SCIENZA E RICERCA

Dal Galles a Salisbury: la "migrazione" del sito archeologico di Stonehenge

Da circa tre secoli gli archeologi indagano su Stonehenge, sulle sue origini e scopi, e ancora oggi il circolo di pietre riesce a raccontare qualcosa di nuovo. L’ultima ricerca, pubblicata su Antiquity, interessa però in particolare un altro sito archeologico, che dista circa 300 chilometri, da cui sarebbero stati rimossi alcuni dei giganteschi megaliti che oggi formano Stonehenge.

Il primo ad affermare che il circolo di pietre più famoso del mondo fosse stato trasportato nel sito attuale da un altro luogo è stato Geoffrey, Goffredo per gli italiani, di Monmouth. Nel suo Historia Regum Britanniae del 1132, il più antico “best seller” della letteratura britannica e pietra miliare di quella arturiana, racconta che Merlino ordinò ai giganti di spostare un cromlech dall’Irlanda all’Inghilterra, per servire da memoriale ai centinaia di bretoni, caduti contro i sassoni sulla piana di Salisbury durante un armistizio.

A quella che sembrava solo una leggenda arturiana si è aggiunta poi la scoperta, in tempi molto più recenti, che le famose pietre blu di dolerite, di cui Stonehenge è in parte composto, furono estratte dalle Preseli hills, in Galles. Nei ricercatori si è insediata quindi la domanda: perché i megaliti di Stonehenge sono stati estratti in un luogo che dista 300 chilometri dal sito in cui si trova oggi il monumento? Tra questi studiosi c’è Mike Parker Pearson che insieme ai suoi colleghi ha rinvenuto il sito originario in cui è stato eretto quello che oggi è universalmente noto come Stonehenge. Il sito si trova in Galles, nel Pembrokeshire, il suo nome è Waun Mawn e oggi presenta solo quattro megaliti in doleriti.

Intervista al professor Massimo Vidale (DBC, università di Padova) - Servizio e montaggio di Elisa Speronello

Le prove raccolte dal team di Parker Pearson sono solide, come ha sostenuto il professor Massimo Vidale, che a Padova insegna metodologia della ricerca archeologica. In primo luogo il diametro del circolo di Waun Mawn è lo stesso di quello segnato dagli Aubrey Holes (ovvero il circolo più antico di Stonehenge), anche l’allineamento astronomico dei due circoli è lo stesso, con ingresso rivolto verso il solstizio estivo. Ci sono, inoltre, una serie di testimonianze che riguardano la cronologia degli eventi. Riscavando i buchi lasciati dalle pietre sradicate a Waun Mawn, è stato possibile ritrovare dei carboni e degli strati sedimentari con dei silicati. Dalle analisi al radiocarbonio e con la tecnica ancora più sofisticata della luminescenza otticamente stimolata, è stato possibile scoprire che le pietre sono state rimosse attorno al 3.000 A.C., praticamente poco dopo la costruzione del monumento originale. Inoltre i resti cremati dei corpi trovati nelle 52 buche di Stonehenge, già scavate negli anni Venti del secolo scorso e riunite in un’unica buca, hanno rilevato 62 individui diversi, di cui il 16% proveniente dal Galles. Questi risultati derivano dai reperti isotopici delle ossa che riflettono la composizione isotopica del luogo in cui gli individui sono nati e sono morti. Da questo punto di vista si può apprezzare la multidisciplinarietà della scoperta di Parker Pearson e colleghi: insieme alle pietre si spostarono anche i “gallesi”, o quelli che oggi potremmo chiamare in questo modo, verso le pianure britanniche. 

Infine, come se queste prove non fossero sufficienti, è stata rilevata una buca a Waun Mawn che ha un’insolita forma pentagonale, la stessa forma che presenta la pietra numero 62 di Stonehenge. Il megalite di dolerite, quindi, sarebbe stato estratto dal Galles e trasportato per più di 250 chilometri fino all’altopiano di Salisbury.

Gli studi sono tutt’altro che conclusi. Rimangono alcuni dubbi sulle motivazioni e sulle capacità di spostare un monumento così imponente. Per quanto riguarda il “trasloco”, dato che ogni monolite pesa circa due tonnellate, potrebbe essere stato compiuto non tanto dai giganti come vuole la leggenda, ma da un gruppo di uomini aiutati da alcune tecnologie complesse, già riscontrate in altri luoghi in Europa nello stesso periodo. Sulle motivazioni ci aiuta ancora una volta il professor Vidale: ”Spostare un monumento da un sito a un altro, anche su distanze molto lunghe, significava in un certo senso appropriarsi della tradizione culturale di un’altra area, oppure giungere a dei compromessi, tra un certo tipo di cultura e un’altra. Era un modo di fare delle forti affermazioni che riguardavano l’immagine delle nazioni, dei popoli e delle culture”.

Questa nuova ipotesi sull’origine di Stonehenge va ad arricchire la sua aura di mistero e ancestralità. Sebbene possa essere percepito oggi come un qualcosa di enorme e statico, il celebre monumento storico proietta dietro di sé anche un’ombra di fragilità, dovuta alla lunga cronologia di modifiche e cambiamenti che l’hanno interessato, dalla preistoria al ventesimo secolo. Per esempio, le fasi di costruzione sembrerebbero essere state cinque o sei solo nel lasso di tempo che si estende dalla fine del Neolitico (3000 A.C.) alla fine dell’Età del bronzo (1600 A.C.), ma gli ultimi ritocchi hanno una data di fine molto più recente: gli anni Settanta del secolo scorso.

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