SOCIETÀ

Le bufale non risparmiano nemmeno le tragedie

Forse l'avete vista anche voi. Forse l'avete condivisa su Facebook o su Twitter e i vostri amici hanno risposto con il pollice alzato del like o con il cuoricino che esprime consenso e calda approvazione. È la fotografia della Tour Eiffel a luci spente “per la prima volta dal 1889” in segno di lutto per gli attentati di Parigi. Ma fermatevi un momento: siete proprio sicuri che per centoventisei anni consecutivi il monumento più iconico della capitale francese abbia sfolgorato nello skyline parigino dando il suo contributo speciale alla gloria notturna della Ville Lumière? Un rapido controllo vi metterà al corrente che la celebre torre si è illuminata per la prima volta solo nel 1925 e che ogni notte (badate bene: ogni notte) all'una le luci si spengono per un giusto desiderio di economia. Senza contare che durante le due guerre mondiali di cui Parigi è stata uno dei principali scenari, l'oscuramento era d'obbligo. E, di nuovo, senza contare le purtroppo numerose altre occasioni di lutto che in questo secolo non sono mancate e per le quali sarebbe stato  logico ipotizzare un analogo pubblico dolore. Insomma, ammettiamolo: si tratta di una bufala, che si è propagata nella rete in tutto il mondo con la rapidità di un incendio estivo. 

Che il web sia terreno particolarmente fertile per le leggende metropolitane e per le bufale non è una novità. Quante volte abbiamo letto del caso eccezionalissimo del mese con cinque venerdi, cinque sabati e cinque domeniche, laddove un semplice sguardo al calendario potrebbe rivelarci come nei mesi di 31 giorni (che – lo diciamo a chi non ricorda l'antica filastrocca del “trenta giorni ha settembre...” - sono ben sette su dodici) l'eventualità di un mese con cinque weekend sia tutt'altro che remota. Insomma, la rapidità con cui mettiamo i like e le stelline e i cuoricini – ma a volte, o spesso, anche i commenti – ha poco a che fare con quello spirito critico che dovrebbe far parte del bagaglio di ogni essere umano.

Ma in casi come quello degli attentati di Parigi può essere utile una riflessione ulteriore. A fornircela è proprio colui che per una scelta precisa, e ovviamente provocatoria, ha contribuito ad alimentare la bufala della Tour Eiffel a luci spente. Si chiama Rurik Bradbury, abita a New York e lavora per una compagnia che produce software. E, soprattutto, ha su Twitter un alter ego, @ProfJeffJarvis, che usa  - come scrive sull'Independent David Weigel – per farsi beffe “del birignao tecnologico e dei thinkfluencers” che abbondano su Internet (e anche fuori). 

Cosi quando, poco dopo gli attacchi parigini, Bradbury/JeffJarvis ha intercettato un tweet di Fox News che attribuiva il quotidiano spegnimento delle luci sulla Tour Eiffel al cordoglio pubblico per la strage appena avvenuta, lo ha subito rilanciato, con l'aggiunta – significativa – di quel “per la prima volta dal 1889”. Sicuro, come poi è stato, che in tanti lo avrebbero ritwittato. Quello che Bradbury non si aspettava era l'ampiezza del seguito: meno di 24 ore dopo il primo lancio la fotografia della Tour Eiffel buia era stata fatta rimbalzare su Twitter trentamila volte anche da parte di organizzazioni – giornali, agenzie di stampa – che almeno in teoria avrebbero dovuto subodorare l'inganno e nella pratica sarebbero stati obbligati a eseguire un controllo. 

Vale la pena di riportare quasi per intero il malinconico commento di Bradbury: “Il modo in cui i social network hanno reagito alla tragedia è stato un pasticcio in cui si sono mescolati diversi elementi, alcuni buoni, altri inutili. Ci sono fattori positivi (almeno nelle intenzioni) come lo hashtag #porteouverte o il Safety Check di Facebook, anche se è da vedere quante persone effettivamente ne hanno tratto giovamento, sia trovando un posto dove stare, sia facendo sapere ai parenti che stavano bene. (E aggiungiamo che mi turba il successo di immagine di Facebook che in questo modo si rafforza come l'identità sociale di tutti gli umani, per poi monetizzare questo monopolio..). Ma l'aspetto più inutile è la partecipazione vicaria a un avvenimento che dal vivo è una tragedia orribile, ma nel cyberspazio si appiattisce fino a diventare un meme come tanti altri. Milioni di persone che non hanno niente a che fare con Parigi hanno detto le loro sciocchezze senza neanche pensarci: segnali performativi lanciati solo per il proprio beneficio egoista, diffondendo informazioni spesso false e non controllate, solo per produrre rumore. Se la gente volesse davvero aiutare, starebbe zitta o si sforzerebbe almeno un po' di pensare prima di parlare, riportando notizie utili e verificate”. 

Cosa aggiungere di più?

Maria Teresa Carbone

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012