SOCIETÀ

L’impopolarità della pena capitale: tra statistica e contraddizioni

La pena di morte è inserita nei codici di 91 paesi nel mondo, ma nel 2011 solo in 21 di questi sono state compiute esecuzioni capitali. In molte parti del pianeta il fenomeno sembrerebbe in netto calo, poiché dal 1976 a oggi ben 123 stati l’hanno di fatto abolita, riconoscendola un’inutile barbarie del passato. Ma nella “più grande democrazia del pianeta” (al sesto posto dei paesi con più giustiziati, dopo Cina, Iran, Arabia Saudita, Corea del Nord e Iraq) le battaglie condotte dagli attivisti per i diritti umani sembrerebbero non attecchire, lasciando spazio alle contraddizioni e alle occasioni perdute.

La pena di morte fu infatti sospesa dal 1972 al 1976 a seguito del caso Furman v. Georgia, ma la Corte Suprema reinterpretò in seguito la decisione, di fatto consentendo agli stati di ripristinare l’esecuzione capitale.

Tuttavia nel 2012 solo 9 stati americani (dei 34 che la prevedono) hanno ordinato esecuzioni, giustiziando 43 detenuti. Curiosamente, lo stesso numero del 2011, mentre nel 2010 le esecuzioni furono 46. Per quanto riguarda gli ultimi anni, si tratta di statistiche sostanzialmente stabili, lontane dal picco del 1998 (100 esecuzioni) e non troppo distanti dal minimo del 2008 (37 detenuti giustiziati).

Se si considera il numero di stati americani che ancora eseguono condanne a morte, gli abolizionisti sembrerebbero quindi sul punto di raggiungere i propri obiettivi. Nel 2007 il New Jersey ha messo al bando la pena capitale, mentre nel 2011 l’ha fatto l’Illinois. E in California, Connecticut, Florida, Maryland e Ohio sono in discussione disegni di legge che intendono abolirla. Di fatto la pena di morte sta diventando una questione regionale con Texas, Oklahoma e Virginia che hanno compiuto più della metà di tutte le esecuzioni dello scorso anno.

L’annuale rilevazione Gallup sull’argomento mostra però come l’opinione pubblica resti ancora nettamente favorevole alla pena di morte. Se nel 2011 si toccò il numero minimo di favorevoli dal 1972 (61%), a fine 2012 questa percentuale è già risalita, comunque ben lontana dal picco di popolarità dell’80% raggiunto a inizio anni Novanta. Perché la maggioranza degli americani continua a dichiararsi a favore della pena di morte? Forse perché per molti togliere la vita a un individuo è l’unica pena possibile per un uomo che abbia tolto la vita un altro uomo. Una sorta di biblico “occhio per occhio” che non è riscontrabile soltanto nelle persone più bigotte, religiose o conservatrici, ed è trasversale ai diversi ceti sociali.

Le associazioni abolizioniste, consce della scarsa persuasività delle ragioni morali e filosofiche cercano di far breccia nella cittadinanza insistendo sugli errori giudiziari e sui costi connessi al mantenimento dell’istituto della pena capitale. Dal 1973 a oggi, ben 138 persone sono state rilasciate perché innocenti mentre erano nel braccio della morte e almeno quattro uomini (tre in Texas e un caso in Missouri) sono stati dichiarati non colpevoli solo dopo essere stati giustiziati.

L’esecuzione in sé non è costosa, la dose di veleno usata in Texas per l’iniezione letale costa circa 80 dollari. Ma le battaglie legali che spesso si dilungano per anni costano molto. Uno studio dell’Università di San Diego ha stimato che le 13 esecuzioni che si sono tenute in California dal 1978 a oggi sono costate allo stato complessivamente 288 milioni di dollari. Anche per questa ragione, per la prima volta quest’anno, i contribuenti californiani sembrano preferire l’ergastolo alla pena di morte come massima pena possibile. Nonostante i notevoli passi avanti verso l’abolizione della pena di morte, è improbabile che essa possa scomparire dal territorio americano tutta in una volta.

La Corte Suprema, ancora considerata tendenzialmente conservatrice, solo nell’ultimo decennio ha dichiarato inammissibile giustiziare minorati mentali (con un quoziente intellettivo inferiore a 70) e giovani sotto i 18 anni. Forse prima o poi arriverà il momento in cui anche  i giudici della Corte dovranno confrontarsi con l’ottavo emendamento della Costituzione, cioè quello che vieta esplicitamente ogni “cruel and unusual punishment”. Per molti abolizionisti già questo sarebbe sufficiente a rendere illegale la pena capitale e rappresenterebbe una chiara indicazione contro la pena di morte fornita oltre duecento anni fa dagli stessi padri fondatori.

Marco Morini

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012