Il 15 agosto di ogni anno il Ministero dell’Interno convoca una conferenza stampa per illustrare un riassunto delle attività svolta durante l’anno. Anche nel 2024 il ministro Piantedosi non ha mancato l’appuntamento e, come di consueto, è stato rilasciato un dossier con dati e approfondimenti su tali attività.
Si parla di sicurezza, di organici delle forze dell’ordine, di criminalità organizzata e si parla anche di immigrazione. Dal 1 gennaio al 31 luglio 2024 in Italia sono giunte via mare 33.480 persone che si sommano alle 29.196 giunte dalla tratta occidentale, quindi sbarcate in Spagna, e le 29.673 arrivate in Grecia. Un totale di 92.389 persone che in sette mesi sono arrivate in Europa.
In questo dossier ferragostano si nota un cambiamento nella gestione dei dati. Le persone sbarcate sulle coste italiane infatti sono state conteggiate non più dal 1 agosto dell’anno precedente, bensì dal 1 gennaio dell’anno in corso. Motivo per cui bisogna leggere il grafico sottostante con questa grande postilla.
Il report del Ministero dell’Interno poi fa notare come siano stati più di 50 mila, e per la precisione 58.578 i migranti bloccati in Tunisia e Libia fino al luglio 2024. In tutto il 2023 erano stati 93.346. La gran parte di questi sono stati bloccati dalla Tunisia (46.030), i restanti dalla Libia (12.548).
Numeri, freddi numeri che non raccontano come, dove e con che modalità sono avvenuti questi fermi. Il ministro Piantedosi durante i 14 minuti della presentazione del dossier ne dedica sei alle questioni migratorie, soffermandosi inizialmente proprio sugli accordi che hanno appunto permesso il blocco di quasi 60 mila migranti che avrebbero voluto raggiungere le coste europee.
I rimpatri poi sono stati 3.079 che, rispetto allo stesso periodo del 2022, significano un aumento del +54,8%, mentre rispetto al 2023 del +19,71%.
“Importanti risultati sono stati raggiunti sul fronte del contrasto all’immigrazione irregolare - ha dichiarato il Ministro - grazie ad una articolata strategia che ha visto, in particolare, il rafforzamento della collaborazione con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori: accanto al tradizionale supporto per rafforzarne la capacità operativa e di controllo delle frontiere marittime e terrestri, abbiamo affiancato anche importanti investimenti su quei territori. Solo quest’anno è stata impedita la partenza di quasi 60mila migranti dalle coste di Libia e Tunisia, Paesi dai quali peraltro, con il sostegno delle organizzazioni internazionali, oltre 9mila migranti solo negli ultimi 6 mesi hanno beneficiato di rimpatri volontari assistiti”.
“Una strategia a 360 gradi - continua il Ministro - che quest’anno ha portato ad una riduzione degli sbarchi sulle nostre coste di oltre il 62% rispetto al 2023, a fronte di un aumento degli arrivi superiore al 150% lungo la rotta del Mediterraneo Occidentale e del 57% su quella Orientale. Particolarmente significativo è quanto avvenuto a Lampedusa dove nei primi 7 mesi di quest’anno sono arrivati 21mila migranti, pari a meno 64% rispetto allo stesso periodo del 2023 quando erano stati ben 58mila”.
Né sbarcati, né rimpatriati
Ciò che ci sentiamo d’aggiungere noi è il numero di persone che in mare hanno perso la vita. Abbiamo detto che solamente nel 2024 sono sbarcati in Europa più di 92 mila migranti attraverso quello che definiamo mare nostrum. Un mare che in sette mesi ha visto 1.320 cadaveri.
È questo il numero dei migranti morti o dispersi nel mar Mediterraneo, un dato che è ancora più sconvolgente se lo si vede raggruppato in ciò che è successo negli ultimi dieci anni. Le persone morte o disperse nel nostro mare dal 2014 ad oggi (22 agosto 2024) sono state 30.224. È come se una piccola cittadina italiana fosse sparita nelle acque dove in questo periodo noi “fortunati” passiamo le vacanze.
Soffermiamoci però al 2024, anno in cui, nei suoi primi sette mesi e mezzo, sono morte 1.320 persone. 1.026 di queste sono decedute o risultano disperse nella tratta del Mediterraneo centrale, quella cioè che porta in Italia. 821 persone sono morte per affogamento, 157 per cause non note, 61 per mancanza di cibo o acqua, 5 per incidente e due per essere troppo debilitate. Più di 50 erano bambini. Purtroppo sono freddi numeri anche questi.
Come ha dichiarato anche il Centro Astalli, “i dati restituiscono una situazione preoccupante per i richiedenti asilo e rifugiati. Se da una parte si registra un aumento delle richieste di protezione internazionale 98.353 (+35,73%) dall’altra i numeri confermano la stretta sul diritto di asilo negato. Nei primi 7 mesi dell’anno sono state 51.797 (+61,30%) le domande esaminate dalle Commissioni territoriali, con esiti diversi: a 3.522 persone (+17,9%) è stato riconosciuto lo status di rifugiato, a 5.905 (+58,5%) la protezione sussidiaria, 32.011 (+91,7%) i dinieghi, sostanzialmente raddoppiati. Preoccupano anche i numeri delle cessazioni (305, +952%) o revoche (145, +104%), per un totale di 644 (+65%), con una conseguente diminuzione delle conferme delle protezioni -33% (194 in totale), e il numero degli avvii del procedimento di cessazione/revoca 1.535 (+1625%)”.
Questi sono degli effetti del Decreto Cutro che prevede che i permessi di protezione internazionale in scadenza non possano essere tramutati in permessi di lavoro”.