SCIENZA E RICERCA

La vita dopo la vita: la percezione della donazione di organi post-mortem

Ci si dichiara favorevoli ma solo in teoria, senza cioè esprimere la propria volontà ufficialmente. Questa, in sintesi, la situazione italiana in materia di donazione degli organi post-mortem. Perché? Quali sono le ragioni alla base della mancata espressione della volontà? E, ancora, quali quelle relative alla resistenza rispetto al consenso? Secondo i dati 2022 del Sistema Informativo Trapianti la percentuale di chi ha espresso la propria volontà sulla donazione è solo del 55,3% e 8.022 pazienti sono in attesa di trapianto. A fare luce sull'argomento, finora poco indagato, sono i dati di una ricerca, promossa dal Centro Nazionale Trapianti in collaborazione con l'Università di Padova, recentemente pubblicata sulla rivista British Journal of Health Psychology con il titolo Life beyond life: Perceptions of post-mortem organ donation and consent to donate - A focus group study in Italy. È il primo studio a prendere in considerazione i diversi gruppi di popolazione direttamente coinvolti nella scelta e nel processo di donazione degli organi, nonché le persone socialmente influenti, con lo scopo di indagare gli atteggiamenti e le percezioni riguardo alla donazione di organi.

Ne abbiamo parlato con la professoressa Sabrina Cipolletta, autrice dello studio e docente del dipartimento di Psicologia generale dell'Università di Padova. "Il primo contatto con il Centro Nazionale Trapianti risale al 2019, periodo in cui si era riacceso il dibattito sulla donazione degli organi e si discuteva su come renderla effettivamente attuativa  - spiega -. Molto spesso le persone non conoscono il sistema che sta alla base della questione". In Italia la normativa che regola la donazione di organi e tessuti post-mortem risale al 1999 (legge 91 del 1 aprile). Secondo il principio del silenzio-assenso informato sono considerati donatori coloro i quali esprimono la volontà positiva in merito alla donazione e non donatori quelli che esprimono parere negativo. Dopo oltre vent'anni, la normativa è ancora in una fase transitoria, per cui viene adottato il principio del consenso o dissenso esplicito in base al quale - nei casi in cui il potenziale donatore non abbia espresso alcun parere in merito - i familiari hanno la possibilità di opporsi al prelievo di organi. Il consenso alla donazione si può formalizzare al distretto ASL di appartenenza, iscrivendosi all'associazione italiana donatori organi (AIDO), on-line e all'anagrafe comunale al momento del rinnovo della carta d'identità.

"Ancora oggi in Italia, nella pratica, se non espressa, si chiede ai familiari di riferire la volontà del potenziale donatore. Proviamo a metterci nei panni dei familiari che perdono un proprio caro il quale, in vita, non ha espresso la propria volontà sulla donazione: la situazione è molto delicata, a dir poco drammatica. Da questo aspetto, tutt'altro che semplice, parte la ricerca in termini di utilità e rilevanza". Torniamo dunque al dato principale riportato in apertura: "Solo il 55,3% della popolazione ha espresso la propria volontà sulla donazione e tra questi il 31,8% ha espresso dissenso - precisa Cipolletta -. Siamo lontani dai desiderata e da quel succede in altre nazioni, penso alla Spagna".

Le convinzioni personali e culturali, la disinformazione, la paura della morte e le procedure inadeguate di registrazione delle volontà possono influenzare la donazione di organi post-mortem, si legge nella ricerca. "Il presente studio si propone di esplorare le percezioni, le credenze e le informazioni relative alla donazione post-mortem e all'espressione del testamento biologico in diversi gruppi della popolazione italiana, al fine di orientare futuri interventi e aumentare la consapevolezza".

In sei regioni italiane (ben distribuite tra Nord, Centro e Sud) sono stati condotti 38 focus group che hanno coinvolto 353 partecipanti, tra cui la popolazione generale (giovani adulti: 18-39, adulti maturi: 40-70), professionisti della sanità locale e ospedaliera, operatori sanitari di area critica (pronto soccorso e terapia intensiva), impiegati dell'anagrafe e opinion leader. "Si tratta di una ricerca qualitativa basata sui focus group, una tecnica molto semplice e di lunghissima tradizione, utilizzata già nei primi del Novecento per i sondaggi di opinione, in cui si riuniscono delle persone per discutere di un certo tema - spiega Cipolletta -. Poco prima della pandemia eravamo pronti per partire, ma quest’ultima ci ha bloccati: riunire le persone era diventato impossibile. C'è stato dunque uno slittamento di oltre un anno. Dopo i focus group, abbiamo raccolto e poi analizzato i dati a partire da novembre 2021 e abbiamo svolto e concluso il lavoro in sei mesi: il processo di analisi di tipo qualitativo richiede tempo". E Cipolletta continua: "Uno studio del genere in Italia non era mai stato condotto. Non solo: è uno studio unico a livello mondiale, soprattutto se consideriamo che, trattandosi di una ricerca di tipo qualitativo, per quanto riguarda i partecipanti, i numeri sono esorbitanti. Per questo dobbiamo ringraziare il Centro Nazionale e i centri regionali Trapianti che ci hanno permesso di contattare i partecipanti. Il primo aspetto innovativo della ricerca è legato, dunque, alla sua portata. Il secondo è determinato dal target: la maggioranza degli studi si concentra sulla percezione degli operatori sanitari, qualche altro sulla popolazione generale, ma questo è il primo a comprendere la popolazione generale, gli operatori sanitari, quelli dell'anagrafe e gli opinion leader, ovvero personaggi influenti che contribuiscono alla costruzione dell'opinione delle persone".

Torniamo dunque a interrogarci sulla percezione e le resistenze. "Perché tra dire e fare c'è questo gap? Dalla letteratura, e da alcuni dati raccolti in Italia confermati dai questionari che hanno anticipato i nostri focus group, emerge molto chiaramente che le persone si dichiarano favorevoli alla donazione, ma alla domanda hai espresso la tua volontà? rispondono di no". Perché avviene questo? Quale l'origine delle resistenze? "Le principali sono legate alle false credenze. La più radicata è relativa al terrore della disintegrazione del corpo: esiste un mito, la convinzione per cui il corpo deve rimanere integro e con la donazione non lo sarebbe più. Questo avviene in particolare per alcuni organi rispetto ad altri: il volto, per esempio, la pelle crea più problemi rispetto agli organi interni. Si tratta di un aspetto legato anche a certe credenze religiose ma, attenzione, non deve assolutamente passare un messaggio sbagliato: non è vero che se sei cattolico allora non doni, anzi, al contrario, la donazione è un atto di generosità, una scelta per il bene degli altri, perfettamente coerente con i valori della religione cattolica. D'altra parte, sappiamo bene che c'è un aspetto legato alla vita dopo la morte, come se la vita fosse nel corpo cadavere: potrebbe risultare interessante provare ad aiutare le persone a comprendere che quello che si dona non è il corpo vissuto che ora si sta sperimentando. A questa prima resistenza se ne aggiunge una tutta italiana relativa, invece, alla sfiducia nel sistema sanitario: che cosa ne faranno dei miei organi? Mi stanno davvero dicendo tutto? A certi livelli il timore espresso è che gli organi vengano prelevati prima che la persona sia effettivamente morta e su questo aspetto anche gli operatori sanitari hanno dimostrato di avere le idee poco chiare. Non è una questione di istruzione, è ignoranza diffusa. Infine, i dubbi sul ricevente: a chi andrà il mio organo? Quella persona lo meriterà? Consideriamo che attualmente in Italia esiste il sistema della donazione anonima".

Dunque, cosa può favorire la donazione? "Sicuramente avere conoscenze e familiarità con l'argomento: conoscere per esempio qualcuno che ha ricevuto un organo o ascoltare testimonianze in merito. Ascoltare la testimonianza di chi ha ricevuto è considerato uno dei mezzi più potenti per promuovere un atteggiamento di tipo favorevole". In conclusione, questa ricerca ci porta a interrogarci sulle misure necessarie per rendere meno complessa e psicologicamente meno faticosa (e spaventosa) la nostra scelta in merito alla donazione. Risulta necessario semplificare il processo relativo alla manifestazione in vita della propria volontà attraverso strumenti (anche tecnologici) agili e alla portata di tutti, anticipati e accompagnati da una capillare informazione sull'importanza dei trapianti e il prezioso valore di una scelta, che è vita per gli altri.


Life beyond life: Perceptions of post-mortem organ donation and consent to donate - A focus group study in Italy - British Journal of Health Psychology, 2023

Autrici e autori: Sabrina Cipolletta, Silvia Caterina Maria Tomaino, Alessandra Brena, Paola Di Ciaccio, Margherita Gentile, Francesco Procaccio e Massimo Cardillo

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