SOCIETÀ

L’Aquila e la ricostruzione, gli studenti scelgono il “fai da te”

“Siamo partiti con l’idea di realizzare piccoli interventi di agopuntura urbana, per permettere alla città di rialzarsi iniziando, prima di tutto, dal sociale”. Due anni fa, in un clima di assoluta incertezza e disillusione - nel periodo in cui un’indagine Microdis L'Aquila, finanziata dalla Comunità Europea e realizzata dalle università di Firenze, Marche e L'Aquila, rivelava che il 71% degli aquilani considerava la comunità “morta assieme al terremoto” e il 73% denunciava “una totale mancanza di posti di ritrovo”- un gruppo di giovani progettisti e studenti dell’ateneo aquilano viaggiava controcorrente, si rimboccava le maniche per costituire l’associazione Viviamolaq. Un’unica missione: riattivare il territorio colpito dal sisma, attraverso la costruzione di spazi aggregativi. “Dopo il terremoto del 2009 venne realizzato il piano C.A.S.E. (complessi antisismici sostenibili ecocompatibili, piattaforme poggiate su pilastri con oscillatori sismici, ndr) – spiega Stefano Mont Girbés, tra i fondatori dell’associazione - Un progetto concepito come soluzione permanente a cui andavano ad aggiungersi i MAP, moduli abitativi provvisori, ovvero grandi complessi residenziali provvisori da smantellare, secondo le intenzioni iniziali, dopo una decina d’anni”, abitazioni di legno di piccole dimensioni (due piani al massimo) pensate per accogliere, a tempo determinato, gli sfollati, soprattutto anziani,  in attesa di un trasferimento in nuovi e definitivi nuclei abitativi.

Costruiti in tutta fretta per rispondere a un’emergenza, e quindi inizialmente concepiti come luoghi di passaggio, tutti uguali, i MAP non prevedono spazi di condivisione, luoghi di ritrovo e socialità. “Volevamo dunque colmare il vuoto – continua Stefano – Ci siamo resi conto che a queste persone mancavano spazi di aggregazione, luoghi dove trascorrere del tempo insieme. Abbiamo iniziato visitando i ventuno MAP del territorio aquilano, bussando a tutte le porte e chiedendo alla gente cosa serviva davvero e cosa potevamo fare noi per aiutarli e migliorare la qualità della loro vita. Abbiamo stilato un elenco con i desiderata individuando i primi MAP dove attuare piccoli interventi e recuperare i primi fondi”.

I ragazzi di Viviamolaq scelgono di partire da Santa Rufina, frazione di Roio, località a sudovest del comune de L’Aquila, tra le più devastate dal sisma, “che ospita un MAP eterogeneo con anziani, bambini, coppie giovani, una comunità con grande voglia di partecipare e fare qualcosa di buono. Attorno alla casetta che avevano già costruito da soli, pensata per ospitare la messa e incontri di ballo, ci hanno chiesto di realizzare un parco giochi, protetto dai pericoli della strada; poi ci hanno chiesto uno spazio coperto per gli anziani, perché non esisteva un luogo dove ritrovarsi, fino a quel momento gli anziani si sedevano alla fermata dell’autobus, cercando riparo sotto la pensilina. E ancora, panchine e recinzione per il parco giochi. Abbiamo cercato di soddisfare tutte queste richieste”.

Parcobaleno non è dunque un unico progetto, non si tratta solo di un parco giochi, è molto di più: è il tentativo di un gruppo di giovani di restituire dignità e anima, sotto forma di socialità, alla gente de L’Aquila. “L’idea progettuale – spiegano i progettisti - si materializza in un unico elemento fluido, un ‘nastro’, ottenuto con la giustapposizione di moduli preassemblati e differenziati, che avviluppa l’area e ingloba le varie funzioni, suddivise per aree tematiche: area creatività, sport, giochi tradizionali, verde attrezzato. Il nastro si piega e si modella: nasce dal terreno, si alza per trasformarsi in panchina, si torce per divenire un recinto, si raggrinza per definire un tavolo e delle sedute, cresce fino a trasformarsi in portale di ingresso”.

Buona volontà, idee e competenze messe in campo da architetti e ingegneri, e utilizzo di materiali di recupero, “di esubero dei cantieri aquilani della ricostruzione come i tubi innocenti dei ponteggi utilizzati nei puntellamenti e i listelli di legno dei pallet”.

I lavori per il Parcobaleno si sono conclusi nel dicembre 2013, ora Viviamolaq sta lavorando a un nuovo progetto per il MAP di Bagno. Ma il problema principale è legato ai finanziamenti. Pur partendo dal concetto del riuso dei materiali, servono fondi. “Gli abitanti stanno organizzando collette (e nel 2012 è stata lanciata anche un’asta della maglia autografata dalla Nazionale di calcio per raccogliere fondi), ma, pur trovando collaborazione, anche e soprattutto con sconti sulla manodopera, quello che costa di più sono i giochi e il trasporto dei materiali”. Per conoscere e sostenere i progetti di architettura partecipata di Viviamolaq: viviamolaq.blogspot.it 

 Francesca Boccaletto

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