SCIENZA E RICERCA

La sintassi dell’azione. Basi neurali comuni per alcune abilità linguistiche e manuali

Imparare a maneggiare con scioltezza uno strumento da lavoro o un oggetto in generale potrebbe migliorare anche la nostra capacità di comprendere frasi particolarmente complesse dal punto di vista sintattico, e viceversa. Secondo un recente studio, da poco pubblicato su Science, ci sono alcune aree del cervello che sembrano essere associate allo sviluppo sia delle abilità linguistiche sia di quelle manuali. Come spiegano gli autori, infatti, l’uso di strumenti e la padronanza della sintassi nel linguaggio sono entrambi tratti caratteristici dell'evoluzione umana che richiedono complesse funzioni cognitive.

Lo studio è stato coordinato da Claudio Brozzoli, ricercatore al Neuroscience research center di Lione, che ha raccontato a Il Bo Live come è stata ideata e realizzata la ricerca.

“Per molto tempo, le teorie che cercavano di spiegare l’origine del linguaggio non sono state in grado di dare risposte soddisfacenti”, racconta Brozzoli. “La visione dominante prevedeva che il linguaggio fosse emerso dopo una mutazione evolutiva macroscopica e improvvisa. Naturalmente, è improbabile che sia andata così. Negli ultimi vent’anni, infatti, i risultati della ricerca sembrano supportare un’altra teoria, quella della embodied cognition, secondo la quale il linguaggio potrebbe essere associato a funzioni sensomotorie che un tempo si credeva fossero legate a capacità cognitive meno complesse. C’è stata quindi una rivalutazione dei circuiti sensomotori e della loro partecipazione alle funzioni cognitive di alto livello, come il linguaggio.

Questa teoria è stata ampiamente corroborata nel corso della ricerca scientifica soprattutto per quanto riguarda lo studio di alcune proprietà del linguaggio, come ad esempio la fonologia e la semantica, che consiste nell’accesso al significato delle parole. La sintassi, invece, è stata a lungo considerata come una capacità linguistica emersa separatamente dalle altre funzioni cerebrali. Eppure, alcune ricerche supportano l’ipotesi secondo la quale anche la sintassi potrebbe essere radicata nei circuiti sensomotori. Ci sono infatti risultati sperimentali che suggeriscono che l’utilizzo funzionale di oggetti e strumenti durante l’età dello sviluppo sia correlato alla composizione di frasi che presentano una forma primordiale di sintassi.

Inoltre, grazie agli studi che indagano il comportamento motorio, sappiamo che anche un'azione molto semplice, come quella di prendere un bicchiere per bere, si compone in realtà di diversi gesti che devono susseguirsi nel tempo in un ordine ben preciso: il trasporto della mano verso il bicchiere, ad esempio, deve precedere la pressione delle dita attorno ad esso, altrimenti non si riuscirebbe ad afferrarlo. È in questo senso, quindi, che si può parlare di una sintassi del sistema motorio, o sintassi dell'azione”.

Per capire cosa si intenda con questa espressione, immaginiamo i due gesti appena descritti, che si susseguono nell’azione di afferrare il bicchiere, come se fossero due brevi frasi che per avere senso devono legarsi nel modo giusto e secondo una gerarchia ben precisa.

L'intervista completa a Claudio Brozzoli. Montaggio di Elisa Speronello

"In un lavoro del 2019 abbiamo poi mostrato l’esistenza di una correlazione comportamentale tra l’utilizzo della sintassi nel linguaggio e la sintassi dell’azione associata all’uso di strumenti in alcuni partecipanti adulti", continua Brozzoli. "In quell’occasione abbiamo potuto osservare che i soggetti che si dimostravano particolarmente in grado di utilizzare uno strumento per spostare dei piccoli oggetti e manipolarli erano anche quelli più capaci di costruire delle frasi sintatticamente complesse.

D’altronde, sappiamo che nel momento in cui si utilizza uno strumento, questo viene in un certo senso “integrato” nel corpo, come se diventasse una sua estensione. Vediamo allora altre somiglianze con la sintassi linguistica: c’è infatti una componente subordinata (lo strumento), che viene inserita in una principale (il corpo).

Questi risultati ci hanno spinti a ipotizzare che la capacità di integrare uno strumento nel proprio sistema motorio e quella di comprendere la sintassi nel linguaggio si basassero su alcuni meccanismi cognitivi comuni. Questa tesi sollevava un ulteriore interrogativo: se esistono delle risorse neurali in comune tra queste due abilità, allenarne una aiuta a migliorare anche l’altra?”

Per trovare risposta ai loro interrogativi, Brozzoli e il suo team di ricerca hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale in una serie di esperimenti che hanno coinvolto un totale di 244 volontari di madrelingua francese.

“Il primo dei nostri esperimenti aveva l’obiettivo di verificare l’esistenza di una funzione cognitiva comune tra l’uso del linguaggio e le abilità manuali”, spiega il ricercatore. “Abbiamo perciò chiesto ai nostri partecipanti di svolgere un compito manuale, che consisteva nello spostare alcuni chiodini da una parte all’altra di un tavolo utilizzando una pinza lunga circa 30 cm. Per essere sicuri di identificare le aree del cervello specificatamente coinvolte nell’utilizzo dello strumento, che abbiamo scoperto essere quelle premotorie situate nei gangli della base e quelle parietali, abbiamo eseguito anche un esperimento di controllo in cui veniva richiesto alle persone di portare a termine il compito a mani nude, senza usare la pinza.

Dopodiché abbiamo sottoposto i nostri partecipanti a un test linguistico: dovevano leggere frasi sintatticamente complesse e dimostrare di averne compreso il senso. Sappiamo, infatti, che le frasi che contengono subordinate relative al complemento oggetto, del tipo: Il vigile che la passante ha fermato dà un’informazione, sono più difficili da comprendere rispetto a quelle che contengono una subordinata relativa al soggetto, come ad esempio: La passante che ha fermato il vigile chiede un’informazione.

Abbiamo osservato che le zone del cervello che si attivavano durante il compito sintattico erano quelle premotorie, in particolare quella conosciuta come area di Broca e, anche in questo caso, i gangli della base, che mostravano dei pattern di attivazione simili sia durante il comportamento linguistico sia durante quello manuale con lo strumento”.

Avendo quindi dimostrato l’esistenza di alcune risorse neurali comuni tra la comprensione della sintassi linguistica e l’uso dello strumento, gli autori si sono domandati se un training motorio migliorasse anche la performance linguistica, e viceversa.

“Abbiamo osservato che le persone che si erano allenate con lo strumento per circa 30 minuti riuscivano a portare a termine il compito sintattico con risultati mediamente migliori”, conferma Brozzoli. “Questo non succedeva, invece, a chi si era allenato a svolgere il compito a mani nude, senza lo strumento.

Allo stesso modo, abbiamo chiesto a un altro gruppo di partecipanti di allenarsi nella comprensione di frasi complesse dal punto di vista sintattico per vedere se il training linguistico potesse influenzare la capacità di maneggiare lo strumento. Anche in questo caso la nostra ipotesi è stata confermata e ci ha permesso di dimostrare l’esistenza di un transfer bidirezionale dell'apprendimento basato su alcune risorse neurali associate sia al comportamento manuale sia a quello linguistico”.

I risultati raggiunti da Brozzoli e coautori aprono degli scenari interessanti per la ricerca futura. Ad esempio, resta tutto da scoprire se sia possibile sfruttare i circuiti sensomotori per potenziare le abilità sintattiche delle persone con problemi associati all’uso del linguaggio o di coloro che cercano di apprendere una nuova lingua.

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