attraverso il processo della fotosintesi. Potremmo quindi pensare che in questo modo le piante possano fabbricarsi tutto in modo autonomo ma non è così, dal momento che hanno bisogno anche di numerosi elementi minerali che svolgono funzioni strutturali o metaboliche, specifiche ed indispensabili. Si parla cioè di nutrizione minerale delle piante: i nutrienti minerali vengono assorbiti dal terreno attraverso l'apparato radicale delle piante e nonostante i nutrienti minerali siano numerosi, i principali che condizionano la produttività delle piante sono l'azoto e il fosforo, spesso presenti in bassi livelli in molti terreni. Le piante ottimizzano l'assorbimento di azoto e fosforo anche in ambienti con una scarsa disponibilità di questi nutrienti, attraverso delle modificazioni della loro crescita e sviluppo, per esempio modulando l'estensione dell'apparato radicale".

Ma oltre alla capacità di adeguare le modalità di crescita sulla base della quantità di sostanze minerali di cui possono disporre, c'è un'altra risorsa che assicura alle piante i nutrienti di cui hanno bisogno ed è la capacità di stabilire simbiosi con microrganismi del terreno come funghi e batteri.  "E' infatti interessante notare - prosegue la docente del dipartimento di Biologia dell'università di Padova - come le piante stabiliscano delle relazioni sociali, dei social networks, con il mondo circostante, in particolare con microrganismi del terreno. Si tratta di associazioni mutualistiche, perché portano un vantaggio reciproco per entrambi i partner, e si stabiliscono tra le radici delle piante e i microrganismi della rizosfera, cioè la regione di suolo intorno alla radice. In altre parole le piante comunicano mediante messaggi chimici con molti microrganismi, alcuni dei quali, è vero, sono patogeni, ma altri sono benefici. Le principali simbiosi tra la pianta e i microrganismi sono due: la simbiosi azoto fissatrice che si stabilisce principalmente tra le leguminose, pensiamo per esempio a fagioli e piselli, e batteri collettivamente chiamati rizobi e che porta la fissazione dell'azoto atmosferico in ammoniaca e questo è un processo fondamentale per le immissioni di azoto negli ecosistemi. Questo processo avviene all'interno dei cosiddetti noduli radicali, veri e propri nuovi organi specializzati che si sviluppano a livello della radice e vanno a costituire una specie di piccola casa per i batteri che in questo ambiente protetto, specializzato, cominciano a produrre la nitrogenasi, un complesso enzimatico in grado di ridurre l’azoto molecolare ad ammoniaca e questa è una reazione molto difficile da fare, né gli animali, né le piante lo sanno fare, solo alcuni microrganismi. Il secondo tipo di simbiosi è la simbiosi micorrizica, che è evolutivamente più antica, si stabilisce tra la maggior parte delle piante terrestri e microrganismi fungini, chiamati appunto funghi micorrizici, che facilitano la mobilizzazione, la solubilizzazione del fosfato dal terreno. In questo modo determinano anche un miglioramento generale della nutrizione minerale della pianta. E alla base dello stabilirsi di queste simbiosi ci sono proprio dei complessi dialoghi molecolari tra i partner, scambi che sono da diversi anni oggetto di ricerche in molti laboratori, sia all'estero che in Italia".

La review di Giles Oldroyd e Ottoline Leyser pubblicata su Science si focalizza in particolare sulle nuove scoperte che riguardano i meccanismi con cui le piante percepiscono e rispondono alla diversa disponibilità dei nutrienti minerali, regolando per esempio l'architettura della radice. "Recenti studi - prosegue la professoressa Navazio - hanno infatti dimostrato che diversi ormoni vegetali, è bene ricordare che anche le piante producono ormoni, e altre molecole segnale, per esempio alcuni corti peptidi, vengono trasferiti nella pianta non solo a livello locale, tra zone diverse della radice, ma anche a livello sistemico, cioè tra la radice che sta sotto terra e il germoglio aereo, fotosintetizzante, coordinando in questo modo le risposte di crescita e sviluppo della pianta con quella che è la disponibilità degli elementi minerali. E anche la capacità di simbiosi con i microrganismi viene finemente regolata. Dobbiamo infatti pensare che le simbiosi hanno un costo per la pianta, perché batteri e funghi non trasferiscono i nutrienti minerali a costo zero: in cambio ricevono carbonio organico, cioè gli zuccheri della fotosintesi. La pianta quindi stabilisce le simbiosi solo quando ne ha bisogno e questo dipende dalla disponibilità di azoto e fosforo. In altre parole esiste quello che viene definito uno stato permissivo e uno restrittivo per le simbiosi, quindi c'è un monitoraggio pressoché continuo da parte della pianta che controlla costantemente lo status generale dei nutrienti minerali e controlla anche che il microsimbionte le trasferisca effettivamente i nutrienti minerali, altrimenti interrompe il rapporto".

L'aver identificato questo complesso insieme di meccanismi e di relazioni tra le piante e i microrganismi può avere applicazioni interessanti in ambito agricolo, dove l'imperativo è raggiungere una sostenibilità economica e ambientale. "L'articolo - conclude Lorella Navazio - sottolinea quindi l'importanza degli studi sulla nutrizione minerale delle piante, nell'ottica di un'agricoltura moderna, sostenibile, rispettosa dell'ambiente che possa essere meno dipendente dall'utilizzo massiccio di fertilizzanti inorganici che, come sappiamo, aumentano l'inquinamento, riducendo la biodiversità e contribuendo ai cambiamenti climatici. Lo studio dei meccanismi di signaling, segnalazione, nelle simbiosi tra piante e microrganismi può aprire future applicazioni di tipo biotecnologico, rivolte, per esempio, ad estendere la capacità di simbiosi azoto fissatrice ai cereali. Questo è un campo di ricerca in cui è attivamente impegnato uno degli autori di questa review. L'articolo conclude auspicando che le conoscenze acquisite nelle cosiddette specie modello, quelle che sono comunemente utilizzate nella ricerca in laboratorio, vengano ora applicate a piante d'interesse economico - per esempio riso, grano e mais - nell'ottica di una migliore produttività sostenibile in agricoltura per cercare di venire incontro all'esigenza di potenziare la produzione di cibo per una popolazione mondiale in costante aumento".

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