SOCIETÀ

A un anno da Cutro si continua a morire nel mar Mediterraneo

63.279 persone morte negli ultimi dieci anni, 29mila di queste solo in quello che viene definito il Mare Nostrum. Quando parliamo di migrazioni, di tutte le migrazioni, dobbiamo partire da questi dati. Il tema è polarizzante lo sappiamo, ma lo è per colpa di una politica che sulla pelle delle persone ci fa propaganda. Partiamo dal dato che ci riguarda più da vicino, visto che il mar Mediterraneo è il nostro mare, nostro inteso come cittadini italiani ed europei.

29.087 persone morte o disperse in meno di dieci anni nelle acque che solitamente ci vedono andare in vacanza spensierati sono un bollettino tragico, soprattutto se si ha la consapevolezza che molte di queste sarebbero state evitabili. Lo diciamo a poco più di un anno di distanza da una delle tragedie più terribili della storia delle migrazioni verso l’Europa. Era il 26 febbraio 2023 quando un'imbarcazione partita dalla Turchia si è spezzata in due, a pochi metri dalla riva di Cutro, in provincia di Crotone. Quell’imbarcazione aveva a bordo circa 200 persone. 118 esseri umani quel giorno sono morti a pochi metri dalle nostre coste, morti nonostante le autorità italiane fossero a conoscenza della presenza del caicco. Sulle responsabilità farà chiarezza la magistratura ma 118 persone, di cui 30 minorenni, ora non ci sono più.

 

 

La chiamiamo tragedia ma forse la parola più appropriata dovrebbe essere strage. Una strage che non è nemmeno la peggiore degli ultimi dieci anni. La prima, quella che ha sconvolto l’opinione pubblica e la politica, quella che avrebbe dovuto cambiare tutto ma di cui probabilmente già non ci ricordiamo più è accaduta nel 2013. La vogliamo riportare alla luce con l’incipit del libro ‘Naufraghi senza volto’, scritto da Cristina Cattaneo, edito nel 2018 da Raffaello Cortina Editore e vincitore del Premio Galileo 2019.

“La notte del 3 ottobre 2013, intorno alle 4.30, un’imbarcazione si rovesciò al largo dell’Isola dei Conigli, a Lampedusa. Portava un carico di circa 400 persone, quasi tutte di origine eritrea. Furono recuperati 366 cadaveri. Le vittime dei barconi non erano certo una novità, ma questo disastro scosse le coscienze più di tutti gli altri casi. Da qui nacque l’operazione ‘Mare Nostrum’, e da lì si iniziò, seppur molto lentamente, a pensare ai loro morti come ai nostri”.

A rileggere queste parole più di dieci anni dopo è chiaro l’immobilismo della politica su questo tema, sicuramente complesso e polarizzante ma che dovrebbe essere estremamente umano. Piangiamo giustamente i morti dell’invasione russa in Ucraina, ma dobbiamo sapere che, a due anni dall’inizio della guerra, questi sono poco più di 10 mila, con più di 20 mila feriti. A parlare di numeri in questi casi si rischia la spersonalizzazione, ma mettere nero su bianco questi dati fa capire la grandezza di ciò di cui stiamo parlando. E diciamo questo consapevoli che quelli della guerra russa non possono essere certi e convalidati, derivano da una missione di monitoraggio delle Nazioni Unite in Ucraina. 

Ma d’altronde anche quando parliamo di persone disperse nel mar Mediterraneo facciamo riferimento a delle stime, che si presume siano il più certe possibile ma non per tutti gli incidenti purtroppo è così.

Se il 2013 ha visto la tragedia dell’Isola dei Conigli come fatto più grave, il 2014 purtroppo non è stato da meno. Solamente ad inizio settembre infatti sono morte in diverse situazioni quasi 800 persone. 500 di queste vicino le coste maltesi, annegate dopo che la loro imbarcazione è stata speronata. Gli anni peggiori per quanto riguarda le morti in mare però sono stati il 2015 ed il 2016. Nel 2015 sono morte o disperse 4.055 persone, alcune di queste in tragedie di cui non avremo mai dei dati precisi. La più grande è accaduta il 18 aprile, quando un'imbarcazione con a bordo tra le 700 e le 950 persone si è rovesciata a circa 110 miglia a sud di Lampedusa. Sopravvissero soltanto in 28. 

 

 

Un’altra grande strage è accaduta il 21 settembre 2016 quando una barca è affondata al largo della costa egiziana con circa 600 migranti a bordo. Sono stati recuperati 204 corpi, tra cui almeno 30 bambini, e circa 160 persone sono state salvate. Anche in questo caso, come spesso accade, non avremo mai un numero preciso dei morti. Per questo abbiamo scelto di unire i dati del numero dei morti a quello dei dispersi. Essere disperso nel mare significa svanire per sempre, scomparire da questo mondo e diventare un freddo numero che si aggiunge ad altri numeri che dietro di loro hanno storie tragicamente simili.

 

 

E poi arriviamo a Cutro, quella che però non è l’ultima tragedia di cui possiamo parlare. Solo nei primi due mesi del 2024 sono morte 209 persone, cioè quasi 4 al giorno. Sono morti evitabili? È questa la domanda che dobbiamo porci. La risposta è da ricercare in un mare di propaganda e disumanità.

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