SCIENZA E RICERCA

Roberta Villa e la divulgazione rigorosa ma gentile

Uno dei pochi risvolti positivi del Covid19 è stato il prendere coscienza del grosso problema di comunicazione che si frapponeva tra le istituzioni, in particolare quelle mediche, e i cittadini. Questi ultimi avevano moltissime domande, e si aspettavano risposte pronte e precise, forse perché a scuola si studia più la scienza del metodo scientifico. La maggior parte di ciò che troviamo nei libri di testo, infatti, è una certezza: l'acqua bolle a 100 gradi, la Terra gira intorno al Sole, la Luna influenza le maree. Eppure anche a queste verità ci si è arrivati per osservazioni, prove ed errori: la scienza non dà risposte immediate, perché ci vuole del tempo per studiare un fenomeno al fine di prevedere il comportamento delle forze in gioco. All'inizio per chi doveva comunicare il Covid è stato un problema: la risposta "ancora non lo sappiamo" ha poco appeal, ma è l'unica che potevano dare scienziati e divulgatori onesti. In questo vuoto informativo, però, andavano a inserirsi gli sbandieratori di certezze: non solo i complottisti, ma anche scienziati che prendevano in considerazione studi non ancora validati, virologi da salotto che distribuivano verità a loro parere incontestabili per qualche like o qualche ospitata televisiva in più.

Il risultato di questa tendenza lo abbiamo visto tutti: i medici andavano in televisione e si contraddicevano a vicenda, a volte con toni molto pesanti. Se il dibattito tra pari è comune e perfino auspicabile nel mondo della ricerca scientifica, dove un'obiezione può diventare uno spunto per capire qualcosa di nuovo, non è altrettanto positivo se avviene in fase di incertezza sotto gli occhi di tutti. Queste guerricciole fanno bene agli ascolti ma malissimo alla scienza, per non parlare di quando ai medici si affiancavano individui famosi in tutt'altro ambito che sfoderavano concetti, solitamente allarmanti, basati sull'aneddotica e non su studi scientifici rigorosi. Poteva andare diversamente? Il bias di conferma suggerirebbe di no: chi crede che i vaccini per il Covid siano frutto di una congiura per sterminare la popolazione seguirà in tv chi avvalora quest'ipotesi, anche se non ha nessuno studio scientifico dalla sua parte.

Anche se il dibattito è stato polarizzato fin dall'inizio, però, non dobbiamo farci ingannare: esistono sicuramente i complottisti, come esistono le persone che sostengono acriticamente lo scienziato che trovano più preparato, ma questi due schieramenti sono composti da una piccolissima parte della popolazione. La maggior parte, invece, è piena di dubbi e paure, e non sa bene a chi rivolgersi per trovare risposta alle domande mediche, in particolare quelle sul Covid, un virus che esiste da poco tempo e che abbiamo visto nascere "in diretta". Per fortuna, dopo un primo momento di spaesamento in cui gli addetti ai lavori intervenivano senza una strategia unitaria, esprimendo magari opinioni personali non supportate da dati definitivi, la scienza e i divulgatori hanno saputo rispondere a questa esigenza di dialogo, che c'è sempre stata ma in termini numerici non si è mai sentita come durante il periodo del Covid. I festival scientifici hanno avuto un impulso nuovo e un esempio di questo è proprio il Cicap Fest, che ha radunato a Padova addetti ai lavori di fama internazionale, per instaurare un dialogo con tutti i curiosi e gli appassionati che si sono riuniti in questa città tra il 3 e il 5 giugno 2022.

Il Cicap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) dal 1989 si occupa di informare i cittadini sugli argomenti scientifici, ma nel tempo molti altri enti hanno compreso quale fosse l'importanza di fare una corretta informazione, senza i toni cattedratici che assumono alcuni esperti e che rischiano di conferire alla scienza caratteristiche respingenti. Per questo target di persone spaventate ma aperte a comprendere, prima del Covid e precisamente nel 2016, è stato creato dalla FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) il sito Dottore, ma è vero che?, nel quale si potevano trovare risposte alle domande più frequenti in materia di salute. Durante il periodo del Covid Roberta Villa è stata in prima linea per aggiornare il portale sulla base di tutte le informazioni scientificamente verificate che arrivavano di volta in volta. Da questa attività è nato l'omonimo libro, presentato dall'autrice in uno dei molti incontri del Cicap Fest, che contiene alcune delle risposte date da Villa sul sito, insieme a quelle di Rebecca De Fiore, che ha collaborato alla pubblicazione, Fabio Ambrosino, Sara Mohammad, Giada Savini e Caterina Visco. Altre risposte sono state formulate appositamente per il libro, che vanta 34 pagine di note bibliografiche, grazie alle quali ogni lettore può verificare puntualmente ciò che trova scritto.

Una buona idea può essere quella di far sì che la comunicazione onesta occupi più spazio possibile. Facendo sempre attenzione a non promettere certezze di cui non possiamo disporre Roberta Villa

Dottore, ma è vero che…? (Chiarelettere 2022) è una sorta di guida a tutto ciò che sappiamo sul Covid, ma non solo: parla anche di ciò che non sappiamo, di ciò che è molto probabile ma non ancora sicuro, perché alla data della pubblicazione non c'erano studi dirimenti. La scienza, infatti, non ha paura di rispondere "non lo so", perché non è fatta di certezze granitiche acquisibili su richiesta. Nel farlo, però, illustra comunque i risultati degli studi che sono stati compiuti perché il lettore possa rendersi conto che, come titola l'ultimo capitolo "non è semplice, ma ci stiamo provando".
Il tono del libro è rigoroso, ma emerge che Roberta Villa non fa parte della schiera di medici che prende sottogamba, o peggio ancora deride, le paure delle persone. Questa è la divulgazione che vogliamo: una divulgazione che non tuona, che non si ammanta di autorità per nascondere l'incertezza di una scienza in divenire, che forse non piace nei salotti televisivi, ma è l'unica via per conoscere la realtà.

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