UNIVERSITÀ E SCUOLA
Più equa e meno costosa? L’università del futuro nei paesi OCSE
In un mondo sempre più globalizzato e competitivo, in cui cresce continuamente la richiesta di conoscenze e competenze specialistiche in diversi campi, a cominciare da quello medico, scientifico e tecnologico, una laurea o un titolo di istruzione terziaria equivalente rappresenta un vantaggio in più per le persone che si inseriscono nel mercato del lavoro.
Nel documento Spotlight on tertiary education, l’approfondimento dedicato all’istruzione terziaria che accompagna la più recente edizione del report OCSE annuale Education at a Glance, si parla delle principali sfide future che dovranno affrontare le università dei paesi OCSE per aumentare il numero degli iscritti ai corsi di laurea e riequilibrare alcune situazioni di disuguaglianza (in primis, di genere) tra gli studenti e i docenti dei programmi di istruzione terziaria.
Solo il 38% degli studenti universitari si laurea entro il termine standard previsto per il percorso di studi, contro il 40% che invece sta ancora studiando, l’1% che si è trasferito a un altro ateneo e il 21% che non risulta più iscritto. Se si valuta invece il periodo che copre i tre anni successivi alla conclusione teorica del corso, la percentuale di laureati sale al 65%, contro il 9% di studenti ancora iscritti e il 23% di ex studenti che hanno abbandonato il corso di laurea.
La prima sfida importante che emerge dal report, quindi, è quella di aumentare i tassi di completamento dei percorsi di istruzione terziaria, riducendone anche i tempi. Uno dei possibili modi per incoraggiare il completamento del percorso di istruzione e aumentare il rendimento medio è quello di condizionare i finanziamenti elargiti agli studenti al raggiungimento, durante il percorso scolastico, di alcuni obiettivi (ad esempio, il superamento di un certo numero di esami). In Estonia, il 20% dei finanziamenti concessi agli studenti universitari è condizionato al rendimento accademico. Anche in altri paesi come Finlandia, Israele, Lituania e Svezia esistono programmi di finanziamento che funzionano in modo simile.
Altri paesi investono invece in progetti di orientamento pre-iscrizione per aumentare la consapevolezza e l’informazione dei futuri iscritti rispetto ai corsi di studio a disposizione. Queste iniziative hanno lo scopo di ridurre il rischio di effettuare scelte sbagliate e quindi abbandonare gli studi o perdere tempo prezioso prima di iscriversi al corso giusto.
Altre importanti sfide che devono essere affrontate nella gran parte dei paesi OCSE riguardano l’aumento dell’inclusione e dell’equità ai percorsi di istruzione terziaria, riducendo, in particolare, il divario di genere tra gli studenti iscritti per la prima volta alle università.
Per quanto, infatti, la quantità di donne tra gli iscritti all’università sia in media in aumento nei paesi OCSE, nel 2020 le donne rappresentavano solo il 31% del totale dei nuovi iscritti ai programmi di laurea STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). Al contrario, gli uomini sono in netta minoranza in altri corsi di studio, in particolare nelle scienze della salute o dell’educazione. Il divario tra studenti e studentesse si riduce in parte nei master (che in Italia corrispondono ai percorsi di laurea magistrale) e nei dottorati.
Resta ancora difficile, per le donne, rompere il cosiddetto soffitto di cristallo che impedisce loro di raggiungere con la stessa facilità degli uomini le posizioni più prestigiose in ambito accademico – infatti, negli atenei dei paesi OCSE le donne costituiscono una parte compresa tra un terzo e un quinto del totale dei professori ordinari – e nell’ambito della ricerca – dove solo il 22% degli autori di studi scientifici è di sesso femminile.
Una maggiore equità dei tassi di completamento dei corsi universitari va raggiunta anche tra gli studenti che provengono da contesti socioeconomici differenti. Infatti, la maggior parte di coloro che riescono a laurearsi entro i tre anni extra dalla fine teorica del programma di studi ha almeno un genitore laureato, mentre gli studenti i cui genitori non hanno completato la scuola secondaria hanno molta meno probabilità di conseguire un titolo di istruzione terziaria, a prescindere dal rendimento.
Un’ulteriore sfida riguarda la necessità di stabilire un equilibrio migliore tra i finanziamenti universitari pubblici e privati. Nell’area OCSE è possibile individuare tre diverse modalità di suddivisione dei finanziamenti universitari: in alcuni paesi (Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia) le tasse sono basse (o addirittura nulle) e sono previste molte possibilità di sostegni economici agli studenti; in altri paesi (Australia, Cile, Regno Unito, Lituania, Nuova Zelanda e Stati Uniti) le università prevedono tasse universitarie mediamente alte, ma anche sostegni elevati; infine, esiste un terzo gruppo di paesi (Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia e Spagna) dove le tasse sono medie o basse, ma i sostegni economici sono concessi a meno del 50% degli studenti.
Nel report viene smentita l’esistenza di una correlazione tra i sostegni finanziari ricevuti e il livello di realizzazione economica futura degli studenti, a conferma del fatto che nessuno dei tre modelli di finanziamento sembra essere migliore rispetto agli altri quando si va a considerare il futuro lavorativo dei laureati.
Nonostante questo, nel documento viene comunque rimarcata l’importanza di un impegno costante, da parte dei decisori politici, per non far gravare troppo i costi dell’istruzione sugli studenti, offrendo loro forme di finanziamento come prestiti studenteschi e borse di studio che sono fondamentali anche per risolvere i problemi di disuguaglianza già descritti.
L’ultimo traguardo a cui dovrebbero aspirare le università dei paesi OCSE riguarda l’aumento degli studenti di dottorato. Come viene affermato nel documento, le persone con un dottorato di ricerca, nonostante rappresentino una piccola percentuale della popolazione, sono quelle che contribuiscono maggiormente al progresso scientifico, economico e culturale delle società e rappresentano il gruppo sociale con il più alto tasso di occupazione (93%).
L’anno scorso, il numero di persone tra i 25 e i 64 anni d’età con un dottorato nei paesi OCSE era di circa 1,2%. Una percentuale questa, che dal 2014 ad oggi è aumentata dello 0,3%.
Eppure, come viene sottolineato nel report OCSE, non sempre i programmi di dottorato preparano adeguatamente gli studenti all’ingresso nel mercato del lavoro. Infatti, siccome le possibilità di costruirsi un futuro nel mondo accademico sono piuttosto limitate, la maggior parte di essi trova impiego nel settore privato, dove spesso, però, le posizioni disponibili non sono sempre coerenti con il tipo di dottorato conseguito.
Per incentivare gli studenti a iscriversi ai programmi di dottorato e riconoscere il giusto valore a questo titolo di studio sarebbe quindi importante creare opportunità di carriera ben orientate che siano destinate specificatamente ai laureati con un dottorato.
È anche importante, infine, mantenere costanti gli sforzi, già in atto da parte di molti paesi, per attrarre studenti stranieri ai percorsi di dottorato delle proprie università. Negli atenei di Lussemburgo, Paesi Bassi e Svizzera, gli studenti di dottorato internazionali sono addirittura in maggioranza rispetto a quelli nazionali, raggiungendo persino il 60% del totale degli iscritti. Tale percentuale scende in media al 30% se consideriamo invece la totalità dei paesi OCSE.