SOCIETÀ

Esami difficili? Negli Stati Uniti 'basta' una pillola

Se gli studenti delle scuole superiori italiane sono alle prese in questi giorni con gli esami di maturità e gli universitari sono ripiegati sui libri in vista della sessione estiva, i loro colleghi americani – per i quali l’anno scolastico e accademico termina generalmente a maggio – si stanno riprendendo ora dalle fatiche di fine semestre, quello sprint finale di notti in bianco che solitamente precede le ultime prove prima dell’arrivo dell’estate. Per molti ragazzi negli Stati Uniti, però, questa non è semplicemente l’occasione tanto attesa di recuperare il sonno perduto, ma anche il momento più opportuno per ripulire il proprio corpo da tutti i medicinali assunti impropriamente nell’ultimo periodo per far fronte con successo alla mole di lavoro e battere la competizione. Pare infatti che, a seconda dei sondaggi che si sceglie di consultare, tra il 5% e il 35% di studenti di high school e college usi e abusi pillole stimolanti, prescritte dal medico per altri ragioni, nella speranza di migliorare i propri voti e la propria performance accademica.

In gran parte, si tratta dei farmaci – diffusissimi – sviluppati per curare la “sindrome da deficit di attenzione e iperattività”, in inglese “Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder” o “Adhd”.

“Il numero complessivo di diagnosi da Adhd è cresciuto in maniera graduale durante gli ultimi 20 anni”, spiega William Graf, neurologo infantile dell’università di Yale. “Le ragioni plausibili sono tante e includono cambiamenti effettivi nei bambini, che fanno meno attività fisica, dormono un numero di ore insufficienti o passano troppo tempo davanti a schermi elettronici; migliori sistemi diagnostici che rilevano il disturbo anche in soggetti che un tempo sarebbero passati inosservati; una maggiore accettazione sociale di questo problema, conseguenza anche degli sforzi dell’industria farmaceutica di pubblicizzarlo e commercializzarlo; ma anche la simulazione da parte di alcuni pazienti dei sintomi dell’Adhd per giustificare l’abuso di medicine stimolanti nella speranza di migliorare le proprie capacità cerebrali”.

Il motivo? Ai soggetti che soffrono di Adhd vengono solitamente prescritti dei farmaci stimolanti (alcuni dei quali contengono anfetamine e altri metilfenidato). In America i più noti sono l’Adderall e il Ritalin. Un rapporto del 2012 della società di ricerca Ims Health stima che le vendite per questa categoria di medicinali sono praticamente raddoppiate tra il 2007 e il 2011, passando da un valore di 4 miliardi di dollari a 7,9 miliardi di dollari. 

Dato il gran numero di “farmaci intelligenti” oggi in circolazione, gli studenti che non soffrono di Adhd impiegano due strategie diverse per mettere le mani su questi medicinali a fini "accademici". Se li fanno regalare o vendere da fratelli, sorelle e amici che hanno questo disturbo o ne fingono i sintomi davanti al proprio dottore.

“Le ultime ricerche fatte suggeriscono che, per gli studenti universitari americani, è relativamente facile rispondere ai questionari ed eseguire i test oggi impiegati a livello diagnostico in una maniera che rende difficile distinguerli da chi ha davvero l’Adhd”, dice David Berry, docente di psicologia all’università del Kentucky. “In altre parole, pare che i ragazzi dei college americani siano in grado simulare i sintomi del disturbo con notevole successo”.

Eppure, nonostante i tanti avvertimenti, come un paper dell’American Academy of Neurology che condanna la pratica, gli studenti americani non resistono alla tentazione di una pillola magica che gli permette di studiare tutta la notte e di prendere il massimo dei voti, poi di lavorare tutto il giorno e fare volontariato di sera prima di uscire a bere con gli amici. In particolare quando sono già circondati da tanti altri colleghi ambiziosi che scelgono questa scorciatoia. E i genitori, che sognano per i propri figli adolescenti un futuro a Harvard o Princeton e, per i più grandi, a Wall Street o nei grandi studi legali di New York, spesso li spingono coscientemente o no nella medesima direzione. In questo contesto, incoraggiati dalle case farmaceutiche alla ricerca di sempre nuovi profitti, anche i medici finiscono per chiudere un occhio.

Ragion per cui, anche se i test per diagnosticare l’Adhd stanno diventando sempre più sofisticati e sempre più capaci di riconoscere i pazienti veri da quelli falsi, questo fenomeno non è, almeno per il momento, destinato a scomparire. “L’aumento di diagnosi di Adhd e dell’uso di farmaci stimolanti è probabilmente il risultato di una combinazione di fattori”, dice il Graf, “ma la tentazione di provare una ‘droga intelligente’ continuerà a esistere parallelamente ai nostri sistemi educativi ultra-competitivi e alle nostre economie che non si fermano mai”.

Valentina Pasquali

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