SCIENZA E RICERCA

In Salute. Si avvicina un approccio integrato alla menopausa

Di menopausa si discute poco, nonostante sia un evento che caratterizza, prima o poi, la vita di circa metà della popolazione del pianeta. E, qualora se ne parli, lo si fa spesso in un’ottica strettamente ginecologica, senza prendere in considerazione le conseguenze più ampie che questa trasformazione biologica ha nella vita delle persone. Oggi, per fortuna, questo orientamento sta cambiando, e in ambito medico sono sempre di più gli approcci integrati e multispecialistici alla menopausa, che hanno l’obiettivo di accompagnare le persone in questa nuova fase garantendo la migliore qualità di vita possibile.

La menopausa è il periodo della vita delle persone di sesso femminile che inizia una volta che sono passati 12 mesi dall’ultima mestruazione, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’evento biologico che la scatena è la cessazione dell’attività follicolare delle ovaie (il rilascio di un ovulo fertile ogni mese) ed è, di conseguenza, la conclusione del periodo di fertilità del corpo femminile.

La menopausa induce un’ampia gamma di trasformazioni nel corpo – trasformazioni che riguardano l’alterazione delle concentrazioni ormonali e, a cascata, una serie di cambiamenti, come la diversa distribuzione del grasso corporeo, il potenziale aumento del rischio di malattie cardiovascolari, l’indebolimento della densità delle ossa, la più alta esposizione all’incidenza della depressione e di altri disturbi dell’umore.

Intervista a Nicoletta Di Simone dell’università Humanitas. Servizio di Sofia Belardinelli, montaggio di Massimo Pistore

La maggior parte degli anziani è in menopausa

Sono molte più le donne degli uomini in età avanzata. Questo significa che, in una popolazione mondiale ancora in crescita e con una tendenza all’invecchiamento – molto più marcata, per ora, nei Paesi industrializzati –, la menopausa è una condizione che interessa la maggior parte delle persone anziane.

Dal 2000 al 2021, l’aspettativa di vita media delle persone è aumentata costantemente a livello globale (seppur con una notevole battuta d’arresto tra 2020 e 2021, per l’impatto della pandemia da Covid-19). La media globale è, al 2021, di 71,4 anni, ma vi è un discreto scarto tra i due sessi. Mentre la media globale dell’aspettativa di vita è di 68,9 anni per un uomo, una donna vive in media molto di più: circa 74 anni.

Inoltre, il rapporto tra i sessi nella popolazione umana – che è variabile e, ad oggi, è un poco sbilanciato verso le persone di sesso maschile, che rappresentano poco più della metà della popolazione mondiale – vira sempre più a favore delle persone di sesso femminile con l’avanzare dell’età. Nel 2021, ad esempio, il rapporto tra i sessi era circa alla pari tra le persone di 50 anni, ma si sbilanciava decisamente nelle persone di 70 anni, fascia d’età nella quale si contavano solo 86 uomini ogni 100 donne.

Nonostante ciò, come molte condizioni di salute che sono esclusive o che si manifestano soprattutto tra le persone di sesso femminile (ad esempio, l’emicrania o la depressione), la conoscenza della menopausa e soprattutto il finanziamento alla ricerca di trattamenti che ne curino i sintomi sono ancora poco attivi, se paragonati all’interesse intellettuale ed economico che ricevono altri problemi sanitari che, in termini numerici, hanno una diffusione simile nella popolazione mondiale. Secondo un editoriale pubblicato sulla rivista scientifica Nature Reviews Bioengineering, nel 2020 solo il 5% dei fondi in ricerca e sviluppo in tutto il mondo è stato destinato alla ricerca sulla salute femminile; di questo 5%, ben il 4% ha finanziato la ricerca sui tumori che colpiscono le donne, e il restante 1% è stato spartito tra tutte le altre malattie, con un’ulteriore disparità interna, dato che il 25% di questa frazione è stato destinato alle ricerche sulla fertilità.

Il trattamento della menopausa: la terapia ormonale sostitutiva

Nonostante i numeri non siano incoraggianti, questa disparità nell’attenzione alle condizioni di salute femminili – forse anche strascico di un sessismo ancora diffuso – si sta pian piano riducendo. Nel caso della menopausa, stanno aumentando esponenzialmente sia la comprensione dei suoi meccanismi, sia la messa a punto di trattamenti sempre più sicuri ed efficaci per la riduzione dei sintomi più debilitanti.

L’obiettivo di questi trattamenti è migliorare la qualità di vita delle persone in menopausa che accusano sintomi, dato che, in alcuni casi, questi possono impattare molto negativamente sulla qualità di vita.

Come spiega a Il Bo Live Nicoletta Di Simone, professoressa ordinaria e direttrice della scuola di specializzazione in Ginecologia e ostetricia all’università Humanitas di Milano e responsabile del Centro Multidisciplinare per la Menopausa dello stesso istituto, con l’allungamento dell’aspettativa di vita e il progressivo cambiamento del ruolo sociale delle donne, che lavorano fino a tarda età e sovente ricoprono ruoli decisionali, «bisogna prestare maggiore attenzione alla fase menopausale, che per molte donne rappresenterà circa metà della loro vita. L’obiettivo è far sì che possano mantenere un buon livello di benessere fisico e psicologico e un buon livello di produttività lavorativa».

Una delle terapie più diffuse per contrastare i sintomi della menopausa è la Terapia Ormonale Sostitutiva, che consiste nella somministrazione di un insieme di ormoni (estrogeno e progesterone in proporzione variabile a seconda delle esigenze) vòlto a sopperire al calo della produzione ormonale tipico della menopausa.

Nel 2002 vennero pubblicati alcuni risultati preliminari di un ampio studio, noto come Women’s Health Initiative, che evidenziavano un lieve aumento del rischio di tumore alla mammella e di malattie cardiovascolari in associazione con l’assunzione di una terapia ormonale sostitutiva: in seguito a quella pubblicazione, il ricorso a questo trattamento si è ridotto moltissimo in tutto il mondo. Ma studi più recenti hanno superato e contestualizzato quei risultati, dimostrando che, a determinate condizioni, i rischi di questa terapia non superano i suoi benefici.

Di Simone specifica che i rischi evidenziati dallo studio del 2002 dipendevano anche dal fatto che le persone sottoposte al trattamento erano per la maggior parte comprese in una fascia d’età tra i 60 e i 64 anni, e che in pochi casi era stata controllata la presenza di eventuali problemi di salute preesistenti. «Da una serie di studi successivi, è emerso che la terapia ormonale sostitutiva ha una sua validità, anche nel proteggere dai rischi cardiovascolari, se somministrata in una fascia d’età inferiore ai 60 anni e a non più di dieci anni dall’inizio della menopausa. In generale, vale il principio secondo cui è meglio somministrarla il prima possibile dopo l’inizio della fase menopausale».

Con questi caveat, dunque, la terapia ormonale ha un effetto protettivo. Ma c’è un ma: «La terapia deve essere valutata in modo personalizzato per ogni paziente», prosegue l’esperta, «perché bisogna accertare l’esistenza dei fattori di rischio individuali congeniti e di quelli derivanti dallo stile di vita – come fumo di sigaretta, eccessiva sedentarietà, obesità – e conoscere e valutare la storia familiare. In ogni caso, la scelta della terapia deve corrispondere alla condizione fisica, allo stato di salute e alla sintomatologia che sono specifici della persona in cura, per poterla accompagnare adeguatamente in questa nuova fase della vita».

Il trattamento della menopausa: nuovi paradigmi

La terapia ormonale non è l’unica opzione disponibile, né è sempre la migliore. Oggi, infatti, sono disponibili diversi trattamenti, anche non ormonali, che trattano i sintomi e intervengono specificamente sulle tante modifiche che avvengono nel corpo della persona in menopausa: «Le modifiche che intervengono con l’inizio della menopausa interessano tutto il corpo e coinvolgono anche la psiche», afferma la professoressa. Bisogna quindi valutare quale sia la terapia migliore caso per caso, sfruttando al meglio le alternative disponibili: «Oltre alla terapia ormonale sostitutiva, ci sono dei farmaci che modulano i recettori estrogenici, ma non sono estrogeni; farmaci che agiscono selettivamente sull’osso, e altri che intervengono sul problema della mucosa vaginale o uretrale. Ci sono, insomma, diversi farmaci che hanno un’azione specifica, e che possono anche avere effetti combinati».

Tempo fa aveva fatto notizia l’approvazione, prima da parte della statunitense FDA e poi dall’EMA, del fezalinetant, farmaco non ormonale che inibisce l’attività di neuroni ipotalamici che, reagendo alla carenza di estrogeni dovuta alla menopausa, causa le vampate di calore, uno dei sintomi più diffusi nei primi anni della fase menopausale.

Recentemente, la rivista scientifica Nature ha pubblicato un articolo, firmato dalla giornalista scientifica Lynne Peeples, che ricapitola le ultime frontiere della ricerca sui trattamenti non ormonali per i sintomi della menopausa. Questa attenzione al corollario di patologie che circondano la menopausa indica un incipiente cambiamento di prospettiva: finalmente gli studiosi iniziano a guardare a condizioni di salute come la menopausa in un’ottica olistica, non concentrandosi soltanto sull’aspetto ginecologico ma considerando i cambiamenti che avvengono in tutto il corpo e anche nella mente delle persone in menopausa, nonché il suo impatto sulla vita sociale e affettiva della persona.

Muovendosi in questa direzione, stanno nascendo, anche in Italia, centri multispecialistici che fanno proprio questo approccio integrato al trattamento della menopausa, riconoscendo la pluralità di competenze che serve per garantire alle persone in menopausa la migliore qualità della vita possibile. L’obiettivo di questo sforzo di collaborazione multispecialistica è «offrire all’individuo una visione d’insieme, una prospettiva più complessa e più estesa dell’interconnessione tra i vari sintomi e i diversi organi», sostiene Di Simone. «Questo ci permette di trattare al meglio la paziente, portando a condizioni ottimali alcune sintomatologie che possono interferire sia in termini relazionali che di produttività lavorativa e di benessere psicofisico».

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