CULTURA

Per ricordare Andrea Battistini

Nella Premessa a uno libro dotto e leggero sull'autobiografia, Lo specchio di Dedalo (1990) Andrea Battistini presentava la scrittura autobiografica come un'illusoria lotta contro la morte: «L'autobiografo crede di ridarsi la vita che il tempo aveva cancellato. E invece si dà la morte, componendo anticipatamente il proprio necrologio per essersi appostato di vedetta in un punto dal quale tutto ciò di cui parla e che si evolve come se vivesse è invece irrimediabilmente defunto». Battistini non è caduto nel tranello, lasciando a chi lo ha stimato l'onere di ricordare i tratti salienti di un'esistenza dedita agli studi e alle letture, e arricchita anche dalla lunga frequentazione delle aule universitarie, specie a Bologna dove ha insegnato Letteratura italiana per oltre trent'anni, dal 1984 al 2017. Dal suo maestro Ezio Raimondi, critico letterario tra i maggiori in Italia per il suo uso sapiente – in studi che spaziavano dalla letteratura delle origini al Novecento – della ricerca filologica e documentaria, unita alla sperimentazione dei più moderni metodi critici, Battistini ha appresso un metodo che univa il rigore nell'adesione ai testi alla vastità delle trame intertestuali, che spaziavano ben oltre i confini dell'italianistica, incrociando spesso temi filosofici e scientifici. La sua apertura interdisciplinare gli ha permesso di studiare come pochi l'opera di Galileo Galilei e di Giambattista Vico. E di dedicare, in tempi ancora acerbi, un volume al rapporto tra letteratura e scienza (Letteratura e scienza, 1977).

In ambito letterario le sue ricerche coprono tutto l'arco della nostra cultura italiana, da Dante, del quale ha curato nel 1995 presso l’editore Salerno, tra i più attenti all’opera dantesca, la Vita nuova e le Rime, oltre a dedicarvi anche il volume La retorica della salvezza. Studi danteschi (2016), al Novecento, con studi, tra l'altro, sulla letteratura della Resistenza, indice del suo forte senso morale e civile (Le parole in guerra. Lingua e ideologia dell'«Agnese va a morire», 1982) e su Italo Calvino (Sondaggi sul Novecento, 2003). I suoi studi privilegiati, così importanti da renderlo noto in tutto il mondo, con traduzioni in inglese, giapponese, tedesco, spagnolo, francese, ungherese e portoghese, sono dedicati a Galilei, Vico e al Barocco (Il Barocco. Cultura, miti, immagini, 2000). Sempre attento ai testi, Battistini ha curato di Vico e Galilei le opere principali, con un’edizione delle Opere di Vico per i Meridiani Mondadori (1990) e per Galilei del Sidereus Nuncius (1993) e – per l’Istituto della Enciclopedia Italiana – del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (2012). Su entrambi ha scritto importanti opere di riferimento: Vico tra antichi e moderni (2004), Galileo e i Gesuiti. Miti letterari e retorica della scienza (2000) e Galileo (2011).

Membro dei comitati scientifici di numerose riviste, non solo di italianistica (si pensi a «Galilaeana» e a «Rinascimento»), Battistini è stato particolarmente legato alla rivista di storia delle idee «Intersezioni», fondata nel 1981 dal suo maestro Raimondi, insieme a due storici della filosofia e della scienza ai quali è stato sempre molto vicino, Paolo Rossi e Antonio Santucci, e che, nella tradizione iniziata con il «Journal of the History of Ideas» di Arthur Lovejoy, affronta tematiche di letteratura, storia, filosofia, scienza, storia dell’arte, musica, ponendosi come punto di incontro tra discipline diverse. Socio di accademie e società antiche e prestigiose, dall'Accademia d'Arcadia (2004), all'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna (2005), alla Società Torricelliana di Faenza e all'Associazione culturale «Il Mulino», casa editrice alla quale è stato sempre legato, Battistini è stato tra i fondatori, nel 1996, dell'ADI (Associazione degli Italianisti), la più grande associazione degli studiosi della cultura letteraria italiana. Una delle sue ultime presenze in pubblico è stata proprio la sua partecipazione al XXIII Congresso ADI, tenutosi a Pisa il 12-14 settembre 2019, che ha affrontato un tema a lui congeniale, «Letteratura e Scienze» e al quale ha dedicato una delle relazioni di apertura Un matrimonio contrastato ma ben riuscito: Galileo tra scienza e letteratura. Io lo seguivo nella seconda sessione con una relazione “leopardiana”. È stata quella l’ultima volta che l’ho incontrato, provato dalla malattia, ma pronto a confermare un nostro futuro incontro al Gabinetto Vieusseux, dove il 12 marzo avrebbe dovuto discutere il mio ultimo libro leopardiano, L'infinita scienza di Leopardi, scritto insieme al fisico teorico Giuseppe Mussardo. Discussione impedita dal lockdown e alla quale continuava a sperare di prender parte, in tempi migliori. Anche intorno a Leopardi, e soprattutto agli aspetti del suo pensiero filosofico e scientifico, nutriva un interesse non marginale, accettando di buon grado di introdurre con un breve scritto, L’apprendistato scientifico di un adolescente di genio, il libro di una mia “allieva”, Valentina Sordoni, sulla formazione scientifica del giovanissimo Leopardi, Il giovane Leopardi, la chimica e la storia naturale (2018).

Altre trame ci legavano. Come la partecipazione alla ricerca, promossa dal Centro Nazionale di Studi Leopardiani e dall’Istituto per la storia del pensiero filosofico e scientifico moderno, per mettere a fuoco l’humus culturale alla base del dialogo tra Vico e Leopardi, Il progetto era sorto con l’intento di studiare e approfondire le relazioni esistenti tra il pensiero di Vico e quello di Leopardi, sia in ambito filosofico che letterario. La ricerca, coordinata da Fabiana Cacciapuoti (CNSL) e Manuela Sanna (Direttore dell’ISPF), si è tradotta in un calendario di appuntamenti in Italia e all’estero, nella mostra «Il corpo dell’idea. Immaginazione e linguaggio in Vico e Leopardi», allestita a Napoli nella Sala Dorica di Palazzo Reale e nel volume Il corpo dell'idea. Immaginazione e linguaggio in Vico e Leopardi (2019). Ad avvio del progetto, nella Sala Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli, Battistini tenne, il 20 novembre 2015, una memorabile prolusione, seguito dal leopardista Antonio Prete. Battistini insisteva sul significato antropologico dell’opera vichiana, ripercorrendo le tappe significative dell’epistemologia genetica praticata da Vico nella Scienza Nuova. Vico, e per certi versi anche Leopardi, si interroga sulle origini dell’umanità, unendo filologia, antropologia e filosofia. Vico avvia una riflessione sui significati della corporeità umana, fatta di miti classici, tradizioni popolari, ricostruzioni etimologiche, linguaggio poetico arcaico o linguaggio figurato, ma anche indagine sui comportamenti dei fanciulli, psicologia dei popoli meno civilizzati, poemi omerici. Su questa riflessione sul corpo, che determina le passioni dei primi uomini, si soffermerà anche Leopardi, nel disincanto della modernità.

Per rendere conto della valenza scientifica degli studi di Battistini, professore che pure amava la bicicletta e il ciclismo, e fra tutti Fausto Coppi, può bastare qualche accenno alle sue indagini su Galilei. Battistini ha notato come Galilei fu tra i primi scrittori dialogici della tradizione moderna, rivoluzionario nella scienza come nello stile letterario, perché fondò il linguaggio scientifico italiano, sostituendo progressivamente il trattato, proprio di quella che Thomas S. Kuhn ha chiamato la “scienza normale”, con il dialogo, caratteristico della “scienza rivoluzionaria”. Una scoperta che per Battistini ha radici anche nell’insegnamento dal padre Vincenzio, autore di un Dialogo della musica antica e moderna (1581) con Giovanni Bardi e Pietro Strozzi. Il dialogo è un modello letterario del metodo sperimentale, perché procede in forma aperta ed empirica, consente di sviluppare una trama di osservazioni metodologiche e rende possibile la trattazione coordinata di argomenti anche diversi tra loro. Battistini ha anche sottolineato – in «Ménage à trois». Scienza, arte combinatorio e mosaico della scrittura («Nuova civiltà delle macchine», V, 1987) – come sia stato Calvino a comprendere la straordinaria attualità di Galilei, quando, in un'intervista a Guido Almansi del 1978, lo riconobbe come «un maestro della prosa italiana», un «grandissimo scrittore – grande come scrittore, come colui che impone il suo modo di vedere il mondo attraverso l’abilità letteraria. Il suo linguaggio unisce esattezza, libertà espressiva e lucidità. Discorre delle sue esperienze e controversie sempre per mezzo di racconti e metafore», unendo eleganza formale e solidità di contenuti. In Galilei, come in seguito in Leopardi e in Calvino, la prospettiva cosmica assume un valore strategico in contrasto con l’antropocentrismo. Se ne ricorderà Calvino nelle Cosmicomiche mettendo in scena il personaggio Qfwfq:

«Per un verso egli crea – annota Battistini – un personaggio quale Qfwfq, dal nome palindromo, che non è nemmeno un uomo ma, ancora, una “potenzialità”, per altro verso riconosce, con un brivido d’impotenza, perfettamente comprensibile in chi attribuiva alla scienza un “fondamento tragico”, che “la superficie delle cose è inesauribile”».

«Un capovolgimento di prospettiva» che, grazie alla letteratura, orienta verso la complessità ciò che nella scienza è indirizzato alla semplicità. Ed è questo senso della complessità tragica dell’umano che rende affascinanti gli studi letterari e ci fa pensare quanto ci mancheranno figure come Battistini, che, lontane da ogni narcisismo, insegnavano – lo ricorda l'allievo Francesco Ferretti – «a lavorare senza mettersi in cattedra», «a leggere la complessità dei testi». Purtroppo oggi non ci restano che le sue pagine, che a lungo continueremo a interrogare, per cogliere con il loro aiuto qualcosa del senso recondito del mondo e delle cose umane.

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