
Foto di Massimo Pistore a Villa Bassi Rathgeb - © Newsha Tavakolian/Magnum Photos
"Questa immagine racconta un silenzio forzato ma, al tempo stesso, è una strategia per superare quel silenzio. Racconta la sorellanza e la determinazione". Osservando quella fotografia sentiamo il bisogno di saperne di più: è evidente, c'è una storia da scoprire ma, in questo caso, sarebbe meglio dire, da ascoltare. Vestita di nero, al centro di un'ampia strada deserta, una donna indossa un paio di guantoni rossi da boxe, tiene le braccia lungo il corpo, ha un’espressione fiera. Dietro di lei l’asfalto e uno sfondo di grattacieli e altri edifici. L’immagine guida di Women Power, esposizione appena inaugurata al Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme, fa parte della serie Listen Project, 2010-2011(Ascolta): ritratti di artiste iraniane impegnate a cantare per sé stesse, senza un pubblico presente, e copertine di dischi immaginari, come quella con la donna e i guantoni qui descritta e ora esposta ad Abano.
Il senso del lavoro fotografico della iraniana Newsha Tavakolian (Teheran, 1981), perfettamente spiegato in apertura da Monica Poggi, co-curatrice della mostra, rivela con grande forza poetica la condizione delle donne iraniane costrette a sottostare alle norme islamiche della Sharia che, tra le tante cose, impedisce loro anche di esibirsi in pubblico e di produrre album musicali: il progetto nasce dunque dalla volontà di restituire la voce, dapprima a un gruppo di cantanti professioniste e, di conseguenza, a tutte le donne in Iran. "Nella mia mente ho creato un cd con una copertina per ciascuna delle cantanti: è la mia interpretazione della società, quella in cui vivo e che sperimento. Le custodie dei cd per ora rimarranno vuote", scrive Tavakolian. "Per me la voce di una donna ha un potere che, se lo si mette a tacere, rende instabile la società e deforma ogni cosa".
Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
Lo sguardo fotografico di Newsha Tavakolian non è il solo proposto in mostra. L'allestimento si concentra su una selezione di lavori di fotografe e immagini di donne ritratte. Il filo rosso che unisce tutti gli scatti è quello della leggendaria agenzia fotografica Magnum, fondata nel 1947.
Se Monica Poggi sceglie di esplorare la forza contemporanea dell'immagine di Tavakolian, Walter Guadagnini, direttore artistico di Camera Torino e co-curatore dell'esposizione di Abano, si sofferma sullo scatto storico di Elliott Erwitt che ritrae la first lady americana Jaqueline Kennedy al funerale del marito John F. Kennedy ad Arlington, in Virginia, il 25 novembre 1963: una fotografia iconica, qui accompagnata dai provini a contatto. "Una foto straordinaria che, attraverso lo sguardo di Jackie Kennedy, svela il momento in cui la first lady abbandona il controllo istituzionale, mantenuto fino ad allora, e fa emergere l'essere umano, che piange per la scomparsa della persona cara", spiega Guadagnini. "In mostra, accanto alla fotografia, abbiamo sistemato i provini: consiglio al visitatore di guardarli con attenzione per comprendere perché, alla fine, quello sia stato lo scatto prescelto: l'immagine che tutti conosciamo, diventata una icona della fotografia e della storia del Novecento".

© Elliott Erwitt / Magnum Photos
Il percorso espositivo arriva ai giorni nostri e "si offre come excursus sulla storia del linguaggio fotografico e sulla presenza delle donne all'interno dei canali ufficiali di diffusione della fotografia", spiega Monica Poggi a Il Bo Live. "La rappresentazione, che emergeva dalle riviste, è stata per lungo tempo quella delle dive, fotografate come protagoniste: Monroe è l'emblema di una sovraesposizione mediatica. Ma questa mostra racconta anche altre donne, come Eve Arnold e Inge Morath, entrambe fotografe di Marilyn, che rompono il soffitto di cristallo ed entrano alla Magnum, avviando un percorso di inclusione. È la stessa Eve Arnold a organizzare la prima mostra delle fotografe dell'agenzia, dopo di lei lo farà anche Susan Meiselas. Oggi l'autorialità femminile è molto esplorata ma esiste ancora un grande divario: questa esposizione testimonia come le donne siano riuscite a prendersi i propri spazi e ad aprire nuovi punti di vista".
La prima sezione Madri, figli è seguita da altri cinque nuclei tematici - Crescere, Identità individuale, identità collettiva, Il corpo politico, Corpi pubblici, Il corpo come campo di battaglia – pensati per attivare una riflessione attorno alle trasformazioni del ruolo (e del corpo) della donna nel tempo, in un confronto tra generazioni, stili, temi e sensibilità attraverso singole fotografie ma, soprattutto, vari e strutturati reportage realizzati in vari contesti storici e geografici.


Gli scatti di Ferdinando Scianna e di Olivia Arthur © Magnum Photos
Non volevo essere una “donna fotografa” – questo mi avrebbe limitato. Volevo essere un fotografo donna, con tutto il mondo spalancato di fronte alla mia macchina fotografica [Eve Arnold]
L'allestimento presenta i lavori delle più note autrici di Magnum - Inge Morath, Eve Arnold, Olivia Arthur, Myriam Boulos, Bieke Depoorter, Nanna Heitmann, Susan Meiselas, Lúa Ribeira, Alessandra Sanguinetti, Marilyn Silverstone e Newsha Tavakolian - e quelli di alcune fotografe contemporanee capaci di raccontare l'universo femminile da differenti punti di vista. Interessante, in questo senso, il lavoro della polacca Rafał Milach che, con la serie Strike, 2020-2021, ha seguito le manifestazioni di protesta delle donne polacche in reazione alla sentenza della Corte costituzionale che, il 22 ottobre 2020, in Polonia, ha reso impossibile l'accesso all'aborto.
Le fotografie diventano simboli, tracce della trasformazione, di un lento ma inesorabile cammino di emancipazione, come individui e come collettività. Pur celebrando il contributo femminile alla fotografia, Women Power include scatti di Robert Capa - le cui foto di guerra sembrano dialogare con quelle più contemporanee della tedesca Nanna Heitmann, autrice di un reportage in Russia, con un focus inedito dedicato alle manifestazioni contro la guerra a Mosca -, e ancora Bruce Davidson, Elliott Erwitt, Rafal Milach, Paolo Pellegrin e Ferdinando Scianna, che hanno raccontato la condizione femminile testimoniando le sfide legate ai diritti.

© Bieke Depoorter /Magnum Photos - Foto dell'allestimento: Massimo Pistore
"Women Power racconta storie e dinamiche a cui spesso gli uomini non hanno neanche la possibilità di accedere - continua Poggi -. La belga Bieke Depoorter entra nelle case delle donne egiziane e racconta una dimensione domestica che nessun uomo avrebbe mai potuto fotografare. E ancora, molto tempo prima, Eve Arnold fotografava il momento del parto. Questa è una mostra sullo sguardo femminile, caratterizzato da una dimensione di vicinanza nei confronti delle persone e delle situazioni, anche quelle che la storia spesso dimentica. Esistono persone, con le loro storie, che hanno sentito e sentono l’esigenza di scardinare stereotipi e ottenere credibilità in un ambiente, come diceva Inge Morath, dominato dagli uomini. E questo porta le fotografe a concentrarsi su storie di esseri umani che hanno vissuto esperienze simili e forti, penso al lavoro della spagnola Cristina De Middel che racconta le donne vittime di violenza nei contesti di conflitti”. Mentre risponde alle nostre domande, Poggi ci trova proprio davanti a quelle foto: ha scelto di sistemarle lasciando ben visibile l’affresco con una scena di caccia, creando così una sorta di dialogo tra arte del passato e racconto del presente: due letture della prevaricazione, così lontane nel tempo e ora così vicine. Questo accade anche con altre fotografie esposte, in un tentativo di scambio vivo tra il luogo e le immagini scelte.

© Rafal Milach / Magnum Photos - Foto dell'allestimento: Massimo Pistore
Women Power.
L’universo femminile nelle fotografie dell’agenzia Magnum dal dopoguerra a oggi
a cura di Monica Poggi e Walter Guadagnini
22 marzo – 21 settembre, Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme (Padova)
La mostra è prodotta da Camera - Centro italiano per la fotografia in collaborazione con Magnum Photos ed è promossa dal Comune di Abano Terme con CoopCulture.