SCIENZA E RICERCA

Intrecci dal passato. La cultura si conserva anche nei nodi

Nel mondo industrializzato di oggi, la capacità di fare diversi tipi di nodi viene spesso considerata una competenza essenziale solo in alcuni specifici campi, come la navigazione, l’arrampicata, l’escursionismo o alcuni tipi di artigianato tessile. Ma per millenni la conoscenza approfondita dei nodi è stata fondamentale in tutte le culture umane per svolgere un’ampia varietà di compiti legati alla sussistenza e all’evoluzione tecnologica.

Questa è la considerazione da cui muovono gli autori di una nuova ricerca, pubblicata sul Cambridge Archaeological Journal con la prima firma di Roope Kaaronen, antropologo cognitivo dell’università di Helsinki. Kaaronen e coautori hanno compilato un ampio database archeologico che raccoglie immagini di nodi antichi provenienti da tutto il mondo. Il loro lavoro mostra come società diverse, vissute in epoche e aree geografiche lontanissime tra loro, abbiano utilizzato gli stessi nodi fondamentali per legare imbarcazioni, trattenere animali, costruire abitazioni, realizzare reti da pesca, trasportare oggetti e molto altro ancora.

Esistono migliaia di tipologie di nodi, che nel corso della storia sono stati realizzati attraverso l’utilizzo dei materiali più disparati (come fibre vegetali, strisce di cuoio o altri tessuti provenienti da animali), con caratteristiche e finalità diverse, talvolta legate all’estetica e a simbolismi tradizionali che vanno oltre l’utilità pratica.

Questa varietà di forme e significati riflette le specificità delle società che li hanno prodotti, ma anche i contatti, le contaminazioni e le trasmissioni culturali avvenute tra di loro nel corso del tempo. È proprio per questo che i nodi possono essere considerati, come sottolineano gli autori, vere e proprie espressioni culturalioggetto di numerosi studi etnografici, antropologici, di evoluzione culturale, e persino di analisi matematica e statistica.

Il database compilato da Kaaronen e coautori include alcuni tra i più antichi nodi mai documentati, presenti su alcuni pezzi di cordame rinvenuti nelle Grotte di Guitarrero, in Perù, datati tra i 12.110 e 11.770 anni fa, e nella Rete di Antrea, trovata in Finlandia, che rappresenta una delle più antiche reti da pesca scoperte finora, risalente a circa 9.100 anni fa.
Tuttavia, è probabile che i nodi venissero utilizzati in epoche molto più remote. Nella Grotta di Blombos, in Sudafrica, sono stati trovati infatti alcuni ciondoli in conchiglia di circa 70.000 anni che presentano segni di usura compatibili con la presenza di fili annodati.

È difficile, però, stabilire con certezza quando siano comparsi i primi nodi nella storia umana, perché questi venivano spesso eseguiti utilizzando corde e spaghi in fibre vegetali o in altri materiali organici deperibili; è raro, quindi, che si conservino nei siti archeologici. Eppure, come sottolineano gli autori, lo studio di simili resti potrebbe aiutare ad approfondire i meccanismi di evoluzione, diffusione e trasmissione della cultura nelle società antiche.

Per questo motivo Kaaronen e coautori hanno costruito un database che contiene informazioni relative a 338 nodi antichi conservati in archivi online archeologici ed etnografici e provenienti da 86 differenti contesti sociali nell’arco di 12 millenni.

I nodi sono stati classificati attraverso un metodo che assegna un codice numerico a ognuno di essi a seconda della quantità e della tipologia degli incroci necessari ad ottenerlo. Come spiegano gli autori, questo sistema consente di scomporre i nodi in alcune caratteristiche di base con un approccio simile a quello utilizzato per sequenziare il dna e individuare i geni che lo compongono. Confrontando le stringhe numeriche che codificano i diversi nodi, è possibile quindi riconoscere strutture simili o identiche.

Gli autori hanno individuato in particolare 33 nodi, alcuni dei quali piuttosto complessi da realizzare, ricorrenti in contesti culturali molto diversi. Tra questi troviamo, in particolare, il nodo bandiera (o di scotta) utilizzato solitamente per unire due capi di corda differenti e per realizzare reti da pesca, il nodo semplice e il nodo piano (o quadrato), la bocca di lupo e il nodo barcaiolo, che servono principalmente ad assicurare corde ad alberi o a pali.

Questi nodi funzionali, utili cioè a creare legami robusti e affidabili, sembrano aver costituito una sorta di kit di sopravvivenza fondamentale nella storia umana. Secondo gli autori, essi sono stati tramandati secondo un processo di “selezione culturale”, attraverso il quale i nodi migliori sono stati quelli più apprezzati e quindi trasmessi nei contesti di apprendimento sociale.
A differenza dei nodi decorativi, specifici in diversi luoghi, quelli appena elencati sembrano comporre un repertorio base di nodi condiviso da tantissime diverse culture nonostante la lontananza geografica

I ricercatori non hanno infatti rilevato alcuna proporzione significativa tra la vicinanza spaziale delle popolazioni antiche considerate e la somiglianza tra i nodi che usavano né, viceversa, maggiori differenze in proporzione alla distanza. In altre parole, gli stessi nodi sono stati trovati anche in società molto lontane tra loro, tra le quali è improbabile che siano avvenuti scambi culturali. Ciò suggerisce che alcuni di essi siano stati inventati indipendentemente da gruppi umani diversi o che provengano da ascendenze comuni molto remote.

Non ha sorpreso l’elevata diffusione del nodo semplice nelle società antiche. Ritrovato in 24 contesti culturali diversi, questo nodo è considerato il più facile da realizzare. Gli autori non si aspettavano invece di accertare la presenza di alcuni nodi più complessi in contesti culturali molto lontani tra loro. Questo è il caso del nodo bandiera (presente in ben 29 contesti culturali diversi), dalla forma asimmetrica e ottenibile attraverso un procedimento poco intuitivo. Questo nodo compare spesso nelle reti da pesca di alcune antiche popolazioni oceaniche, ma è stato anche scoperto in contesti sociali completamente diversi del Sud America e del Nord Europa.

La storia dei nodi è interessante anche dal punto di vista evolutivo e delle scienze cognitive. Come sottolineano gli autori, l’atto stesso di legare tra loro due corde richiede capacità di ragionamento piuttosto sofisticate, che implicano l’immaginazione di una configurazione, la pianificazione di un processo per realizzarla e la sua esecuzione pratica.

Questo tipo di attività richiede inoltre coordinazione motoria, memoria, e capacità di calcolo. Per massimizzare la tenuta e la resistenza di una rete da pesca, ad esempio, è necessario saper orientare i nodi che la compongono nelle giuste direzioni, secondo una logica che va appresa, ricordata e insegnata. Altri tipi di nodi, invece, riflettono una sensibilità estetica o la volontà di comunicare significati simbolici.

Sulla base di queste considerazioni, gli autori ipotizzano che l’invenzione dei nodi abbia avuto un ruolo importante non solo per quanto riguarda il progresso tecnologico, ma anche per lo sviluppo delle capacità cognitive umane, proprio come sembra essere accaduto con altre importanti innovazioni culturali (come, ad esempio, l’arte ceramica).

I ricercatori si augurano che questi aspetti vengano approfonditi in ulteriori studi sull’argomento. Ritengono inoltre che la metodologia da loro sviluppata, che consente di rintracciare le somiglianze e gli scambi culturali a partire dallo studio comparativo dei diversi nodi, possa essere utilizzata per approfondire altre tradizioni di cultura materiale e innovazioni tecnologiche più complesse. Sperano infine di allargare il database costruito finora integrando altre testimonianze di nodi presenti nelle collezioni antropologiche ed etnologiche raccolte nei musei di tutto il mondo, così da ottenere un archivio globale che possa diventare un riferimento per futuri lavori di ricerca.

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