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Se qualcosa può andare storto, lo farà. Si tratta di una delle declinazioni più semplici e famose della legge di Murphy. Proposta nel 1949 dall’ingegnere americano Edward Aloysius Murphy, questa ironica filosofia di vita si basa sul presupposto secondo il quale gli imprevisti siano destinati ad accadere nel peggior momento possibile. La televisione si romperà, ad esempio, proprio mentre stai guardando il tuo programma preferito. E un temporale improvviso si scatenerà proprio nell’unico giorno in cui hai dimenticato l’ombrello a casa. Sei un pendolare? Il tuo treno arriverà sempre in ritardo, tranne l’unica volta in cui sei in ritardo tu.
Naturalmente non stiamo parlando di una vera legge matematica, ma di una teoria scherzosa, ironica, priva di fondamento scientifico. Non esiste alcun valido motivo per credere che se usciamo senza ombrello ci sarà una probabilità più alta che piova – come se l’azione individuale di un singolo potesse influenzare il meteo – né che il nostro treno sarà sicuramente in ritardo, a meno che non lo siamo noi. Eppure, un po’ per superstizione, un po’ per “riderci su”, capita di sentire persone (e magari lo facciamo anche noi, perché no!) che – più o meno seriamente – riconducono alcuni eventi sfortunati alla legge di Murphy. Quali circostanze esterne e quali processi mentali ci spingono a credere che gli eventi tendano a svolgersi a nostro svantaggio e che – come recita uno dei più famosi enunciati derivati dalla legge di Murphy – se una fetta di pane con la marmellata cade sul pavimento, atterrerà sempre dalla parte della marmellata?
“La legge di Murphy è una variazione scherzosa del cosiddetto pensiero magico”, spiega Massimo Polidoro, giornalista, divulgatore scientifico e tra i fondatori del Cicap, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze. “Il pensiero magico è la convinzione che esistano dei collegamenti misteriosi che influenzano il corso degli eventi a nostro vantaggio o svantaggio. Questa credenza deriva dalla tendenza umana a notare le coincidenze significative, sia quelle positive, sia quelle negative (come nel caso della legge di Murphy). In altre parole, facciamo più caso agli eventi che hanno poche probabilità di accadere, come una vittoria al Totocalcio o all’Enalotto, ad esempio, oppure un incontro casuale con una persona che abbiamo sognato la notte precedente. Simili fenomeni ci colpiscono proprio per la loro improbabilità. Al contrario, ogni volta che incontriamo qualcuno che non abbiamo sognato o la fetta di pane non cade sul pavimento dal lato della marmellata, non ci facciamo caso e ce ne dimentichiamo immediatamente.
Quando invece accade esattamente ciò che non ci aspettiamo, allora ci sembra straordinario e ce lo ricordiamo per molto tempo. Il nostro meccanismo di selezione dei ricordi tende a conservare gli eventi che ci colpiscono, nel tentativo di dare un senso alla realtà. Si tratta di un’abitudine tipicamente umana: cerchiamo sempre di attribuire un significato alle cose che accadono, sebbene talvolta le spiegazioni che troviamo sono solo frutto della nostra fantasia, non giustificate da alcun evento reale. Esse, però, servono ad alleviare il senso d'ansia che deriva dall’incertezza che ci circonda”.
L'intervista completa a Massimo Polidoro. Servizio e montaggio di Federica D'Auria
L’eventuale fiducia che riponiamo nella legge di Murphy può avere anche a che fare con il cosiddetto bias di conferma, ovvero con la nostra tendenza a dare peso solo agli eventi e ai fatti che confermano le opinioni che già abbiamo, scartando quelli che potrebbero confutarle. Ad esempio, se siamo convinti sostenitori della legge di Murphy, faremo caso solo ai giorni in cui noi siamo in ritardo e il treno è in orario o viceversa, oppure alle volte in cui il pane cade dalla parte della marmellata. Eppure – a meno che il nostro nome sia Paolino Paperino! – capita di prendere il treno e di fare colazione senza che nulla vada storto. Perché, allora, le volte in cui gli eventi vanno per il verso giusto non bastano a farci cambiare idea riguardo all’esistenza della legge di Murphy?
“Non bastano proprio perché sono gli eventi significativi che ci colpiscono, non quelli banali e quotidiani che si verificano normalmente e che non hanno alcun impatto sulla nostra giornata”, spiega Polidoro. “Perciò, tendiamo a notare i fatti eccezionali, benché rarissimi, invece di quelli ordinari, che sono molto più numerosi. Il bias di conferma, in questo senso, rafforza la nostra tendenza a focalizzarci su ciò che conferma la nostra idea (l’esistenza della legge di Murphy) e a rifiutare la montagna di prove che potrebbe smentirla”.
Inoltre, è molto più immediato affidarci a una spiegazione semplice – per quanto paradossale – come la legge di Murphy, che mettere alla prova l’esistenza di tale teoria con metodo scientifico. “Bisognerebbe innanzitutto scegliere quali sono i fenomeni che si desidera esaminare nello specifico”, osserva Polidoro. “Naturalmente non è possibile immaginare tutte le circostanze in cui si può scatenare la legge di Murphy. Se scegliessimo, ad esempio, di testare l’esistenza di questa regola sul toast con la marmellata che cade a terra sempre dallo stesso lato, dovremmo munirci di carta e penna ogni volta che facciamo colazione e registrare quello che accade, annotando ogni giorno se il toast è effettivamente caduto e, in quel caso, da che lato. Però, per ottenere risultati statisticamente rilevanti non basterebbe monitorare le nostre colazioni per una decina di giorni, ma per uno o due anni almeno. Potremmo sfatare la legge di Murphy se in settecento giorni notassimo che il toast è caduto circa una decina di volte; due, tre o cinque delle quali con la marmellata che toccava il pavimento. Certo, potrebbe anche accadere che nove volte su dieci il toast atterra dal lato della marmellata”.
In quel caso, il risultato sarebbe alquanto interessante, ma riconducibile comunque alle leggi della fisica, piuttosto che a quella di Murphy, come emerge da uno studio pubblicato su Annals of Improbable Research, una rivista scientifica umoristica che raccoglie ricerche e articoli su temi insoliti, divertenti o apparentemente improbabili.
Resta da capire, infine, se esista un modo per liberarsi della legge di Murphy (sempre che lo si voglia fare) nel tentativo di diventare persone più razionali e meno inclini a cadere nei tranelli delle pseudoscienze o delle credenze superstiziose.
“Non è così semplice riuscire a liberarsi di una credenza, soprattutto se essa è particolarmente radicata”, riflette Polidoro. Può rivelarsi utile, da questo punto di vista, imparare qualcosa in merito ai processi cognitivi alla base della formazione delle nostre conoscenze e convinzioni. “Quando iniziamo a conoscere le modalità attraverso le quali nascono le nostre credenze, specialmente quelle infondate, allora diventa più facile abbandonarle”, spiega il divulgatore. “In quanto esseri umani, è molto difficile liberarci completamente di alcuni atteggiamenti che per noi sono spontanei, come la tendenza a saltare alle conclusioni anche in mancanza di prove. Tuttavia, credo che la cultura e la conoscenza possano aiutarci. Si tratta di un lavoro da fare su noi stessi che richiede uno sforzo in più, ma rappresenta una bella sfida per chiunque desideri diventare più padrone delle proprie capacità di ragionamento”.