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Libertà accademica in Europa: in buona salute ma rischia una lenta erosione

Nel 2022, ben prima degli attacchi di Trump alla ricerca, il Parlamento Europeo aveva scelto di accendere i riflettori sulla libertà accademica in Europa. L’iniziativa si chiama Academic Freedom Monitor e ogni anno pubblica almeno un rapporto che sonda lo stato di salute di un diritto che nella Costituzione italiana è tutelato dall’articolo 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
A febbraio 2025 sono stati presentati due documenti: il primo è dedicato alla libertà accademica de jure, e analizza gli strumenti in mano ai Paesi membri che ne garantiscono una protezione legale. Il secondo è dedicato alla libertà accademica de facto e propone un’analisi Stato per Stato dell’esercizio di quello che viene definito un “valore fondamentale” e un “prerequisito per il buon funzionamento delle società democratiche”.
“Sebbene lo stato della libertà accademica nell’Unione Europea sia generalmente migliore di quello della maggior parte del resto del mondo, valutazioni e monitoraggi internazionali mettono in luce che ci siano stati dei trend preoccupanti negli anni recenti” si legge nel rapporto, che in alcuni casi rileva un deterioramento su cui occorre tenere alta l’attenzione.
Basandosi sulle metriche dell’Academic Freedom Index (AFI), un progetto dell’Istituto di Scienze Politiche della FAU (Friedrich Alexandr Universitat) e del V-DEM Institute che monitora 179 Paesi dal 2017, sono 9 i Paesi europei che ottengono un punteggio inferiore alla media dei 27 dell’Unione.
Di questi solo 2 (Grecia e Polonia) hanno migliorato nel 2024 le proprie prestazioni rispetto al 2023. Gli altri 7 (Austria, Bulgaria, Romania, Lituania, Croazia, Olanda e Ungheria) le hanno peggiorate. In 5 di questi (Austria, Lituania, Olanda, Polonia e Ungheria) è addirittura riscontrabile un trend negativo di durata almeno decennale, dal 2013.

Academic Freedom Monitor 2024: punteggio dei Paesi europei
Nella maggior parte dei casi tuttavia, le cose vanno bene nel Vecchio Continente. Andando a vedere la classifica globale stilata dall’AFI, 23 dei 27 Paesi europei fanno parte del gruppo A, ovvero di quello in cui la libertà accademica è maggiormente tutelata. I primi 18 posti in classifica (top 10%) sono occupati da 12 Paesi europei: Repubblica Ceca, Estonia, Belgio, Italia, Lussemburgo, Slovenia, Svezia, Germania, Spagna, Finlandia, Portogallo e Cipro.
Tre Paesi fanno invece parte del gruppo B e si collocano poco sopra la metà della classifica globale: Olanda, Grecia (top 30% - 40%) e Polonia (top 40% - 50%). L’Ungheria invece si colloca molto più in basso, nella metà inferiore della classifica globale (bottom 20% - 30%) e viene assegnata al gruppo D, quello dei Paesi in cui la libertà accademica versa in condizioni più preoccupanti.
Come viene misurata
La libertà accademica è misurabile almeno lungo tre direttrici fondamentali: la libertà di condurre ricerca, quella di insegnare e di imparare, e la libertà di espressione dei membri della comunità accademica. Secondo il modello a cipolla adottato dal rapporto, a questo nucleo centrale si aggiungono strati più superficiali di garanzie che sono l’autonomia di governance, condizioni di lavoro dignitose e sicurezza finanziaria.

Academic Freeedom Monitor 2024, modello a cipolla
In un mondo in cui aumentano le tensioni geopolitiche, dove il successo economico è fortemente dipendente dalla capacità di una società di produrre innovazione e in cui il moltiplicarsi delle fonti mediatiche, inclusi i social, genera un frastuono informativo, sono diversi i fattori che possono incidere sulla libertà accademica.
Il rapporto del Parlamento Europeo ne considera complessivamente sei: interferenze politiche e governative, il modo in cui è gestita la leadership dell’istituzione accademica, interferenze che provengono dall’interno della comunità accademica stessa, quelle che arrivano dalla società civile e quelle provenienti da aziende private, infine questioni di sicurezza nazionale o sovranazionale.
Alcuni esempi
Per quanto riguarda le interferenze politiche il caso dell’Ungheria è quello più eclatante: nel corso dell’ultimo decennio, il governo ha gradualmente tolto autonomia agli atenei, modificando il sistema di governance, e ha addirittura messo sostanzialmente al bando gli studi di genere.
A volte però i problemi insorgono dall’interno della comunità accademica stessa: tra questi vi sono le pratiche scorrette o opache di gestione delle procedure di assunzione del personale. Il rapporto sottolinea che in Italia, uno dei 10 Paesi a cui dedica un approfondimento, questo aspetto emerge come un problema diffuso.
Minacce alla libertà accademica possono venire però anche da parti della società civile, specialmente quando la ricerca si occupa di temi percepiti, a ragione o a torto, come problematici. In Italia ad esempio le prime sperimentazioni in campo di piante OGM sono state vandalizzate. Tensioni riguardo alla sperimentazione animale si verificano periodicamente, così come nel caso dei vaccini. “Gli attacchi alla libertà accademica provenienti dalla società sono aumentati dalla pandemia da Covid-19” si legge nel rapporto, “e gli obiettivi non sono più solo virologi e medici, ma anche accademici di altre aree, come il cambiamento climatico e gli studi sulla sicurezza e sulle migrazioni”.
La collaborazioni tra pubblico e privato vanno generalmente sostenute, soprattutto per favorire quel trasferimento tecnologico dal laboratorio al mercato che oggi è il punto più debole della filiera dell’innovazione europea. Tuttavia può capitare che un’azienda ponendo ad esempio il segreto industriale sulle attività di ricerca non rispetti i canoni della trasparenza che dovrebbe garantire l’impresa scientifica.
Alcuni anni fa ad esempio nelle università britanniche si era aperto un serio dibattito sull’opportunità di accettare o meno finanziamenti dalle compagnie di combustibili fossili che contribuiscono all’aggravamento del cambiamento climatico.
Infine, le crescenti tensioni geopolitiche tra Stati potrebbero arrivare a compromettere un altro elemento chiave dell’avanzamento scientifico che è quello della collaborazione internazionale e la libera circolazione di idee e persone. Gli Stati Uniti avevano già chiuso le porte alla Cina e a una lista di Paesi a maggioranza musulmana durante il primo mandato Trump e da gennaio di quest’anno diversi scienziati, di provenienza anche europea, si sono visti negare l’accesso agli Usa anche solo per aver criticato il governo federale.
Anche l’Europa è preoccupata dal possibile furto di idee: il rapporto invita a valutare con attenzione il compromesso tra sicurezza e libertà di ricerca.
L’impatto della guerra a Gaza
Un aspetto in particolare su cui il rapporto di quest’anno ha dedicato attenzione è l’impatto delle proteste legate alla guerra a Gaza. Negli Stati Uniti infatti hanno gravemente polarizzato l’ambiente accademico e sono state oggetto di forte strumentalizzazione: college come la Columbia e Harvard sono stati accusati di antisemitismo dal governo federale, che ha anche già bloccato finanziamenti all’università del Massachusetts per oltre 2 miliardi di dollari.
Complessivamente in Europa le tensioni su Gaza hanno impattato sicuramente meno sul mondo accademico, ma alcuni casi significativi sono stati ugualmente registrati. Il rettore dell’università di Glasgow, Abu Sittah, ad esempio, avrebbe dovuto tenere ad aprile 2024 un intervento a Berlino a un evento in difesa della Palestina, ma la Germania gli ha negato l’accesso al Paese e addirittura ha chiesto di negarglielo per un intero anno. L’università di Colonia invece, sempre in Germania, ha ritirato la cattedra “Albertus Magnus” alla filosofa Nancy Fraser per aver firmato una lettera in supporto della Palestina.
Disordini legati alla guerra a Gaza si sono verificati anche in Olanda: sui muri dell’università di Groeningen sono comparsi graffiti che esprimevano il supporto alla Palestina e alcune finestre degli edifici sono state sfondate. Fatti analoghi sono avvenuti all’università di Amsterdam.
In conclusione, sebbene nella maggior parte dei Paesi europei la libertà accademica goda di buona salute, ci sono ampie differenze tra Paese e Paese. Soprattutto, il rapporto sottolinea la tendenza a una “lenta erosione” in diversi contesti, che merita di venir tamponata per tempo, sia tramite azioni di protezione legislativa, cui le istituzioni europee intendono lavorare, sia attraverso la diffusione della consapevolezza dell’importanza della libertà accademica per l’intera società.