SOCIETÀ
Il big bang dell'editoria americana
Foto: Daniel Biskup/laif/contrasto
È stata completata il primo luglio di quest’anno la fusione tra Penguin e Random House, che, assieme, rappresentano ora il 25% del mercato mondiale del libro e hanno oltre 10.000 dipendenti e quasi 4.000 miliardi di dollari di ricavo annuale. Delle sei grandi case editrici americane ne rimangono così cinque - le altre sono HarperCollins, Simon & Schuster, Hachette e Macmillan. Si tratta dell’ennesimo sussulto di un’industria in perenne sommovimento, alla ricerca della giusta ricetta di rinnovamento che le permetta di sopravvivere all’avvento di Internet e dei nuovi giganti del commercio online come Amazon.
Il merger delle due società ha assunto ancor maggior rilevanza con l’annuncio, la settimana scorsa, dell’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon. La notizia ha provocato grande clamore in tutto il mondo giacché l’accordo tra Bezos e Don Graham, discendente della dinastia che controlla il venerabile quotidiano della capitale americana da ottant’anni, rappresenta l’incontro tra forze che finora si sono trovate su fronti opposti della battaglia per plasmare il futuro dell’informazione e dell’editoria. Da un lato sta uno dei grandi marchi della carta stampata internazionale. Dall’altro lato invece è uno degli imprenditori più innovativi, ma anche più esigenti, della nuova economia di Internet, un uomo che da quasi vent’anni è alla testa della rivoluzione tecnologica che sta sconvolgendo industrie di ogni tipo, da quella alimentare a quella cinematografica.
Paradossalmente, uno tra i settori più colpiti dall’avvento di Amazon è stato proprio quello dell’editoria. Date le somiglianze con il mondo dell’informazione, e sullo sfondo della sua inaspettata decisione di comprare il Washington Post, vale quindi la pena di ripensare all’impatto avuto da Bezos e da visionari come lui sull’industria editoriale, nella speranza di capire cosa questo possa fare presagire per il giornalismo a stelle e strisce.
Lanciata nel 1995, Amazon partì come semplice rivendita di libri online, che Bezos spediva personalmente in ogni angolo del Paese dal garage di casa propria. Le prime vittime del successo di questo nuovo modello di commercio via Internet furono naturalmente i negozi indipendenti di libri, il cui numero è sceso da oltre 4.000 vent’anni fa ai 1.900 ancora in esistenza nel 2012. Ma anche le grandi catene hanno sofferto, basti pensare alla bancarotta dichiarata da Borders nel 2011 e la conseguente chiusura di centinaia dei suoi punti vendita. Oggi Amazon controlla il 25% delle vendite dei libri stampati. Questo però è stato solo l’inizio della rivoluzione. Lo sviluppo degli eReader, a partire dal Kindle, che fu introdotto da Amazon nel 2007, ha permesso la diffusione dei libri in versione digitale e colpito al cuore la tradizionale industria del libro su carta. Nel 2012, gli ebook rappresentavano già il 20% del mercato editoriale e si stima che nei prossimi anni arriveranno a toccare circa il 40%.
La più recente sfida al complesso industriale editoriale arriva ora dalla rapida crescita di piattaforme per l’auto-pubblicazione. Secondo dati rilasciati dalla catena di librerie Barnes & Noble, che ha sviluppato il software di auto-pubblicazione PubIt!, il 25% delle vendite sui propri dispositivi Nook (uno dei rivali del Kindle, anche se al momento versa in precarie condizioni di salute è rappresentato oggi da libri pubblicati direttamente dagli autori.
Si arriva così alla fusione di Penguin e Random House. La rivoluzione tecnologica dell’industria editoriale pare aver dato vita a due tendenze contrapposte. Da un lato, sta aumentando la concentrazione del mercato nelle mani di poche e grandi case editrici. Dall’altro, il mercato si sta simultaneamente frammentando. “La concentrazione dell’industria sta prendendo piede perché il governo lo permette e perché gli attori tradizionali non vogliono più farne parte – spiega Mike Shatzkin, fondatore e Amministratore delegato di Idea Logical, una società che fa consulenza alle case editoriali - L’atomizzazione avviene per via della nuova facilità di raggiungere il mercato senza dover avere alle spalle le dimensioni necessarie a approdare nelle librerie e per via del numero di aziende che rendono questo possibile senza che uno debba possedere alcuna competenza tecnica”.
Se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, le trasformazioni dell’ultimo decennio hanno fatto sì che oggi si pubblichino più titoli che in passato. “Se guardi ai dati relativi al 2012, sono stati oltre 300.000 i nuovi titoli pubblicati negli Stati Uniti in formato tradizionale, e oltre un milione quelli in formato non-tradizionale, che comprende gli ebook ma anche la collezione di ricette della zia – dice Al Greco, professore di marketing presso la Business School della Fordham University e esperto di industria editoriale - Non si sono mai visti numeri del genere”.
Il problema, quindi, non è di quantità ma di qualità. Questo nuovo panorama editoriale così variegato e competitivo è in grado di sostenere economicamente la struttura di agenti letterari, correttori di bozze ed esperti di pubbliche relazioni che costituisce le case editrici di oggi, garantendo ai lettori un certo livello letterario e agli autori un reddito sostenibile?
Sono queste le stesse domande, per ora senza risposta, che si pongono oggi i professionisti dell’informazione, anch’essa travolta dalle nuove tecnologie che hanno lasciato il pubblico con una quantità di notizie impossibile da processare e i giornalisti senza stipendio. Per quanto riguarda il nuovo Washington Post targato Bezos, quindi, l’auspicio è che la sinergia tra il vecchio e il nuovo funzioni: se possibile, altrettanto bene che nel caso di A Naked Singularity di Sergio De La Pava. Questo libro di 700 pagine, che segue le peripezie di un giovane pubblico ministero, era stato infatti auto-pubblicato dall’autore nel 2008, ha attratto lentamente l’attenzione dei lettori e ha poi finito con l’essere acquistato e pubblicato in formato cartaceo da University of Chicago Press nel 2012. Infine, pochi giorni fa De La Pava ha vinto il prestigioso premio letterario PEN/Robert W. Bingham per la migliore opera prima. E ora il suo libro si prepara davvero a scalare le classifiche.
Valentina Pasquali