CULTURA

Venezia1600: il Lido, un'isola di contraddizioni

Se chiediamo a dieci persone che sono state al Lido che cos'è per loro quest'isola, probabilmente ci troveremo di fronte a dieci risposte diverse, nel peggiore dei casi anche contraddittorie.
Patria del glamour per alcuni, apoteosi del peggior turismo veneziano per altri, passando per chi la definisce un'oasi di tranquillità, un rifugio dove trascorrere una serena pensione, un posto da chiamare "casa", con tutti i pro e i contro.
Forse il Lido di Venezia è tutte queste cose insieme, o magari lo è una alla volta, in momenti diversi: durante l'anno è un luogo tranquillo e sonnolento, discretamente lontano dalla mondanità di altre isole, con i pochi abitanti che dividono il territorio con gli onnipresenti gabbiani.
Ma con la bella stagione il Lido si trasforma: turisti italiani e stranieri sbarcano dal ferry con tanto di auto colme di valigie, destinate a riempire gli armadi delle seconde case o degli hotel, per pochi giorni o varie settimane. E poi, l'apice: perché a fine agosto c'è la Mostra del Cinema, con tutta la patina di glamour che si porta dietro, insieme agli sbarchi di attori famosi che sorridono ai fotografi e ai curiosi armati di smartphone.

Questa trasformazione stagionale è lo specchio di quella che si è verificata nel corso di un secolo: uno straniero che sbarca a Santa Maria Elisabetta, magari proprio per la Mostra del Cinema, difficilmente potrebbe immaginare che il Lido di Venezia un tempo era un'isola militare. Eppure è proprio così: quella che oggi è una destinazione turistica, una volta era una palude acquitrinosa quasi deserta, che non faceva gola a nessuno.
Solo a cavallo tra Otto e Novecento si è cominciato a scorgere le immense potenzialità di intrattenimento (e quindi di guadagno) che un luogo del genere poteva offrire, e con la velocità che impone lo spirito imprenditoriale la trasformazione ha avuto inizio. Ma esattamente com'è avvenuta? Lo abbiamo chiesto all'architetto Irina Baldescu, membro dell'Associazione di studiosi "Storia della città", che ha pubblicato un articolo sul tema nell'annuario dell'associazione (Il lido di Venezia tra Otto e Novecento: modelli urbanistici della villeggiatura).

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Intervista a Irina Baldescu

Il turismo al Lido, ci ha spiegato Baldescu, prende piede con l'avvento delle teorie igieniste sull'influsso positivo che i bagni e il sole avrebbero sulla salute. All'inizio, invece, i soggiorni erano solo giornalieri, e l'isola era in sostanza solo una propaggine di mete artisticamente più interessanti, una piacevole pausa sotto il sole che preludeva al ritorno al turismo culturale. Con il passare del tempo, però, urbanisticamente il Lido si è trasformato in una destinazione vacanziera a tutti gli effetti, e non è stato neppure un processo troppo lento. E così sono nati i grandi alberghi, dove soggiornava la crema della buona società, italiana e straniera. È quello il Lido in cui Thomas Mann ambienta Morte a Venezia, un romanzo in cui emergono con potenza i contrasti che da sempre caratterizzano questo luogo sospeso nel tempo.

Quando si desiderava trasportarsi dall'oggi al domani in un'aura incomparabile, meravigliosa, fiabesca, dove si andava? Ma era chiaro Thomas Mann

Oltre alla moda salutista, un ruolo importante per il cambiamento urbanistico del Lido lo ebbe la moda delle vacanze in Riviera: "È una moda - spiega Baldescu - che segue l'esempio di altri paesi europei, dall'Inghilterra alla Francia alla Spagna. I primi bagni al lido sono organizzati sistematicamente a partire dagli ultimi anni del regno austriaco, dal 1857. L'artefice è peraltro un imprenditore di Pellestrina, Giovanni Busetto, che comincia a lavorare sulle fortificazioni; poi con il Regno d'Italia cambiano diversi tipi di stabilimenti e verso la fine dell'Ottocento, grazie al lavoro di una cordata di imprenditori, si mette in atto tutto un giro di lottizzazioni che danno un nuovo volto urbanistico all'isola". Prima molti terreni erano di proprietà dei padri armeni mechitaristi (gli stessi dell'isola di San Lazzaro degli Armeni), che li vendettero solo all'inizio del Novecento: da allora l'isola è caratterizzata da un assetto simile a quello che vediamo adesso nella parte sinistra, da Santa Maria Elisabetta al mare. La parte destra, invece, aveva assunto una precisa connotazione urbanistica già qualche anno prima, ispirandosi ai precetti della città giardino: in questo contesto è stato edificato l'Hotel des Bains, quello dove aveva soggiornato il Gustav von Aschenbach di Mann, costruito nel 1900 di fronte alla Società Civile Bagni Lido. Con questo hotel, e con l'Excelsior, nato otto anni dopo, si consolida definitivamente il processo di urbanizzazione dell'isola.

Eppure echi architettonici del passato sono sopravvissuti: il progetto del casinò di Eugenio Miozzi, per fare un esempio, sfruttava un antico forte nella zona delle Quattro Fontane, mentre il luna park, costruito a nord, nei pressi di San Nicolò e ora sede del planetario civico, è sorto su quella che prima era la Batteria Santa Maria Elisabetta: "Purtroppo - racconta Baldescu - tante di queste tracce del Lido del lusso sono state cancellate dagli interventi degli anni Cinquanta e Sessanta, quando una politica, forse sbagliata, di inserimento della residenzialità ha portato a revisioni urbanistiche che non rispettavano l'esigenza di conservazione dei centri storici, che si è cominciata a sentire solo dopo".
Il Lido quindi conserva una stratificazione architettonica che segue il cambiamento delle mode del tempo (i primi edifici turistici, per esempio, si ispiravano all'architettura nordica) e i mutamenti del target del turismo. Se ai tempi di Mann e fino alle prime edizioni della Mostra del Cinema era una meta prettamente aristocratica, con il passare del tempo i destinatari sono cambiati: dopo la Seconda Guerra mondiale i fasti precedenti si sono ridimensionati e ci si è adattati a un turismo più locale.

Uno dei problemi potrebbe essere quello dell'accessibilità: anche se si può arrivare in macchina imbarcandosi direttamente al Tronchetto, il Lido di Venezia è percepito come un luogo distante, situato sulle estreme propaggini della Laguna. In realtà la guida Baedeker era molto chiara: da San Marco al Lido erano necessari solo 12 minuti di vaporetto, e infatti la famiglia di Tadzio in Morte a Venezia si reca a messa in quella chiesa come se fosse naturale. Ora le tempistiche sono leggermente diverse, e forse l'isola, come molte altre, avrebbe tratto giovamento dalla creazione della metropolitana sub lagunare che era stata ipotizzata all'inizio del Novecento e che avrebbe collegato San Marco all'hotel Excelsior. In ogni caso, all'epoca, il marketing faceva fronte a questa percezione dell'eccessiva distanza: "Nei poster pubblicitari di fine Ottocento - spiega Baldescu - da Piazza San Marco era visibile anche il Lido sullo sfondo: in realtà è un fotomontaggio, sono state sovrapposte due fotografie per dare l'idea di vicinanza, andando a intercettare quel turismo culturale che vedeva Venezia come meta del Grand Tour".

Il Lido è pervaso da un'atmosfera decadente, in cui trionfa il fascino dei fasti perduti ma non muore la speranza di un ritorno a quel mondo lussuoso frequentato dalle teste coronate di tutta Europa. Ognuno può trovarci quello che vuole, dal lusso alla tranquillità, e anche qui sta il suo appeal. In ogni caso sono al vaglio progetti di rilancio, per una meta che non manca comunque di riservare le stesse emozioni di chi lo ha visto nascere come destinazione turistica, quando il futuro saettava le sue promesse da un capo all'altro dell'isola.

Solo questo luogo [il Lido] lo ammaliava, allentava la sua volontà, lo rendeva felice Thomas Mann

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