SOCIETÀ
Europa: è ora di ammainare la bandiera dell'austerity
Stazione di partenza il “pareggio di bilancio in Costituzione”, stazione d’arrivo l’Unione europea, con fermate intermedie alle voci ricorso all’indebitamento, moneta unica, trattato di Maastricht, fiscal compact, Germania e Italia. Un viaggio attraverso paesaggi ostili, ma che i costituzionalisti Francesco Bilancia (università di Chieti) e Gianni Ferrara (università La Sapienza) hanno reso avventuroso e coinvolgente, intervenendo al quinto appuntamento della Scuola di cultura costituzionale dell’ateneo di Padova.
Alla fine del percorso, partito dalla legge costituzionale di revisione dell’articolo 81, che vincola l’ordinamento italiano al rispetto di parametri macroeconomici fissi, in particolare proibendo il ricorso all’indebitamento, è balzata evidente l’insoddisfazione per “questa” Unione Europea perché ha imposto vincoli a scatola chiusa, perché ha fatto pressioni importanti per l'introduzione del fiscal compact in Italia. Le tesi sostenute da Francesco Bilancia e Gianni Ferrara sono state convergenti: questa Unione Europea fa acqua da tutte le parti, per questo va cambiata. Occorre una vera unione politica federale, serve arrivare ad una spesa pubblica unica che elimini i conflitti fra Stati. Basta con giochetti contabili e con il ridurre interi popoli a fare le formichine quando ci sono spostamenti di giganti da effettuare. Quest’Europa che vuole coordinare più Stati quando lei Stato non è, quando ad alcuni impone una moneta unica mentre ne tollera altre 12 differenti al proprio interno. Quest’Europa che ha una teoria economica unica: prima risparmio poi investimenti. Una teoria che poteva andare bene fino al 1929 ma che è stata abbondantemente superata dall’idea keynesiana. Tale teoria economica, superata, è diventata un’ideologia politica, poi anche principio giuridico.
Che fare, allora? Uscire dall’euro e tornare alla lira? “Sarebbe un disastro” ha detto Gianni Ferrara. Bisogna arrivare ad una totale revisione della ideologia che fa dell’austerity la propria bandiera, modificare i trattati oggi in vigore, che vanno oltre anche al modello americano.
Austerity significa tagli alla spesa pubblica e per un Paese come l’Italia il “risparmio”, per la gran parte, si traduce in sforbiciate alla spesa sociale. I diritti conquistati in decenni vengono cancellati. Non dobbiamo arrivare a tollerare crimini come quelli perpetrati ad Atene, costretta a chiudere la propria università.
Gianni Ferrara ha lanciato un’idea a difesa dello stato sociale: arrivare alla formulazione di una legge costituzionale che riservi ai servizi sociali e all’istruzione il 40% del prodotto interno lordo.
Francesco Bilancia nell'attaccare la legge costituzionale numero 1 del 20 aprile 2012, che introduce il principio del pareggio di bilancio a decorrere dall’esercizio finanziario relativo al 2014, ha tenuto a precisare che le sue obiezioni non vogliono in alcun modo sminuire l’indispensabile necessità di garantire una finanza pubblica in equilibrio e un debito sostenibile. La naturale conseguenza è quella di ritenere necessarie azioni per la riduzione dell’ammontare del debito accumulato negli anni, unitamente a politiche di sostegno allo sviluppo funzionali al controllo di un adeguato livello del prodotto interno lordo.
La revisione dell’articolo 81 della Costituzione introduce la disposizione secondo cui “il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere, adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”. Divieto di indebitamento salvo “gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali”. Secondo Francesco Bilancia è stata acritica ed affrettata la stesura del testo della riforma, sotto la forsennata pressione delle istituzioni europee, di istituzioni finanziarie internazionali e dei mercati. Ma cosa significa indebitamento? È ricorso al debito pubblico o al deficit? Con i vincoli imposti, ad esempio, i livelli delle prestazioni nel campo dei diritti civili o sociali non sono più costituzionalmente garantiti ma condizionati dall’andamento economico. Ma come è possibile la sopravvivenza di un’economia fatta tutta di divieti senza un margine di azione? Si danno vincoli sulla spesa pubblica ma non si dice come è composta. Per Gianni Ferrara i vincoli costituzionali di bilancio potrebbero comportare il rischio di limitare grossolanamente l’intervento pubblico nell’economia, riducendone la capacità di finanziamento.
In ultima analisi c’è da considerare un altro aspetto: le regole valgono, o dovrebbero valere per tutti gli Stati membri, ricchi o poveri, ma ci sono troppi squilibri. La politica della stessa Bce non può essere calibrata in ogni situazione. Ad esempio la Germania, per equilibrare il proprio surplus investe nel sociale, l’Italia, al contrario, deve tagliare. Sul tappeto vanno poi messi altri argomenti quali la disoccupazione, la decrescita demografica, il debito pubblico. Veri e propri macigni sulla strada del riequilibrio fra i Paesi europei. Euro e ali tarpate all’economia non sono sufficienti. C’è molto da cambiare in quest’Europa.
Valentino Pesci