SCIENZA E RICERCA

Satelliti e inquinamento luminoso: osservazioni astronomiche sempre più difficili

Qualche settimana fa Starlink, il progetto lanciato da Elon Musk che con la società Space X promette di portare Internet a banda larga anche nelle zone più sperdute del pianeta grazie a migliaia di piccoli satelliti lanciati nello spazio, ha condiviso su Twitter una mappa mondiale della disponibilità del servizio. Il numero di Paesi in cui la connessione è già possibile è passato da 25 a 32 e a partire dal primo trimestre del 2023 è previsto un ulteriore significativo ampliamento.

Ampliamento che va di pari passo con il lancio di numerosi lotti di satelliti che vanno a posizionarsi nel cielo privilegiando, a differenza dei satelliti di prima generazione usati per le telecomunicazioni, le orbite basse e riunendosi in megacostellazioni luminose che complicano le osservazioni astronomiche e alterano l’aspetto del nostro tetto stellato come mai era accaduto in precedenza.

Dei circa 5.000 satelliti attivi in orbita attualmente intorno alla Terra (a cui vanno aggiunti altri 3.000 oggetti spenti o non più funzionanti) quasi la metà sono proprio Starlink, ma nelle intenzioni delle aziende che si sono immesse in questo mercato - SpaceX è partita per prima ed è in una fase più avanzata ma OneWeb di Richard Branson o Kuiper di Jeff Bezos la seguono a ruota - questi numeri non sono che l’inizio: in una manciata di anni i satelliti lanciati nello spazio potrebbero essere decine di migliaia.

L’impatto di queste costellazioni di satelliti sull’astronomia è un tema al centro di studi e dibattiti internazionali. Nei giorni scorsi la rivista Nature è tornata sull’argomento citando anche una recente ricerca secondo cui se SpaceX e le altre società portassero a compimento per intero i propri progetti arrivando a lanciare 65 mila satelliti (come è nelle loro intenzioni) a latitudini di circa 50 gradi sud e 50 gradi nord di 14 stelle visibili ad occhio nudo una sarà effettivamente un satellite. "È davvero abbastanza orribile", ha affermato Samantha Lawler, astronoma dell'università di Regina in Canada e prima autrice dello studio. 

I più colpiti saranno gli osservatori astronomici che studiano vaste distese del cielo piuttosto che concentrarsi sui singoli oggetti celesti e la conseguenza è che le immagini scattate dagli strumenti saranno sempre più vulnerabili alle striature lasciate dai satelliti. Esistono dei software in grado di correggere le immagini ma le correzioni richiedono tempo ed energia al punto che Meredith Rawls, un'astronoma dell'università di Washington a Seattle, ha dichiarato a Nature che la ricerca di modi per mitigare questi danni sta letteralmente mangiando la sua carriera. 

Le aziende attive nel settore si dichiarano sensibili alla questione e affermano di voler sviluppare innovazioni che riducano la luminosità dei satelliti. Una reale  soluzione (parliamo di impegni che sono comunque su base puramente volontaria) non è però ancora stata trovata e sembra che dagli Starlink di ultima generazione siano stati rimossi gli "ombrelloni" che avrebbero dovuto attenuare il loro aspetto nel cielo notturno perché interferivano con le comunicazioni. 

Nel frattempo la comunità scientifica e le organizzazioni astronomiche hanno compiuto molti sforzi per accendere un dibattito e stimolare le Nazioni unite a riconoscere il problema. Non ci sono leggi che regolano l'impatto dei satelliti sul cielo notturno e il documento fondamentale in materia è il Trattato sullo spazio esterno del 1967 che lo definisce "libero per l'esplorazione". Tuttavia l'auspicio degli scienziati è che una maggiore consapevolezza possa portare a stabilire norme internazionali che incoraggino gli operatori satellitari a considerare e mitigare gli effetti delle loro megacostellazioni sull’astronomia.

Abbiamo chiesto a Sergio Ortolani, docente del dipartimento di Fisica e astronomia dell'università di Padova, un commento sulle conseguenze che questa occupazione delle orbite basse sta avendo sull'astronomia, in un momento in cui c'è un grande rilancio dell'esplorazione spaziale. Secondo Ortolani l'impatto di questi satelliti sulle osservazioni astronomiche non è tale da pregiudicarle ma certamente può avere un peso notevole su alcune tipologie di ricerche, come quelle che si concentrano su asteroidi o comete in movimento sulla sfera celeste. A questo si aggiunge il fatto che le scie lasciate dai satelliti finiranno sempre più spesso  sulle immagini catturate dagli strumenti che osservano il cielo. Un terzo incomodo che si può eliminare, a costo però di un lavoro impegnativo.

Ma l'inquinamento luminoso non è solo di origine spaziale. Anzi, sottolinea Ortolani, il maggiore ostacolo all'astronomia è in realtà la luminosità di origine terrestre. Un fenomeno che, oltre a privare la maggior parte della popolazione della possibilità di osservazione degli oggetti e dei fenomeni celesti notturni, sta condizionando sempre più anche osservatori astronomici situati lontani dai centri urbani. La Via Lattea, ricordava qualche tempo fa la rivista Science Advances, è visibile solo a un terzo dell'umanità e circa l’80% della popolazione mondiale vive sotto un cielo inquinato da luci artificiali che impedisce la vista del cosmo in tutta la sua bellezza. "I satelliti sono un problema ma l’inquinamento luminoso è un vero e proprio limite invalicabile", spiega il docente.

Megacostellazioni di satelliti

Il numero di satelliti in orbita nello spazio sta aumentando a grande velocità e, se i progetti annunciati dalle società verranno portati a termine, si prevede che possa arrivare a decine di migliaia entro pochi anni. La maggior parte andrà a posizionarsi nella bassa orbita terrestre o LEO (Low Earth Orbit), intorno ai 550 chilometri di quota o più sotto. "Numeri del genere implicano un affollamento dello spazio circostante la Terra che non ha ovviamente precedenti nella storia", introduce Ortolani.

L'impatto diretto è soprattutto visivo. "Questi satelliti, proprio per le loro orbite basse e quindi la vicinanza alla superficie della Terra, sono facilmente visibili anche in gruppi. Sono però identificabili nel tempo e nello spazio, abbiamo le coordinate, abbiamo le orbite. Gli astronomi sono quindi in grado di fare delle previsioni abbastanza precise sia dal punto di vista statistico che da quello puntuale. Possiamo sapere dove sono e possiamo evitare di confonderli con altri fenomeni di origine naturale. Questo però implica un lavoro che può essere anche molto oneroso. Non è tanto difficile distinguerli da altri oggetti della sfera celeste dell’universo lontano ma è più complicato distinguerli da oggetti vicini come asteroidi o comete che hanno un moto sulla sfera celeste", continua il docente del dipartimento di Fisica e astronomia dell'università di Padova.

Date le difficoltà di osservare il cielo senza i disturbi dalle tracce dei tanti oggetti in orbita, l'Unione astronomica internazionale (l’organizzazione che unisce le società astronomiche del mondo, contando 12.000 astronomi da 90 Paesi) si sta preparando a mettere online una mappa che permetta di conoscere in tempo reale i movimenti dei satelliti affinché gli astronomi possano puntare i telescopi nelle zone libere da intrusi. 

C'è poi il problema delle immagini alterate dalle strisce lasciate da questi oggetti. "Questo dipende dal campo di osservazione dei telescopi e quindi dal tipo di ricerca e dal tipo di strumenti usati. Quanto più grande è il campo tanto più le immagini, anche realizzate da attrezzature professionali, vengono inevitabilmente danneggiate", spiega il professor Ortolani. 

"Il caso in cui un’immagine venga irrimediabilmente compromessa, cioè che non si possa risalire ai dati delle osservazioni che si devono fare, è estremamente raro", rassicura il docente precisando però che l'effetto dei satelliti non è irrilevante.

Ortolani chiarisce più nel dettaglio questo punto. "Gli astronomi sanno effettuare le sistemazioni necessarie perché si tratta di correggere fenomeni che in parte a noi sono già conosciuti, come nel caso di scie lasciate da raggi cosmici, asteroidi, eventi di radioattività locale o difetti degli strumenti. Sappiamo discernere questi eventi esterni rispetto agli oggetti che dobbiamo osservare. In alcuni casi il lavoro può essere però estremamente impegnativo".

A risentirne maggiormente saranno strumenti come il telescopio dell'Osservatorio Vera C. Rubin, in Cile, che dovrebbe essere operativo a partire dal 2023 e sul quale ci sono molte aspettative rispetto alla possibilità che arrivi a fornire contributi determinanti allo studio dell’energia e della materia oscura. Uno studio ha però già avvertito che quasi un terzo di tutte le immagini catturate ogni notte dallo strumento conterrà almeno una traccia dei satelliti. 

E l'impatto è tangibile anche sulle attrezzature già in funzione. "Circa il 7-8% delle immagini di Hubble Space Telescope ​​​​​​è contaminato da questi oggetti e si ritiene che nel prossimo futuro questo valore possa anche raddoppiare", afferma al riguardo il professor Ortolani.

Orbite trafficate e detriti in aumento

Assieme ai satelliti funzionanti corrono nello spazio detriti e rottami di varie dimensioni: le stime parlano di circa 20 mila oggetti più grandi di dieci centimetri (gli unici ad essere monitorati) ma si ritiene che i "rifiuti" di dimensioni minori siano addirittura 130 milioni. 

"Bisognerà poi porsi il problema che diversi di questi oggetti a un certo punto possano decadere e lasciare dei detriti all’interno della nostra atmosfera. Non solo: potranno anche costituire un ostacolo al lancio di ulteriori satelliti. Lo spazio intorno alla Terra, soprattutto alle orbite basse, è pesantemente affollato di detriti e di satelliti e possono esserci incidenti. Questo è un problema molto serio, anche se esula dall’ambito astronomico", commenta Ortolani.

L'inquinamento luminoso di origine terrestre

L’astronomia - precisa però Ortolani - non viene distrutta dalla presenza di questi satelliti che "possono anche rappresentare un vantaggio per alcune attività umane e vanno dunque discussi attraverso un bilancio di costi e benefici. Quello che costituisce veramente una grave limitazione all’astronomia è l’inquinamento luminoso che può arrivare a impedire le osservazioni astronomiche. Lo spazio intorno a noi si restringe progressivamente all’aumentare dell’inquinamento luminoso ed esistono pochissimi posti al mondo dove questo aumento non avviene".

Il cielo è un bene di tutti e va tutelato

Il professor Ortolani conclude con una riflessione di più ampio respiro: il cielo stellato è un patrimonio e deve essere tutelato. Le megacostellazioni di satelliti finiscono invece per alterarlo e sono una contaminazione che denota la nostra presenza nella natura e nello spazio. Dello stesso avviso è Roberto Trotta, docente di Astrostatistics all’Imperial College di Londra e responsabile del nuovo gruppo di lavoro in scienza e teoria dei dati presso la SISSA di Trieste, che al tema ha dedicato anche una pièce teatrale, intitolata Libra, che sta girando l'Italia. "Con il cielo stellato rischiamo di perdere uno degli ultimi spazi naturali rimasti, l’ultima frontiera dell’inquinamento dopo aver distrutto le foreste, avvelenato i mari e i fiumi, desertificato le terre", ha spiegato lo stesso Trotta a Il Bo Live.

"Siamo in un momento storico senza precedenti per l’esplorazione dello spazio e dell’universo perché abbiamo mezzi a disposizione sempre più potenti ed efficaci. Quasi tutti i giorni vediamo nuove immagini spettacolari e nuovi risultati di grande interesse. Non dobbiamo porci di traverso al progresso tecnologico e scientifico perché ci permette di aprire la nostra mente a nuovi orizzonti che è sempre una cosa positiva. Quello che è importante però è che non siano soltanto gli scienziati professionali a usufruire della possibilità di indagare in questo mondo sconosciuto ma che anche il cittadino comune possa godere della bellezza della natura, del fascino del cosmo, poter vedere il cielo stellato naturale. E’ come se fosse un museo e dobbiamo avere cura di questo", conclude Sergio Ortolani.

Il museo è qualcosa che ispira dei sentimenti, delle emozioni e delle curiosità. Altrettanto il cielo stellato visibile ad occhio nudo da un comune cittadino deve essere preservato: fa parte dei tesori che la natura lascia all’umanità Sergio Ortolani

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