SOCIETÀ
Studiare e resistere: Egidio Meneghetti, Paola Zancan e la lotta partigiana

Paola Zancan. Roma, Università di Tor Vergata, Dipartimento di Studi letterari, filosofici e di storia dell'arte, Fondo Paola Zancan Ferrabino
Figura centrale nella storia dell’Ateneo patavino e della Resistenza italiana, Egidio Meneghetti fu scienziato, poeta e patriota, protagonista di un percorso che lo portò dagli ideali risorgimentali all’impegno nel Partito d’Azione e alla fondazione del CLN veneto. Per lungo tempo però su di lui è calato un silenzio profondo — lo stesso che egli aveva invocato "quale civile commiato e che lo aveva accompagnato dal suo Istituto al rito accademico nel Cortile Antico del Bo". Un silenzio rotto dal saggio, ancora oggi fondamentale, di Chiara Saonara (Egidio Meneghetti scienziato e patriota, combattente per la libertà, Padova, Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea – CLEUP, 2003), che ne ha ricostruito la statura morale, l’impegno politico e la profondità umana.
A partire dal 29 aprile la mostra Lottare per la libertà, resistere a Padova: Egidio Meneghetti, l'Università, la città offrirà un’ulteriore occasione per riscoprire e restituire alla memoria collettiva questa figura di straordinario rilievo, intrecciando la vicenda personale di Meneghetti con la storia dell’Università e della città durante gli anni della Resistenza.
La ricostruzione per parole e immagini della vicenda biografica e intellettuale di Meneghetti permette anche, ora, di restituire luce alla figura di una donna la cui vicenda sembra snodarsi dentro lo spazio stretto fra le figure dei padri, dei fratelli, dei maestri, di suo marito.
Paola Zancan (1907-1987) fu una storica del mondo antico. Era nata il 7 giugno 1907, seconda di otto figli, in una famiglia di medici padovani: fra i suoi fratelli, Lanfranco sarebbe divenuto assistente di Meneghetti, e con lui avrebbe lavorato ad organizzare la Resistenza a Padova e nel Veneto. La vicenda intellettuale e biografica di Paola viene ricostruita ora grazie all’edizione selettiva del suo epistolario curata da Maria Barbara Savo, alla quale si deve un continuo lavoro critico sul lascito Zancan – Ferrabino (Il fondo epistolare Zancan. Uno spaccato della cultura italiana del ’900, a cura di M.B. Savo, Roma, Tored, 2014).

Egidio Meneghetti. Università di Padova - CASREC © Tutti i diritti riservati
Suo maestro, poi marito, fu Aldo Ferrabino, con il quale Paola si era laureata nel 1927 con una tesi su La politica di Themistocle. Dopo un periodo come assistente incaricata, conseguì la libera docenza il 15 dicembre 1934: dal 1934 al 1950 insegnò prima Epigrafia, poi Antichità greche e romane. Aveva concentrato i suoi studi sulla storia politica ateniese, in particolare sull’iscrizione nota come “diagramma di Cirene” (in coerenza con una linea di ricerca ampiamente praticata a Padova, per la storia da Ferrabino e per l’archeologia da Carlo Anti), e sulla struttura giuridica della monarchia ellenistica. La sua consacrazione come studiosa si deve a due monografie (La crisi del principato nell’anno 69 d.C. e Il pensiero di Tito Livio sulla storia romana) apparse nel 1939. Era assai attiva nella vita quotidiana dell’Istituto. Scrivendo a lei, il 28 luglio 1942, Marchesi la definisce “scolara, compagna, animatrice nella dolce esistenza universitaria padovana”, e aggiunge: “Si goda la gran pace dell’estate con tutti i modi che le offre la ricchezza dell’animo suo. Ed io la immagino unica persona viva tra le panche del Liviano” (Savo, p. 121).
Negli anni del ventennio, fascismo e antifascismo si impastano nella storia dell’Università di Padova, e ancor più della Facoltà di Lettere, e questo vale anche per Paola Zancan. Come è documentato nel suo fascicolo personale presso l’Archivio dell’Università di Padova, fu regolarmente iscritta al PnF dal 20 settembre 1933; con Ferrabino, difese Carlo Anti nella vicenda dell’epurazione. Nondimeno, fu Paola a dare ospitalità e rifugio a Concetto Marchesi il 23 novembre 1943, il giorno prima che venisse diffuso il mandato di cattura tedesco contro di lui; proprio a casa Zancan inoltre Marchesi redasse il testo dell’appello agli studenti datato 1° dicembre.
A Meneghetti, Paola Zancan fu legata da una prossimità a un tempo familiare, per il tramite di Lanfranco, e politica. Il 16 dicembre 1943, com’è noto, Meneghetti perse la sua famiglia – sua moglie Maria Spasciani e l’unica figlia Lina – nel bombardamento che colpì la città di Padova. Il 22 dicembre Meneghetti scrive a Paola: la lettera, conservata fra le carte del lascito Zancan – Ferrabino (ora presso l’Università di Roma Tor Vergata), è pubblicata nel saggio di Savo ed esposta in mostra nell’originale. In essa, Meneghetti esprime gratitudine a Paola e alle sue più giovani sorelle (Emanuela e Osanna), che avevano provveduto a comporre e vegliare i corpi di Maria e Lina, per l’amicizia, l’affetto, la sollecitudine che esse gli hanno manifestato nei giorni successivi al bombardamento:

Lettera di Egidio Meneghetti a Paola Zancan. Roma, Università di Tor Vergata, Dipartimento di Studi letterari, filosofici e di storia dell'arte, Fondo Paola Zancan Ferrabino, b. 1943-1946
Cara amica,
in questa profonda tenebra nella quale sono precipitato non vedrei più nulla che mi legasse alla vita se non fosse per l’aiuto e la pietà dell’amicizia. E devo soprattutto questo all’opera Sua, delle Sue sorelle e di Lanfranco. Evidentemente ringraziarLa sarebbe poco o nulla. Ma voglio almeno dirLe che sono ineffabilmente commosso, non solo per quanto hanno fatto, ma per il modo così nobile e silenzioso e pudico. Sieno per sempre benedette le Loro mani; che hanno saputo ridonare ordine e decoro alle povere e sciupate creature; le Loro veglie assidue, le Loro preghiere, la Loro recente offerta e tutte le Loro persone e tutto il Loro avvenire. Mi permetta di baciare le Sue mani pietose e quelle delle Sue sorelle.
Di seguito, con Meneghetti, Paola avrebbe lavorato alla traduzione del libello antinazista Confidenze di Hitler. Il manoscritto della traduzione, nella grafia di Paola Zancan, e il dattiloscritto, fittamente corretto e annotato, si conservano oggi, pur gravemente mutili, presso l’Archivio del Centro di Ateneo per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea dell’Università di Padova; manoscritto e dattiloscritto sono esposti in mostra unitamente alla prima edizione a stampa delle Confidenze.
Le Confidenze di Hitler iniziarono a circolare a Padova nell’agosto del 1944, opportunamente occultate da una sovraccoperta che ne mascherava il contenuto. La sovraccoperta reca il titolo Avventure di Pinocchio: solo di rado essa è conservata insieme con il libro nella prima edizione. Su di essa, la xilografia dello scultore Amleto Sartori rappresenta, in una postura comicamente rigida, il burattino di legno che guarda verso il lettore. Solo la copertina rivela il nome di Hermann Rauschning e, sotto la caricatura di uno Hitler blaterante, il titolo Confidenze di Hitler. Dopo una iniziale adesione al partito nazista, Rauschning ne era uscito nel 1934 ed era rapidamente espatriato. Il suo libro, che contiene i resoconti dei colloqui avuti con Hitler dallo stesso Rauschning, era apparso prima, nel 1939, in Francia (Hitler m’a dit, Paris, Cooperation) e a Londra (Hitler speaks: a series of political conversations with Adolf Hitler on his real aims, Thornton – Butterworth), poi nel 1940 a Zurigo (Gespräche mit Hitler, Europa Verlag, 1940). Meneghetti ne firma la prefazione con la sigla A. F. (Antenore Foresta, il suo nom de guerre). Il volume fu stampato a Padova nella cripta della chiesa di S. Prosdocimo, con la complicità del parroco Antonio Varotto, dal tipografo del Comitato di Liberazione Nazionale regionale veneto Giovanni Zanocco; per la sua attività antifascista Zanocco era stato arrestato una prima volta nel 1943, e sarebbe stato arrestato ancora nel 1945, ad opera delle SS italiane della banda Carità, finendo rinchiuso e seviziato a Palazzo Giusti a Padova.
Fra i suoi allievi, Paola Zancan ebbe Luigi Pierobon, studente di Lettere – ricorda Paola – “nel nostro Liviano, fervido di studi”. Partigiano con il nome di battaglia “Dante”, Pierobon, tradito da una spia, fu catturato dai fascisti, torturato e fucilato in una rappresaglia la sera del 17 agosto 1944, a ventidue anni. Il ricordo di Paola, accorato e affettuoso, è stampato come settimo volume della “Collana della cospirazione”, stampata proprio da Zanocco nel dopoguerra: nello stesso volume è ristampato il manifesto clandestino dettato dalla stessa Zancan all’indomani dell’esecuzione, subito divulgato in migliaia di esemplari dal tipografo antifascista. Il manifesto si chiude con una allocuzione a studenti e colleghi di Università: “Universitari, l’iniquità del carnefice ha consumato il martirio d’uno di noi. [...] Voi sapete da chi è tradita l’Italia”.

Bozzetto di Amleto Sartori per "Pinocchio" (sovracopertina della traduzione italiana del libro di Hermann Rauschning, Confidenze di Hitler), 1944. Università di Padova - CASREC © Tutti i diritti riservati
Il manifesto fu ristampato dopo la fine della guerra, nel 1946, dallo stesso Zanocco (P. Zancan, Luigi Pierobon, Padova, 1946 [rist.]). Con queste parole, nel suo ricordo datato Natale 1945, Zancan ricorda il laureando caduto in battaglia:
Allora venne da me. Mi domandò che gli assegnassi un argomento per una tesi di laurea in Antichità romane; mi chiese anche di poter frequentare l’Istituto di Storia Antica. Parlava modesto e serio. Nei giorni che seguirono lo ricordo là, in quel primo tavolo, nella biblioteca raccolta e severa, intento alle sue ricerche, assiduo e solerte. Ricordo il giorno in cui, partecipando alle esercitazioni del seminario di Antichità, mi espose i primi frutti delle sue fatiche; e come io avessi allora potuto compiacermi del lavoro da lui compiuto, della solida preparazione, del lucido ingegno. Non dimentico quell’ora. La lezione era appena finita, egli aveva udito i miei consigli e suggerimenti per la prosecuzione del suo lavoro, quando, in un colloquio riservato, mi annunziò la nuova decisione. Luigi Pierobon divenne partigiano per la libertà d’Italia (pp. 10-11).
Non fu un caso isolato. Accanto a giovani come Pierobon, molti altri studenti e intellettuali scelsero la lotta armata come prosecuzione coerente del loro impegno civile e culturale. Tra questi Luigi Meneghello, che nel rievocare la sua squadra partigiana sui monti del Vicentino raccolta intorno a Toni Giuriolo mette in luce, tipicamente senza il benché minimo sussiego (I piccoli maestri, 1976 [BUR, 2020, p. 177]):
C’era più grammatica tra noi, più sintassi, più eloquenza, più dialettica, più scienze naturali pure e applicate che in ogni altra squadra partigiana dal tempo dei Maccabei. Tuttavia delle nostre bravure di studenti eravamo piuttosto imbarazzati, specie coi nuovi venuti, Raffaele, Severino, che erano uomini di altra provenienza.
Leggi anche: Riemerge dagli archivi la voce di Egidio Meneghetti
E quando ricorda che con il suo compagno Marietto dovevano "sforzarsi di studiare", precisa:
Non ci passava nemmeno per la testa, si capisce, di studiare roba di scuola, esami. Studiavamo letteralmente per l’Italia, per l’inesistente grande classe dirigente italiana che doveva emergere dopo la guerra. Doveva. (p. 215)
Non erano esami: ma era studio, inteso – a posteriori amaramente, nelle parole di Meneghello – come premessa e alimento della formazione della classe dirigente del dopoguerra. Sono vicende, tutte – quelle di Egidio Meneghetti, di Paola Zancan, di Luigi Pierobon – in cui lo studio non solo non è alieno dalla storia e dalla lotta, ma le sostanzia e le informa. Le storie delle donne e degli uomini che dentro l’Università, da studenti, ex studenti, professori, rettori, animarono la Resistenza induce a riflettere, più che mai in un tempo come questo, sul senso e sul ruolo degli intellettuali e dell’Università come luogo di formazione e diffusione del sapere critico, di una conoscenza veramente libera e capace di dissentire, di contrastare, di individuare e suggerire alternative possibili; una conoscenza che sappia farsi fondamento di una nuova classe dirigente coraggiosa e veramente democratica.
SPECIALE RESISTENZA A PADOVA
- Otto settembre 1943: la seconda Caporetto
- L'antifascismo di Concetto Marchesi
- Gli studenti che fecero la resistenza
- Kounellis a Padova: storia di un monumento incompreso
- L’attentato del 1944 a “Il Bò”
- Le sorelle Martini, partigiane e studentesse
- Il comandante “Renato”
- Mario Todesco, il martire mite
- Lodovico Todesco e gli studenti partigiani del Grappa
- Concetto Marchesi, il rettore sovversivo