SOCIETÀ

Otto maggio 1945: la “sconfitta felice” della Germania

Ogni 8 maggio diversi Paesi dell’Europa occidentale celebrano la fine della seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazifascismo: per gli anglosassoni il Victory in Europe Day (V-E Day). In Russia invece si festeggia il 9 maggio – celebrato anche quest’anno con parate militari e retoriche patriottiche – visto che la resa delle truppe tedesche sul fronte orientale venne firmata un giorno più tardi.

Oggi l’Europa, compresa la Germania, guarda a quei giorni come alla fine del più grande conflitto della storia contemporanea, ma anche come all’inizio di un nuovo ordine. Che, a ottant’anni di distanza, sembra in qualche modo in crisi. Nel suo intervento video Marco Mondini, docente di storia contemporanea presso l’Università di Padova, invita a riflettere criticamente sulla ricorrenza, sulle sue ambivalenze e sul significato che oggi può ancora assumere per l’Europa.

Riprese e montaggio di Massimo Pistore

L’8 maggio 2025 potrebbe veramente essere una nuova ‘ora zero’ per l’Europa”, sottolinea lo storico, richiamando il concetto tedesco di Stunde Null: una cesura totale con il passato da cui ripartire lasciandosi alle spalle responsabilità individuali e collettive. Una visione secondo la quale le sofferenze patite dai tedeschi – città rase al suolo, milioni di morti, espulsioni dall’Est – venivano messe in modo spesso autoassolutorio sullo stesso piano rispetto agli orrori del nazismo. 

Dopo 80 anni i tedeschi festeggiano finalmente una disfatta che fu anche una liberazione – commenta Mondini –. Una sconfitta felice, come l’ha definita la Frankfurter Allgemeine Zeitung, che ha permesso la costruzione di una Germania democratica, pacificata e integrata nel progetto europeo”. Perché allora oggi è possibile parlare di un nuovo inizio per l’Europa? La risposta va cercata nel contesto geopolitico attuale, caratterizzato dalle tensioni con la Russia e dal riemergere di conflitti e autoritarismi.


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Uno scenario in cui le parole del presidente federale tedesco Frank-Walter Steinmeier a favore di nuovi investimenti in sicurezza e difesa hanno segnato una svolta, suscitando per la verità più di qualche inquietudine anche in Italia. Mondini invita a leggere queste parole non come un ritorno ai fantasmi del passato, ma come un atto di responsabilità: la Germania di oggi non è quella del 1939, è un Paese che ha compiuto un lungo e faticoso percorso di rielaborazione del passato, come dimostrano le scuse ufficiali pronunciate dallo stesso Steinmeier nei luoghi delle stragi naziste, a partire da Marzabotto.

Secondo lo storico, autore del libro Il ritorno della guerra (Il Mulino 2024), il riarmo di cui si parla oggi nasce non per una volontà egemonica ma per garantire la sopravvivenza di ciò che resta dell’ordine liberale e democratico. L’Europa del 2025, spiega Mondini, è rimasta sola: per questo l’8 maggio è anche l’occasione per ricordare che pace e libertà non sono mai acquisite una volta per tutte, e che anche la memoria della sconfitta – se affrontata e compresa – può essere il fondamento di una rinascita.

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