UNIVERSITÀ E SCUOLA

Formazione superiore per "tutti"? Il Brasile ci crede

 Para a educação melhorar, todos devem participar, ovvero “perché l’educazione migliori, tutti devono partecipare”: è lo slogan di vari blog brasiliani che si battono perché tutti abbiano una educazione di qualità, ma non solo. Questa frase si trova anche sulla homepage del sito del ministero dell’Educazione, indice dell’impegno che gli istituti governativi sembrano mettere perché sia rispettato il diritto di tutti all’educazione. “Sembra”, perché se si prende in considerazione il sistema universitario, si incontrano situazioni che mettono in dubbio l’effettiva realizzazione dello slogan: nonostante all’istruzione superiore partecipino studenti di ogni fascia sociale, le condizioni di accesso e permanenza all’università dimostrano che l’educazione in Brasile è in realtà molto elitaria.

Il Brasile è una repubblica presidenziale federale, che conta una popolazione di quasi duecento milioni di persone e oltre duemila università, divise in pubbliche e private. Questa struttura governativa è determinante nel sistema universitario: ogni stato ha una o più università pubbliche (lo stato di São Paulo, ad esempio, ne ha tre) che finanzia interamente, utilizzando una parte delle entrate. Questo fa sì che ogni stato controlli l’insegnamento e la ricerca garantendone la qualità, e che gli studenti non paghino alcuna tassa. Le università pubbliche in Brasile sono 245, con circa 1,2 milioni di iscritti, mentre le restanti 2.069, che contano quasi cinque milioni di studenti, sono private. Queste ultime non ricevono finanziamenti dallo stato, ma sono gestite da enti privati, per cui ci sono rette mensili da pagare e l’insegnamento spesso è di bassa qualità. Il Ruf (Ranking Universitário Folha) ha redatto una classifica che comprende 191 istituti di ensino superior (così è chiamata l’istruzione universitaria) brasiliani, di cui novantotto pubblici e novanta privati. La classifica si apre con dodici università pubbliche, mentre le private fanno capolino solo dal tredicesimo posto, concentrandosi soprattutto nella seconda parte della graduatoria: più di ottanta di queste, infatti, hanno ricevuto una valutazione pari a zero per la qualità dell’insegnamento. Ciò che manca loro è soprattutto la ricerca, fondamentale perché gli insegnamenti siano continuamente aggiornati, ma non per tutte è così: esistono, ad esempio, le Pontifícias Universidedas Católicas, dette Puc, università confessionali (fanno parte delle private) che derivano dalle università portoghesi che affidavano l’insegnamento al clero. Qui la ricerca è attiva, e in effetti le prime tra le private a comparire nella classifica del Ruf appartengono a questa categoria.

Chi volesse entrare in una università brasiliana può farlo solo dopo aver superato un test d’ingresso, chiamato vestibular. La selezione è molto rigida, specialmente negli istituti pubblici, che sono i più ambiti e hanno meno posti disponibili rispetto ai privati, perciò solo gli studenti con la preparazione migliore possono farcela. Tutto dipende, quindi, dall’ensino medio (le nostre scuole superiori). In Brasile, però, le scuole in cui è possibile ricevere un’istruzione che soddisfi i prerequisiti di accesso richiesti dalle università pubbliche sono quelle private. In quanto tali, gli studenti che vi si iscrivono di solito provengono da famiglie benestanti, mentre tutti gli altri devono rivolgersi alle scuole pubbliche. Paradossalmente, quindi, chi entrerà nella prestigiosa Universidade de São Paulo, la migliore del Brasile, pubblica e senza tasse da pagare, nella maggioranza dei casi verrà dalla fascia più ricca della popolazione, mentre a frequentare gli istituti privati, a pagamento e con insegnamenti di bassa qualità saranno i più svantaggiati economicamente. A confermare questa situazione c’è, tra gli altri, uno studio condotto dall’UFS (Universidade Federal de Sergipe) nel 2008, il quale spiega che a Sergipe, il più piccolo stato del Brasile, nel 2006 hanno concluso l’ensino medio 15.910 studenti, di cui solo 2.759 provenienti da scuole private. Quelli che hanno superato i vestibulares per l’ensino superior público di questo stato nell’anno accademico 2006/2007 sono stati 2.169 ragazzi provenienti da scuole private e solo 1.862 provenienti da scuole pubbliche. Secondo un’indagine diffusa nel 2011 dall’Università di Berkeley, in Brasile ci sono troppo pochi laureati laureati: solo 1,4 ogni 1.000 abitanti, mentre gli Stati Uniti arrivano a 8,4 e la Svizzera addirittura a 23. Nel corso degli anni, quindi, con lo scopo di estendere al maggior numero di studenti l’accesso all’università, sono state promosse varie iniziative. Una di queste consiste nell’erogazione di borse di studio che agevolino gli studenti più poveri che si iscrivono alle università private. Il programma ProUni (“Programa Universitade para todos”, università per tutti) è il più famoso e attivo da questo punto di vista: dati del 2009 riferiscono che dal 2005 sono state concesse oltre 600 mila borse totali o parziali, a seconda del reddito delle famiglie. Ma non è stato l’unico tentativo per promuovere e ampliare l’accesso all’ensino superior. Luiz Ignácio Lula da Silva, presidente del Brasile dal 2003 al 2011, ha fondato quattordici nuove università pubbliche e aumentato il numero di posti disponibili in quelle già esistenti.  L’attuale presidente Dilma Roussef per proseguire in questa direzione lo scorso agosto ha firmato una legge con la quale le università pubbliche si impegnano a riservare metà dei posti agli studenti che vengono da scuole statali o che fanno parte di minoranze etniche. Le università avranno tempo fino al 2016 per adattarsi a questa novità.

The Economist, in un articolo sottolinea che in Brasile il possesso di una laurea, indipendentemente dal fatto che sia stata conseguita in una università pubblica o privata, è molto importante, perché fa sì che lo stipendio sia automaticamente 2,5 volte quello di un diplomato e cinque volte quello di chi non ha mai concluso l’ensino medio. È bene, quindi, riuscire ad entrare nelle università pubbliche, ma non vanno disprezzate nemmeno le private, che, anche grazie alla loro crescita negli ultimi anni, se non altro hanno avuto il pregio di allargare le possibilità di accesso dei giovani alla formazione superiore.

Laura Crema

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