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In Salute. Un nuovo paradigma per trattare i sintomi della menopausa

Alla metà di maggio 2023 la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia statunitense che valuta la sicurezza di farmaci e alimenti prima che questi vengano messi in commercio, ha approvato il Veozah, nome commerciale di un nuovo farmaco elaborato per trattare i disturbi vasomotori legati alle prime fasi della menopausa, meglio noti come ‘vampate di calore’.

Ad oggi, questo è il sintomo più frequente tra le donne (insieme a un vasto parterre di altri effetti collaterali, sia fisici che psicologici) durante le prime fasi della menopausa, cioè nel momento di passaggio che chiude la fase biologicamente fertile della vita di una persona di sesso femminile, e che si manifesta con la mancanza delle mestruazioni per almeno dodici mesi consecutivi.

La notizia dell’approvazione del Veozah, che è un farmaco non ormonale, è di particolare interesse perché segna l’affermarsi di un cambiamento di paradigma nella comprensione e nel trattamento dei disturbi che si manifestano nel corso della perimenopausa, cioè il periodo di tempo che precede la menopausa vera e propria e che, non di rado, può durare anche diversi anni.

Una trasformazione radicale

In questa fase di transizione, il corpo femminile va incontro a numerosi mutamenti fisiologici. La fine della funzionalità riproduttiva delle ovaie comporta una sostanziale riduzione della quantità di estrogeni nel sangue, fino a quel momento prodotti dalle ovaie stesse. Questo genera una serie di effetti a cascata, tra cui un maggior rischio di patologie cardiovascolari e osteoarticolari, un generale rallentamento del metabolismo, l’insorgenza di disturbi della memoria e del sonno, nonché il presentarsi ricorrente delle vampate di calore.

Come spiega Rossella Nappi, professoressa ordinaria di ostetricia e ginecologia all’Università degli Studi di Pavia e presidente in pectore della Società Internazionale della Menopausa (IMS), «la transizione menopausale può durare anche 5-7 anni. A seguito delle alterazioni ormonali che influenzano il centro nervoso della termoregolazione a livello dell’ipotalamo, le vampate possono verificarsi di giorno e di notte, accompagnate da sudorazioni, tachicardia e ansietà; possono essere di grado lieve, moderato o severo, con un impatto variabile sulla qualità di vita della donna, anche sulla base del suo profilo psico-sociale.

«Altri sintomi che spesso si correlano alla presenza di vampate di calore sono irritabilità, malumore (fino ad una depressione vera e propria, in alcuni casi), ripetuti risvegli notturni, disturbi della memoria e disfunzioni sessuali che vengono fortemente peggiorate dalla concomitante presenza di secchezza vaginale e dolore nel rapporto sessuale», prosegue la professoressa. «Oltre agli effetti su organi e apparati come cuore ed ossa, che risentono anche di altri fattori di rischio personali e familiari, è proprio il cervello a risentire in modo significativo del cambiamento ormonale. A completare il quadro possono poi esserci anche dolori osteoarticolari, cefalea, stanchezza inspiegata, disturbi urinari come le cistiti ricorrenti.

«A causa della carenza degli estrogeni che influenzano la spesa metabolica ed il comportamento alimentare, inoltre, spesso le donne aumentano di peso dai 3 ai 6 kg, accumulando il grasso “a ciambella”, sul giro vita. Questo cambiamento si traduce in un aumentato rischio cardio-metabolico con rialzo della glicemia, dei trigliceridi, del colesterolo ‘cattivo’ LDL, oltre che della pressione arteriosa».

Le terapie ormonali

Normalmente, i sintomi che si manifestano all’inizio della menopausa e che influiscono negativamente sulla qualità di vita delle persone di sesso femminile sono trattati attraverso la somministrazione di terapie ormonali, che cercano di riprodurre fedelmente, per quanto possibile, le fluttuazioni ormonali caratteristiche dell’età fertile.

«La terapia ormonale sostitutiva (TOS) è un insieme di composti a base di estrogeni e progestinici, questi ultimi necessari per proteggere l’utero, che vanno a restituire in parte gli ormoni sessuali carenti nella donna in menopausa», afferma la professoressa Nappi. «L’assunzione di questi ormoni è indicata per le donne con vampate di calore di grado moderato-severo (più di 30-35 eventi a settimana) e in quelle a rischio di frattura per via della perdita di massa ossea conseguente alla carenza estrogenica. La TOS ha un effetto benefico su tutto l’organismo, poiché riduce molti sintomi associati alle vampate e contrasta i fattori di rischio sul versante cardio-metabolico e cognitivo.

«Uno studio condotto ormai più di 20 anni fa, ora recentemente superato dalle molte analisi successive che sono state condotte soprattutto sulla donna più giovane in menopausa (tra i 50 e i 60 anni), aveva messo in dubbio il potere protettivo degli ormoni sessuali sulla salute femminile, enfatizzando il rischio oncologico sulla mammella e il rischio vascolare su cuore e cervello.  In realtà, tutte le più recenti linee guida hanno espresso parere favorevole sulla TOS prescritta nei dieci anni a cavallo dell’ultima mestruazione, a patto che il medico esegua un rapporto rischio-beneficio che si basi sulla storia familiare e personale della donna, sulla tipologia e severità dei sintomi e sui fattori di vulnerabilità alle principali malattie. È importante poi ricordare che la TOS attualmente in uso si basa sull’uso di dosaggi molto bassi di ormoni bioidentici, cioè uguali o molto simili a quelli che le ovaie hanno prodotto nella vita fertile: è il caso degli estrogeni e del progesterone naturale, che hanno un basso impatto di rischio e sono ugualmente efficaci nel controllo della sintomatologia e nella prevenzione a lungo termine».

Oltre il paradigma ‘bikini’

Fino a poco tempo fa, il paradigma di ricerca per la comprensione dei cambiamenti nel corpo femminile legati alla menopausa era concentrato quasi esclusivamente sull’apparato riproduttivo e sui cambiamenti endocrinologici legati alla dismissione della funzione di quest’ultimo. Ma, come racconta la giornalista Heidi Ledford in un approfondimento comparso su Nature, in questo settore di ricerca si sta lentamente facendo strada anche un’interpretazione alternativa del fenomeno della menopausa. Secondo alcuni studiosi, infatti, la chiave dei grandi cambiamenti che coincidono con la fine della capacità riproduttiva femminile è il cervello.

L’alterazione delle normali fluttuazioni dei livelli di estrogeni nel corpo, infatti, influisce in modo diretto su diversi circuiti cerebrali. Come spiega a Nature la neurobiologa Roberta Brinton, nel periodo perimenopausale il cervello non è ancora abituato all’assenza degli estrogeni (che svolgono diverse funzioni fondamentali, come la stimolazione dell’assorbimento del glucosio), e i cali improvvisi creano confusione nei circuiti neurali, che non hanno il tempo di adattarsi alle nuove condizioni.

Come precisa ancora Rossella Nappi, «il cervello è l’organo bersaglio più importante per gli ormoni sessuali. Grazie alla ricerca, si è compreso che è importante superare il concetto del ‘bikini’, l’idea, cioè, che la riproduzione influenzi soltanto l’attività utero-ovarica e la mammella. In realtà, studiare gli effetti degli estrogeni, del progesterone e anche degli androgeni nel sesso femminile ci aiuta a capire le differenze anatomiche e strutturali tra il cervello maschile e femminile in un’ottica di genere: essere e sentirsi donna ha, cioè, una forte base biologica».

«La caratteristica peculiare del cervello femminile è di essere ‘mobile’», aggiunge l’esperta. «Le differenti fasi della vita riproduttiva che si accompagnano a cambiamenti dei livelli ormonali, molto alti in gravidanza o molto bassi prima della pubertà e in menopausa, influenzano le funzioni del cervello che sono responsabili dei compiti e dei comportamenti specifici della donna, legati in particolare alla riproduzione. Soprattutto il funzionamento di aree emotive e cognitive è influenzato dalle fluttuazioni ormonali, come quelle che si verificano ogni mese nelle differenti fasi del ciclo mestruale. Gli ormoni sessuali modulano tutti i principali sistemi di neurotrasmissione deputati al tono dell’umore, alla nutrizione, al comportamento sessuale, al ritmo del sonno, all’organizzazione mentale e così via e, dunque, influenzano l’espressione clinica di numerosi disturbi particolarmente frequenti nella donna, come ansia, depressione, disordini alimentari, disturbi del desiderio sessuale, insonnia, nebbia cognitiva».

Un farmaco mirato

Il Veozah, dunque, è il frutto di studi che riconoscono questa complessità di interazioni tra il sistema cerebrale e il sistema endocrino femminile. Il principio attivo di questo nuovo farmaco è il fezolinetant, una molecola che agisce bloccando l’azione dei recettori della neurochinina B (NK3R), una proteina neuronale che contribuisce a regolare la temperatura corporea. Alla base dell’azione di questa molecola vi è la comprensione di come la fluttuazione degli ormoni sessuali femminili influisca sul cervello, come chiarisce Nappi: «Il cervello mette in atto un adattamento plastico alla carenza ormonale, adattamento che coinvolge circuiti nervosi responsabili delle vampate. Tali circuiti, che si auto-mantengono e si potenziano tra loro, coinvolgono alcuni neurotrasmettitori, come la serotonina e la noradrenalina, ma anche la capacità del cervello di utilizzare adeguatamente i supporti energetici, per esempio il glucosio.

«In questo caso, però, l’innovazione più interessante riguarda l’aver trovato la chiave farmacologica per agire su un neurone (chiamato Kndy) che secerne una serie di sostanze correlate alla riproduzione, in particolare la neurochinina B. Gli antagonisti recettoriali della neurochinina B sono in grado di contrastare l’ipertrofia dei neuroni Kndy, che si verifica in carenza di estrogeni e che porta all’attivazione del meccanismo della vampata di calore. La molecola approvata lo scorso maggio dalla FDA, il fezolinetant, che sarà presto disponibile anche in Italia, non è un ormone e non è uno psicofarmaco: ha dunque un ottimo profilo di sicurezza, e la sua azione è efficace nel ridurre le vampate di calore nelle donne in menopausa indipendentemente da fattori come l’età, il ceppo etnico, l’abitudine al fumo. Inoltre, offre un sostanziale miglioramento degli altri sintomi della menopausa, con effetti a cascata molto rilevanti sulla qualità di vita, soprattutto per le donne che presentano controindicazioni all’uso di ormoni o che non si sentono sicure nell’utilizzarli».

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