UNIVERSITÀ E SCUOLA

Erasmus e voto: qualcosa si muove

Piccoli spiragli per i 25.000 studenti erasmus italiani all’estero e la loro speranza di poter esprimere il loro voto alle prossime elezioni del 24 e 25 febbraio. Se fino a ieri sembrava non ci fossero possibilità di sorta, qualcosa si è mosso a livello governativo. In una nota, palazzo Chigi conferma di aver dato istruzioni al ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri e a quello degli Esteri Giulio Terzi per cercare di risolvere la situazione. Si pensa a un nuovo decreto legge o alla possibilità di richiedere sconti alle compagnie aree per il rientro degli studenti in Italia apposta per il voto. La decisione sarà resa nota nel corso del Consiglio dei ministri previsto per oggi. Nel frattempo è arrivato anche il pressing della Commissione europea: il commissario all’Istruzione e cultura Androulla Vassiliou “sostiene gli sforzi in corso in Italia per assicurare che gli studenti non siano discriminati nell’esercizio del voto”. 

Che si tratti di “moral suasion”, di un sostegno molto ben accetto per mettere in agenda la questione in un Parlamento che pensa solo alle prossime elezioni o di un diplomatico rimprovero per la relativa eccezionalità della situazione italiana in materia, pressioni europee o meno insomma, resta un dato di fatto: l’Italia fa la figura del dinosauro in materia di leggi per il voto all’estero, in compagnia di pochi altri paesi dell’area Ue. 

La questione dell’erasmus, a prescindere dal fatto che essa sia esplosa oggi e non prima, nonostante decreti attuativi fotocopia negli anni passati, non sussisterebbe in altri stati, salvo che in Grecia, Irlanda e Danimarca. E l’indignazione degli studenti all’estero testimonia, anzitutto, una ritrovata voglia di contare nelle scelte del loro paese, a smentire tutti quelli che considerano la loro scelta come sintomo di disillusione e lontananza dal loro Paese d’origine. 

Nella gran parte dell’Unione europea, il dato di una percentuale di popolazione che per le più svariate ragioni – programmi di studio inclusi – risiede temporaneamente all’estero, ma rimane attivamente coinvolta nella vita politica del proprio paese è ben presente. Si sono studiate da tempo, perciò, opportune procedure per permettere il voto a distanza, anche come misura per favorire la mobilità intereuropea. 

In Spagna, per esempio, votare dall’estero, anche se vi si soggiorna in modo temporaneo è semplice: è necessario scaricare un modulo apposito che dovrà poi essere compilato e consegnato, in tempi congrui, a una qualsiasi sede consolare o ambasciata spagnola. A questo punto, il richiedente (studente o meno non importa) riceverà il kit elettorale con cui potrà partecipare al voto anticipato per posta.

In Inghilterra è in vigore il voting by proxy: procedimento simile al voto per procura francese, in cui un cittadino, impossibilitato per svariati motivi (tra cui un impedimento per motivi di studio o il semplice motivo di trovarsi fuori dall’Inghilterra) può delegare una terza persona, di fiducia, a votare al posto suo. 

In Germania è garantito il voto anticipato per posta. Le uniche prescrizioni richieste sono il compimento dei 18 anni, essere cittadini tedeschi e aver vissuto per tre mesi di seguito in suolo federale a partire dal 1949. Per poter esprimere il proprio voto è necessario avere il proprio nome inserito nel registro dei votanti del Comune in cui si è abitato per l’ultima volta in Germania, compilando un apposito modulo in autocertificazione.

Il Belgio garantisce ben cinque modalità di voto per i cittadini all’estero. Per adempiere al proprio diritto, si dovrà essere registrati presso i consolati dei paesi in cui si risiede e compilare, con diversi mesi di anticipo, un modulo in cui si richiede la scelta della modalità di voto da utilizzare: il voto di persona in Belgio, il voto per posta elettronica, quello per procura, quello presso una sede diplomatica e quello per procura, ma sempre in una sede diplomatica all’estero. 

Gli svedesi all’estero sono ammessi al voto se emigrati da non più di dieci anni o se hanno registrato il loro indirizzo estero all’agenzia delle imposte svedese non più tardi di 30 giorni prima delle elezioni. Se in regola con queste prescrizioni, votano anticipatamente via posta. 

In Finlandia è possibile votare di persona negli uffici diplomatici all’estero. Per farlo è necessario avere i dati personali aggiornati nel registro della popolazione finlandese per poi ricevere la scheda con cui presentarsi ai seggi esteri.

I norvegesi accedono al voto anticipato via posta o attraverso una sede diplomatica della Norvegia all’estero. Solo per i cittadini con più di dieci anni di permanenza all’estero viene richiesta la compilazione di un modulo in cui si certifichi di avere ancora la cittadinanza norvegese. 

Il governo olandese permette il voto all’estero per tutti i cittadini, anche quelli non più registrati nelle liste nazionali a patto di fornire un documento in cui si richieda di votare per una particolare elezione. 

In Danimarca, invece, la situazione è simile all’Italia, se non più grave: possono votare dall’estero solamente alcune categorie di cittadini (dipendenti del ministero degli Esteri o dipendenti di uffici pubblici con sedi distaccate all’estero), altrimenti si è tagliati fuori. 

In Grecia possono votare solamente i residenti in uno stato estero appartenente all’Ue: il requisito della residenza elimina di fatto la possibilità di uno studente di votare, a meno di non tornare in patria appositamente. 

Resta a sé il caso, forse il più eclatante, dell’Irlanda: il governo nega il voto a tutti i cittadini che non siano residenti nel paese, fatta eccezione per le forze militari in missione. Una scelta forse correlata ai numeri davvero considerevoli (perlomeno fino a qualche tempo fa) dell’emigrazione irlandese, numeri che, se conteggiati, sarebbero stati suscettibili di alterare le dinamiche politiche interne.  

Mattia Sopelsa

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