SOCIETÀ

Grecia: università? Per l’Fmi si può farne a meno

Le università greche sono sull’orlo del collasso, e rischiano di diventare la vittima più illustre dell’ennesimo giro di vita finanziario imposto dai guardiani dell’austerità che regolarmente calano su Atene dall’Unione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale. La troika di autorità internazionali incaricata di gestire il piano di salvataggio economico della Grecia chiede infatti ora al paese di ridurre drasticamente i dipendenti pubblici. Nello specifico, il governo deve liberarsi di 25.000 funzionari entro la fine dell’anno, spostandoli in una “riserva strategica”, mettendoli in mobilità a stipendio ridotto o licenziandoli. Di questi, pare che la metà sarà prelevata dal personale amministrativo universitario: chi lavora nelle biblioteche, nei laboratori di ricerca e a sostegno del corpo docente. 

I tagli di personale hanno già messo in ginocchio gli atenei greci. L’università di Atene e altre a Tessalonica, Patrasso, Ioannina e Creta hanno chiuso temporaneamente i battenti, annunciando di non essere più in grado di garantire il proprio funzionamento. Il presidente della Federazione docenti universitari Stathis Efstathopoulos ha dichiarato in una lettera indirizzata al primo ministro greco Antonis Samaras: “Anche se si accetta l’idea che abbiamo personale in eccesso, non possiamo, da un giorno all’altro, operare con uno staff ridotto del 40%."

Il grido d’allarme lanciato da Efstathopoulos va dritto al cuore del problema. Secondo gli esperti, il settore dell’istruzione, come tanti altri in Grecia, soffre da tempo di gravi problemi strutturali, causati soprattutto da rovinose politiche populiste e lotte partitiche, e ha bisogno urgente di essere riformato. Ma il ritmo e la profondità dei tagli imposti al governo greco dalla comunità internazionale indeboliscono gli sforzi seri di riforma e rischiano di provocare il collasso generalizzato degli atenei, mettendo ulteriormente a repentaglio la già mediocre qualità dell’insegnamento e della ricerca. 

“Da ormai troppo tempo le università greche sono assoggettate a interessi partitici – dice Yannis Ioannides, professore presso la Tufts University a Boston e impegnato anche sul fronte delle riforme universitarie in Grecia – Certo, alcuni dipartimenti riescono ancora a operare in maniera dignitosa, ma in generale le funzioni accademiche sono state a lungo ignorate a favore di lotte di potere e calcoli politici”. 

La questione non è affatto marginale, tanto che ci sono ormai solo due università greche fra le 500 migliori al mondo, entrambe classificate tra la 480esima e la 500esima posizione. Inoltre, la Grecia produce pochissima ricerca di alto livello, è afflitta da una considerevole fuga di cervelli - con i suoi professori e ricercatori migliori impiegati all’estero - e fatica a dare lavoro a tanti dei propri laureati. Problemi che anche l'Italia conosce.

Vari tentativi di riforma portati avanti negli ultimi anni si sono infranti contro la dura opposizione di quei gruppi che hanno interesse a proteggere lo status-quo, in particolare i rettorati, alcune frange del corpo docente e i rappresentanti eletti dagli studenti, che sono spesso legati ai partiti e non fanno altro che ritrasmetterne il messaggio. 

A questa situazione, già difficile, si è aggiunta la crisi economica e infine l’austerità. Una combinazione dal potenziale esplosivo. I fondi pubblici stanziati per le università sono stati tagliati del 50%, i già bassi stipendi dei professori del 40%. Di nuove assunzioni non se ne parla proprio, e ora gli atenei sono costretti a privarsi di migliaia di dipendenti. “I tagli sono in un certo senso una necessità, ma l’austerity fa male – dice Ioannides - Avrebbe dovuto avvenire più lentamente e gradualmente, per dare modo al paese di adattarvisi”. Quest’ultima riduzione del personale amministrativo, aggiunge poi, “è un po’ come mettere il carro davanti ai buoi.” La riorganizzazione del sistema universitario andrebbe pensata in maniera complessiva e con un progetto di lungo periodo, piuttosto che raffazzonata in pochi mesi e affidata ai soli tagli. 

La situazione insomma è delle più drammatiche e le prospettive sono desolanti. “La completa mancanza di fondi oggi rischia di impedire qualsiasi riforma seria - spiega Costas Meghir, un economista greco che insegna alla Yale University e si occupa di lavoro e istruzione – Mi chiedo spesso cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stata la crisi e penso che la spinta alla riforma del sistema avrebbe avuto maggior successo se avesse potuto svilupparsi non sullo sfondo della recessione e quindi di continue proteste”. 

La chiusura di fatto, non si sa quanto prolungata, delle università rischia ora di privare i giovani greci, appartenenti a una generazione già devastata da un elevatissimo tasso di disoccupazione, persino della possibilità di studi superiori. Un’emergenza che solleva diversi interrogativi sulla strategia perseguita dalla troika. “A questo punto ci viene richiesto un surplus di bilancio di circa il 5% all’anno solo per rimanere dove siamo – dice Meghir – Ma non si può togliere il 5% da un’economia e pensare che rimanga sostenibile.” Secondo il professore di Yale, la comunità internazionale deve valutare seriamente l’ipotesi di offrire alla Grecia una riduzione dell'ammontare del debito (in gergo: haircut), se il paese sarà capace di implementare le necessarie riforme in un periodo prestabilito. “Questa sarebbe una mossa non solo necessaria, ma anche utile perché darebbe speranza al pubblico greco e silenzierebbe gli estremismi”. 

Per conto loro, conclude Meghir, la classe politica e le dirigenze universitarie greche devono essere disposte a fare proprio il processo di riforma, che per il momento hanno trovato invece molto indigesto. Una prospettiva che, con gli atenei chiusi per l'impossibilità di garantire il proprio funzionamento, sembra complicarsi sempre più.

Valentina Pasquali

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