SCIENZA E RICERCA

Tullio Levi-Civita, la relatività e gli spaghetti di Einstein

Era novembre 2017 quando, uscendo dal mio dipartimento, incontrai un’amica e, con un certo orgoglio, le mostrai la nuova insegna: Dipartimento di Matematica “Tullio Levi-Civita”. Lei mi guardò con aria interrogativa e io le dissi: “Sai, quando chiesero ad Einstein cosa amasse di più dell’Italia lui rispose: ‘Spaghetti and Levi-Civita!’. Se vuoi mangiando (due spaghetti) ti spiego chi era Levi-Civita!”.

Da quest’episodio è nata l’idea di raccontare ai miei studenti e in generale ai giovani la storia di vita vera, intensa e appassionata di questo grande uomo e genio matematico. Decido di provare con i social networks: se è vero che la rete è virale, può diventare virale anche Tullio Levi-Civita? Si può fare ma serve il linguaggio dei giovani; così ha preso vita un progetto di alternanza scuola lavoro con il liceo Tito Livio (lo stesso in cui aveva studiato Levi-Civita): un’esperienza per la quale ringrazio Carmen, Gaia, Geremia, Martina e Matilda – gli studenti che hanno collaborato alla scrittura e alla pubblicazione di una serie di post su Facebook (reperibili a questo link) –, la loro referente per il liceo Tito Livio Mariarosa Davi e l’amica e collega Silvia Crafa del Dipartimento di Matematica. Ma adesso passiamo al nostro beniamino.

Il padre di Tullio è Giacomo Levi-Civita (Rovigo, 1846 – Padova, 1922) e come il figlio frequenta il Tito Livio che a quel tempo si chiamava Regio Ginnasio Liceale Santo Stefano. Molte sono le curiosità legate a Giacomo, ma certamente la più nota è la questione della Cappella degli Scrovegni... Già negli anni Venti dell’Ottocento i proprietari dell’area dell’Arena volevano demolire la chiesa, nonostante le proteste: finalmente dopo una causa legale Giacomo, consigliere comunale e avvocato, nel 1880 riesce a far sì che il Comune di Padova acquisti la Cappella.

Successivamente è sindaco di Padova dal 1904 al 1910 e poi senatore. Un sindaco così amato che alla sua morte il giornale progressista Il Veneto scrive: “il sindaco più benemerito, più geniale, più intraprendente, il sindaco più bello, vorremmo dire in senso ellenico, di questa vecchia città”. Nel 1924 il Consiglio comunale gli dedica il busto in marmo, opera dello scultore Augusto Sanavio, che si trova ancora oggi nei giardini dell’Arena.

Il padre sperava che anche il figlio facesse l’avvocato, e invece no! Tullio infatti (Padova, 1873 – Roma 1941) è anche lui uno studente modello e si diploma nel 1890 a soli 17 anni, e naturalmente è il migliore di tutti. Terminato il liceo decide di studiare matematica all’università di Padova e nel 1894, dopo aver preso 30 e lode a tutti gli esami (escluso un 30 in chimica), si laurea con lode discutendo la tesi Sugli invarianti assoluti, sotto la guida del grande Gregorio Ricci Curbastro.

Nel 1900 Tullio Levi-Civita e Gregorio Ricci Curbastro pubblicano insieme sul "Mathematische Annalen" l'articolo Méthodes de Calcul Differentiel Absolu et leurs Application. Come vedremo, questo lavoro contiene lo strumento matematico indispensabile per la teoria della relatività generale di Einstein.

Intanto 1897, alla giovanissima età di 24 anni, Levi-Civita era stato nominato professore straordinario di meccanica razionale a Padova, dove resterà fino al 1919. Èd è proprio da Padova che Tullio scrive ad Einstein nel 1915, per informarlo che nel suo ultimo lavoro c’è un errore.

Ma andiamo con ordine... nel 1912 Einstein si trova a Zurigo e ha 33 anni. Ha pubblicato nel 1905 la teoria della relatività ristretta e ora sta lavorando alla relatività generale. Sentite cosa dice ad un amico: “Sto lavorando esclusivamente al problema della gravitazione, e credo di poter superare tutte le difficoltà con l’aiuto di un mio amico matematico di qui. Ma una cosa è certa: non ho mai faticato tanto in vita mia, e ho acquistato un enorme rispetto per la matematica, le cui parti più sottili consideravo finora, nella mia ignoranza, come un puro lusso. Al confronto di questo problema, l’originaria teoria della relatività è un gioco da ragazzi”. L’amico matematico di cui parla è Marcel Grossmann.

I due studiano insieme il lavoro di Ricci Curbastro e Levi-Civita e pubblicano nel 1913 l’articolo Entwurf einer verallgemeinerten Relativitätstheorie und einer Theorie der Gravitation (“Schizzo di una teoria della Relatività generale e della Gravitazione”), ma la stesura della relatività generale è ancora incompleta.

Il 5 Marzo 1915 Einstein si trova a Berlino e scrive a Levi-Civita: “Quando ho visto che Lei rivolge la sua obiezione contro la dimostrazione più importante della teoria che mi è costata fiumi di sudore, mi sono spaventato non poco poiché so che Lei padroneggia queste cose matematiche meglio di me”. Questo è l’inizio di uno scambio di lettere e cartoline, tra obiezioni, esempi, controesempi e correzioni prende vita la relatività generale. Si percepisce l’emozione con cui Einstein aspetta la posta da Padova: “Una corrispondenza così interessante non mi era ancora capitata. Dovrebbe vedere con quale ansia aspetto sempre le sue lettere” (dalla lettera del 2 aprile 1915).

Una corrispondenza così interessante non mi era ancora capitata. Dovrebbe vedere con quale ansia aspetto sempre le sue lettere Albert Einstein

Questo primo scambio tra Levi-Civita ed Einstein si conclude il 5 maggio 1915, quand Einstein scrive: “La mia dimostrazione è incompleta in quanto non è dimostrato che Amn [una costante che compare nelle formule della gravitazione generale, ndr] possa essere scelta arbitrariamente” (indipendentemente dal riferimento scelto). Lo scienziato tedesco conclude con “La ringrazio di cuore per la sua grande pazienza e mi auguro di poterla incontrare presto in tempi migliori”; quelli infatti sono tempi di guerra. L’estate del 1915 Einstein lavora in solitudine al problema e alla fine del 1915 pubblica la versione corretta delle equazioni gravitazional,i che “rappresentano un vero trionfo del calcolo differenziale assoluto” (parola dello stesso Einstein). Questo calcolo ideato da Ricci Curbastro nel 1892 e generalizzato con Levi-Civita nel lavoro del 1900 è il linguaggio della relatività. La relatività di Einstein parla un po’ padovano, e c’è da esserne fieri!

Ci siamo chiesti, chissà com’era Levi-Civita? Ve lo raccontiamo con due citazioni: la prima tratta dall’autobiografia di Leopold Infeld (collaboratore di Einstein), dove si racconta l’incontro tra il matematico padovano e il fisico tedesco, la seconda del matematico Ugo Amaldi (1875 – 1957). “At this moment a knock at the door interrupted our conversation. A very small, thin man of about sixty entered, smiling and gesticulating, apologizing vividly with his hands, undecided in what language to speak. It was Levi-Civita, the famous Italian mathematician. […] This time ‘English’ was chosen as the language of our conversation. […] I watched the calm, impressive Einstein and the small, thin broadly gesticulating Levi-Civita as they pointed out formulae on the blackboard and then talked in a language which they thought to be English. The picture they made, and the sight of Einstein pulling up his baggy trousers every few seconds, was a scene, impressive and at the same time comic, which I shall never forget” (da Leopold Infeld, Quest: An Autobiography). “In lui tutto era semplice, limpido, spontaneo: l’aperta e signorile cordialità, l’impareggiabile modestia, candidamente ignara di se stessa, la finezza squisita nel comprendere e nel compiacere gli altri, la innata, fiduciosa predisposizione a giudicare benevolmente […] e al fondo traspariva una rettilinea dirittura morale, costantemente illuminata da un largo e altruistico senso di solidarietà umana. Severo soltanto con se stesso, conservò imperturbata […] una visione serena e ottimistica della vita e dei rapporti umani” (dalla commemorazione tenuta da Amaldi all'Accademia dei Lincei il 16 novembre 1946).

Nel 1938 la vita di Tullio (che nel frattempo si è trasferito a Roma da quasi 20 anni) viene sconvolta per sempre: in seguito alle leggi razziali, in quanto ebreo, viene espulso dall’università (senza alcuna opposizione da parte dei suoi colleghi) e il suo nome viene immediatamente depennato dall’elenco dei professori. Uno dei più grandi matematici del ‘900, conosciuto in tutto il mondo e invitato nelle più prestigiose università, ora non può più nemmeno entrare nella biblioteca dell'Istituto Matematico, suo unico mezzo di ricerca (non c’era ancora internet). Queste ferite insanabili portano Tullio Levi-Civita alla morte il 29 Dicembre 1941.

Vorrei salutarvi con questo passaggio dedicato a Levi-Civita scritto sempre da Amaldi “…in me è sempre vivo, e ormai nostalgico, il ricordo dei lunghi colloqui… in cui mi veniva chiarendo il suo pensiero sui principi e gli sviluppi concatenati dalle varie teorie, con una così larga e limpida visione d’insieme, con una così precisa e meditata analisi di ogni nesso logico e di ogni possibile semplificazione dei procedimenti deduttivi, che poi lo sforzo di dar forma non indegna a quel pensiero lucidissimo si tramutava in appassionante godimento”. Levi-Civita non fu solamente uno dei più importanti matematici italiani della prima parte del ventesimo secolo: fu anche una persona dal grande spessore umano. Amava fare matematica, amava insegnarla e divulgarla, e ad essa si è dedicato con impegno e dedizione, divenendo fonte di ispirazione per molti… Anche per me.

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