SCIENZA E RICERCA

SARS-CoV-2: l'affermazione della variante D614G e l'accelerazione dei contagi nel mondo

Subito dopo che SARS-CoV-2 è stato rilevato in Cina, i ricercatori hanno iniziato ad analizzare i campioni virali e pubblicare i codici genetici affinché fosse possibile monitorare tutti i cambiamenti significativi. Si è compreso presto che il nuovo coronavirus tende ad essere molto più stabile rispetto alla maggior parte degli altri virus ad RNA, probabilmente grazie a un meccanismo che corregge gli errori di copia potenzialmente sfavorevoli al patogeno.

Il virus apparso per la prima volta a Wuhan sembra però essere stato quasi completamente spazzato via da una variante, l’ormai nota mutazione D614G che si è rapidamente diffusa prima in Europa e poi negli Stati Uniti, al punto da essere ormai identificata in quasi la totalità dei campioni virali di tutto il mondo. Un articolo pubblicato a settembre su Nature approfondiva ampiamente le caratteristiche di questa mutazione spiegando che riguarda la sostituzione dell’amminoacido aspartato (D, in abbreviazione biochimica) da parte della glicina (G) alla 614a posizione dell'amminoacido della proteina spike, a causa di un difetto di copiatura che alterava un singolo nucleotide nelle quasi 30 mila basi genetiche del virus. La mutazione, sottolineava l’articolo di Nature, ha catturato l’attenzione degli scienziati a causa della sua posizione nella proteina spike che aiuta le particelle virali a penetrare nelle cellule. Una modifica che non è risultata collegata a una maggiore probabilità di un decorso grave della malattia ma si è tradotta in un vantaggio per il virus dal punto di vista della facilità di diffusione.

La maggiore velocità di trasmissione della mutazione D614G è il nodo centrale di un nuovo studio recentemente pubblicato su Science e che porta la firma di Ralph Baric della North Carolina University, uno dei più noti virologi del mondo.

Lo studio, che vede anche la collaborazione dell’università del Wisconsin, è stato effettuato sui criceti e i risultati hanno portato alla conferma che il ceppo mutato si trasmette molto efficacemente per via aerea, con un tasso di replicazione dieci volte superiore. Gli animali sono stati inoculati con entrambe le varianti virali e il giorno successivo otto criceti non infetti sono stati messi in gabbie accanto ai criceti infetti, con un divisorio che impedisse loro di toccarsi ma che permettesse all’aria di circolare tra le gabbie. I ricercatori, spiega un comunicato stampa dell’Università della Nord Carolina, hanno iniziato a cercare la replicazione del virus negli animali non infetti il ​​secondo giorno.

Con la variante D614G sei criceti su otto sono risultati contagiati entro due giorni e il contagio si è esteso a tutti entro il quarto giorno. Con il virus originale entro il secondo giorno non è stata riscontrata alcuna trasmissione, sebbene tutti gli animali esposti siano stati infettati entro il quarto giorno. I ricercatori hanno anche esaminato la patologia dei due ceppi di coronavirus e hanno appurato che i sintomi manifestati dagli animali esposti alla variante D614G non erano più gravi.

"Il virus D614G supera e supera il ceppo ancestrale di circa 10 volte e si replica in modo estremamente efficiente nelle cellule epiteliali nasali primarie, che sono un sito potenzialmente importante per la trasmissione da persona a persona", ha commentato il professor Ralph Baric, che studia i coronavirus da oltre 30 anni ed è il primo autore della ricerca.

La mutazione, spiegano i ricercatori, aumenta la capacità della proteina spike di aprire le cellule per far entrare il virus: questa proteina è ormai diventata il simbolo dell’efficienza con cui SARS-CoV-2 riesce a penetrare nell’organismo umano e nella variante D614G questo meccanismo si è dotato di un ulteriore vantaggio, rappresentato dal sollevamento di un lembo della spike. In questo dettaglio potrebbe però essere racchiusa anche una buona notizia perché, secondo gli autori dello studio, con un lembo aperto è più facile per gli anticorpi, come quelli nei vaccini attualmente in fase di sperimentazione, infiltrarsi e disabilitare il virus

In questa direzione vanno anche i risultati di un precedente studio, pubblicato in preprint da un team internazionale di scienziati guidato da David Montefiori della Duke University, che aveva scoperto come i topi, le scimmie e gli esseri umani che hanno ricevuto uno dei numerosi vaccini a RNA attualmente in sperimentazione, hanno prodotto anticorpi che si sono dimostrati più potenti nel bloccare i virus caratterizzati dalla mutazione D614G.

Intanto, dopo essere stata individuata per la prima volta in Cina e in Germania a gennaio, la variante D614G è diventata dominante in tutto il mondo. E’ già questa l’identità assunta da SARS-CoV-2 durante la prima ondata che tra febbraio e marzo ha pesantemente colpito il Nord Italia e un lavoro pubblicato su Cell ha ricostruito la rapidissima espansione che entro aprile ha portato la mutazione ad essere già presente nella metà dei campioni virali analizzati su scala globale. Una progressione che è continuata senza sosta al punto che ci si chiede se proprio in questa mutazione sia da individuare una delle ragioni dell’accelerazione di questa seconda ondata di contagi in Europa e negli Stati Uniti. Secondo i dati dell'Oms negli ultimi sette giorni i nuovi casi di positività accertati a livello mondiale hanno superato i quattro milioni: un numero molto elevato, soprattutto se pensiamo che i contagi registrati dall'inizio della pandemia ad oggi sono circa 55 milioni. 

"Quello che vorrei chiarire - ha commentato Antonella Viola, docente del dipartimento di Scienze biomediche dell'università di Padova, intervistata per Il Bo Live dalla collega Monica Panetto, è che gli effetti della presenza di questa variante non riguardano in modo specifico l'Italia perché nel nostro Paese si era imposta già nella prima ondata". Il fatto che adesso sia diventata dominante a livello globale "rappresenta però un rischio maggiore", precisa l'immunologa. 

L'immunologa Antonella Viola approfondisce la mutazione D614G del virus SARS-CoV-2 diventata dominante a livello mondiale e caratterizzata da una maggiore capacità di trasmissione. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Barbara Paknazar

"E’ una variante molto nota - spiega la professoressa Antonella Viola, docente del dipartimento di Scienze biomediche dell'università di Padova -  perché è quella che in fondo è sempre stata in Italia e anche la nostra prima ondata è stata causata da questa variante. Non modifica la malattia e non rende il virus più aggressivo dal punto di vista dei sintomi e del numero di persone che finiscono in ospedale o in terapia intensiva. E’ però un virus che ha effettivamente ha una contagiosità maggiore e quindi ha acquisito un vantaggio sotto questo profilo. Questa variante è diversa rispetto al virus nato a Wuhan e poi in Europa e negli Stati Uniti ha preso il sopravvento".

La variante D614G ha dunque soppiantato il ceppo emerso che ha dato origine alla pandemia e secondo uno studio dell'università del Texas, che ha analizzato i campioni virali di oltre 5 mila pazienti affetti da Covid-19 nell'area di Houston, questa mutazione si è progressivamente estesa fino a diventare dominante. Scendendo più nel dettaglio durante l'ondata iniziale della pandemia la variante D614G era presente in circa il 71% dei soggetti contagiati ma già durante la seconda ondata estiva aveva raggiunto il 99,9% dei pazienti. 

"Adesso - conferma l'immunologa Antonella Viola -  questa mutazione sembra essere davvero quella più diffusa a livello globale e certamente potrebbe essere responsabile dell’aumentato contagio che stiamo vedendo. Quello che però vorrei chiarire è che non riguarda in modo specifico il nostro Paese e forse neanche l’Europa perché da noi la mutazione D614G c’è sempre stata e si è sempre imposta già nella prima fase. Per il resto del mondo però, vista la contagiosità superiore di questa variante, può comportare un rischio maggiore”.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012