SOCIETÀ

Francia: verso banche dati trasparenti per la sanità pubblica?

C'è un server a Evreux, in Alta Normandia, di cui tutti i francesi discutono in questi giorni. Non sarebbe una gran notizia, se non fosse per i dati contenuti in quel server. Il database in questione è lo Sniiram, è gestito  dalla Caisse nationale assurance-maladie (Cnam), l’assistenza sanitaria francese, e contiene i dati legati alla salute dei cittadini francesi: tariffe di medici e costi di farmaci e ospedali, qualità di prescrizioni e cure, efficacia dei trattamenti.

Sniiram ha già fatto parlare di sé quando i suoi dati hanno aiutato a smascherare 250 medici che praticavano abusivamente la professione, ed è ora al centro di una petizione che chiede la totale trasparenza dei dati pubblici legati alla sanità. Firmata da ricercatori, operatori sanitari, imprenditori, giornalisti e semplici cittadini, Initiative transparence santé - questo il suo nome - parla direttamente di un "Opa per l'open data" e si fa forte delle affermazioni del premier secondo cui "questo patrimonio immateriale appartiene a tutti i francesi".

La petizione cita l'esempio della Gran Bretagna, che nel corso del 2012 ha varato il General Practice open data, nella consapevolezza che i dati sono le nuove materie prime e l'open data la nuova rivoluzione industriale. Ma i francesi guardano anche alle altre esperienze del nord Europa, dove la pratica dei registri nazionali è storia ormai antica e fruttuosa: a fronte dei 53 registri regionali francesi, la Norvegia vanta ad esempio 16 registri nazionali, mentre Svezia, Norvegia, Islanda e Finlandia hanno messo in comune alcuni dei loro registri riuscendo a monitorare al meglio la salute di 27 milioni di persone: non più un monitoraggio solo nazionale, quindi, ma una sorveglianza adeguata a un mondo con le frontiere aperte e quindi necessariamente più esposto e fragile. E se la Danimarca pare aver istituito i suoi primi registri nazionali già nel 1870, da più parti si invoca, sempre più spesso, una rete europea dei dati sanitari.

Le ragioni di chi chiede l'accesso ai dati sono molteplici, così come lo sono i problemi legati alla gestione dei dati stessi. Una maggiore trasparenza porterebbe certamente a migliorare l’efficienza del sistema sanitario, ma sarebbe anche e soprattutto un grande aiuto alla ricerca, sia per il monitoraggio e lo sviluppo dei farmaci che per il controllo epidemiologico. Farmaci e trattamenti sono efficaci solo se prescritti in modo mirato, mentre troppo spesso - è la denuncia - risultano sotto- o sovraprescritti, e ai pazienti sbagliati. Con ovvie conseguenze sulla spesa sanitaria pubblica, e sulla salute dei cittadini.

Il controllo dei farmaci e della morbilità sono infatti l'altro versante della polemica francese, e forse quello che dà maggiore urgenza alla questione. La Francia ha conosciuto negli ultimi anni due grandi scandali sanitari: il primo è stato Mediator, integratore alimentare utilizzato per la soppressione dell’appetito nelle diete, e sospettato di aver causato la morte di un migliaio di persone (è attualmente in corso un processo); il secondo, più recente, è legato alle pillole anticoncezionali di terza e quarta generazione che hanno dimostrato di avere gravi effetti collaterali, un problema evidenziato anche dalle ricerche danesi che hanno saputo ben sfruttare le loro basi dati.

La domanda che in Francia tutti si fanno ora è: avremmo potuto saperlo in tempo? Nel dubbio, mentre si discute se il pieno accesso ai dati Sniiram avrebbe evitato questi drammi sanitari, è in fase di approvazione in Parlamento una legge che definisce compiti e responsabilità del lanceur d'alertes, e che garantisce adeguata tutela a chi lancia allarmi sanitari e ambientali o segnala rischi emergenti. Le storie di Irène Franchon, pneumologa che ha denunciato i rischi di Mediator, o di altri ricercatori perseguiti legalmente per aver fatto il loro dovere, hanno evidentemente lasciato il segno. Il testo della legge è in continua evoluzione – e, secondo alcuni, al ribasso - ma pare prendere corpo la creazione di agences d'expertise indipendenti, che dovranno mantenere anche un registro degli allarmi, per poterne garantire la tracciabilità e, si spera, l'esito.

Una preoccupazione che fa il paio con gli auspici contenuti nell'ultimo rapporto dell'Agenzia ambientale europea, che - pur occupandosi solo d'ambiente - lancia comunque un monito generale circa l'attenzione dovuta ai segnali premonitori di possibili problemi rilevati dalla scienza e insiste sull'importanza della ricerca applicata e mirata al decision making.

Perché, come scrivono in una dura lettera Jean de Kervasdoué del Cnam e Didier Sicard presidente onorario del Comitato etico consultivo nazionale francese, non sfruttare o sfruttare troppo poco i dati a disposizione equivale a dissimulare la realtà. E, prima ancora, è una"mancanza verso etica e diritto".

Cristina Gottardi

Per saperne di più sull’open data (dati aperti) 

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