CULTURA

La scure della censura, tra pirateria e legittima divulgazione

La notizia ha fatto il giro del web: in Italia è stato oscurato Progetto Gutenberg, un sito che era una sorta di biblioteca digitale in cui venivano raccolti tutti quei libri che non erano protetti dal diritto d'autore, perché non lo erano mai stati o perché questo diritto era decaduto.
Ora il sito è sotto sequestro preventivo, tra lo sdegno degli utenti e l'apprezzamento di AIE (Associazione Italiana Editori). Le motivazioni dell'oscuramento non sono ancora chiarissime, tanto che su twitter il CEO stesso esprime perplessità.

Secondo TheSubmarine, il PG è finito nel fuoco incrociato tra la Guardia di Finanza e i gruppi Telegram che condividevano illegalmente interi quotidiani. In questi gruppi venivano menzionati siti dove trovare prodotti editoriali gratuiti, la maggior parte illegali, e molti facevano quindi riferimento a PG, che però non sarebbe dovuto entrare nel calderone, visto che non diffondeva ebook protetti da copyright. La motivazione ufficiale del sequestro non è stata chiarita nel decreto cui si fa riferimento, ma oltre all'ipotesi di un errore grossolano (lo linkano su Telegram -> ci sono libri -> il materiale è illegale) esiste anche la possibilità che sia stata pubblicata qualche opera in pubblico dominio in USA (dove ha sede PG), ma non ancora in Italia (secondo la ricostruzione di Maurizio Codogno, sarebbero i libri di Sibilla Aleramo e Massimo Bontempelli). La stessa cosa è già successa in Germania, perché le regole americane per i libri pubblicati prima del 1978 sono diverse da quelle europee.

In questo caso, però, si concretizzerebbe un'ipotesi che l'Osservatorio sulla censura dell’AIB (Associazione Italiana Biblioteche) aveva già paventato: la rigida osservanza delle norme sul copyright rischia di andare a ledere le libertà del singolo (in questo caso quella di accedere a contenuti di valore culturale perfettamente legali). In aggiunta, c'è da dire che, se il problema erano alcuni testi specifici, tecnicamente era possibile oscurare solo quella parte del sito. Sicuramente è mancata la volontà di dialogo tra le autorità e i volontari di PG (ricordiamo infatti che parliamo di un'organizzazione no profit), e questo può sicuramente giustificare l'ira degli utenti, tanto più visto che la finalità del progetto è quella di "incoraggiare la creazione e distribuzione degli ebook, aiutare ad abbattere la gabbia dell'ignoranza e dell'analfabetismo, distribuendo quanti più ebook a quante più persone possibile".

La questione, comunque, è molto più ampia: esiste, in questo e in altri casi, un conflitto tra diritto d'autore e libertà di accesso alla conoscenza? Nel caso di PG è evidente quanto il primo abbia avuto il sopravvento sul secondo, ma parliamo anche dei siti che diffondevano illegalmente quotidiani, e il cui sequestro è naturalmente giustificato. Claudio Riva, sociologo dei media e presidente della triennale in scienze sociologiche a Padova, non è ottimista sull'efficacia dell'oscuramento: "La centralità dei giornali è stata resa visibile dall’affaireTelegram. Il paradosso è che, con l’avvento del digitale, da un lato si assiste alla diminuzione (crollo?) delle vendite e alla chiusura delle edicole e a un tempo di lettura dei quotidiani eroso dalle continue richieste di attenzione che vengono dagli altri contenuti digitali di intrattenimento. Dall’altro, il flusso di informazioni cui possiamo accedere tramite smartphone è enorme e l’attenzione alla qualità delle informazioni è crescente. La risposta ai gruppi Telegram, attualmente, è di tipo repressivo e i canali vengono da qualche tempo bloccati, ma è lecito chiedersi se esista un'alternativa."

E di un'alternativa ci sarebbe davvero bisogno, visto che per un gruppo che viene chiuso dalle autorità ne aprono altri due: " A me piacerebbe - continua Riva - che si pensasse a una sorta di Netflix dei quotidiani, una piattaforma che permetta agli utenti di accedere a un’ampia offerta di giornali e riviste attraverso il pagamento di un canone fisso mensile con una formula stile all you can read. Il pubblico sarebbe più ampio di quello ora coinvolto dagli abbonati alle edizioni digitali di ciascun quotidiano o rivista. Ovviamente bisognerebbe analizzare attentamente la questione economica, per evitare che i giornali compensino la mancanza di introiti dovuti alla percentuale da lasciare alla piattaforma con l'ulteriore abbassamento del compenso dei giornalisti, spesso già sotto i limiti della decenza, in particolare per le figure più giovani e precarie. Al centro, vi sarebbe evidentemente una diversa gestione dei finanziamenti pubblici ai media e degli spazi pubblicitari, con gli inserzionisti che si andrebbero a legare meno ai singoli prodotti/testate e, invece, di più al valore complessivo dell’offerta giornalistica e del brand della piattaforma. Ricordiamo però che il modello attuale vede fatturato e pubblicità delle testate tradizionali da anni in drastico calo".

In un'ottica del genere, diventa ancora più importante mantenere la qualità dell'informazione: "Dove per qualità - continua Riva - dovremmo intendere non solo la quantità e varietà di newsmedia disponibili, ma anche l’efficienza del servizio, in modo che i contenuti siano messi a disposizione di una user experience che sia anch’essa di qualità. Come hanno dimostrato le piattaforme per film e serie tv, sono proprio le possibilità di guadagno alternative offerte dalla distribuzione online e dalle sinergie con le piattaforme ad aver innalzato la qualità complessiva dell’offerta televisiva, poiché permettono di correre maggiori rischi con la sperimentazione narrativa e stilistica. C’è la sensazione che vi sia bisogno di un nuovo modello di distribuzione dell’informazione e, come accaduto per la musica, i film e le serie tv, le piattaforme potrebbero essere un’opzione".

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012