CULTURA

Il commissario Brunetti ci spiega l’Italia

In Germania si lavora alacremente per dare un seguito alla serie televisiva (protagonista l’attore Uwe Kockisch) di cui i tedeschi sanno tutto e noi continuiamo a non sapere nulla: le avventure del Commissario Brunetti, un veneziano doc che indaga sugli omicidi della città lagunare nonostante gli ostacoli che superiori e politici mettono sul suo cammino. La peculiarità di questi best seller tradotti in 23 lingue è che non vengono tradotti in italiano per espressa volontà dell’autrice, una cordiale signora americana che da 32 anni vive a Venezia. Anche il libro di Toni Sepeda Brunetti’s Venice, una guida letteraria alla città vista attraverso gli occhi del commissario, è introvabile in italiano per volontà di Donna Leon.

La prolifica scrittrice, benché nata nel New Jersey, con Death at La Fenice (1992) si guadagnò d’autorità l’iscrizione al club degli scrittori mediterranei che usano la forma del romanzo giallo per vivisezionare le società di cui parlano.

Brunetti, come Charitos, Montalbano e Petra Delicado, ha quotidianamente a che fare con burocrazie che proteggono i politici, i milionari e chiunque abbia potere: Italia, Grecia e Spagna sono accomunate da questo fardello che nulla sembra poter scalfire. Donna Leon è ancora più pessimista di Petros Markaris nel descrivere il suo Paese di adozione e indulge un po’ troppo negli stereotipi, strizzando l’occhio ai suoi lettori tedeschi: in Acqua alta (1996) il medico legale Rizzardi dice: “Dovremmo eleggere un sindaco tedesco, allora le cose funzionerebbero”.

Nello stesso tempo, Brunetti conserva intatto lo stupore per la bellezza di Venezia: guarda con orrore ad alcuni degli orrendi edifici che hanno sfigurato la città ma nello stesso tempo mantiene la capacità di emozionarsi attraversandola: “Pensò con tristezza, non certo per la prima volta, al costo dell’avidità umana. Attraversò l’ultimo ponte ed entrò in piazza e tutta la malinconia se ne andò in un istante, cacciata dal potere di una bellezza che solo l’uomo può creare. (…) Brunetti sorrise vedendo quanto più imponente fosse la bandiera con il leone di S. Marco, ruggente sullo sfondo scarlatto, delle tre bande verticali della bandiera italiana” (The Death of Faith).

Ci sono romanzi dove gli sfondi sono solo di cartone, luoghi anonimi che servono unicamente per dare risalto ai personaggi: il commissario Montalbano, si muove in una cittadina dal nome di fantasia, Vigata, di cui sappiamo solo che è sul mare, ha una trattoria dove si mangia meravigliosamente e non è troppo lontana da Trapani e Palermo. Una scelta stilistica cosciente, da parte di Camilleri, che in questo modo sottolinea come tutta la Sicilia sia simile alla cittadina dove sono ambientati i romanzi.

Donna Leon adotta una strategia opposta: è maniacale nelle sue descrizioni di Venezia, nel dirci quale vaporetto usa il commissario per andare a casa (la linea 1), nel precisare quale bar frequenta nelle pause (quello sui gradini del ponte dei Greci), nell’indicare il fiorista preferito dai veneziani (Biancat) o il bar dove da studente sedeva al sole con la futura moglie (Paolin, alle Zattere). Un eccesso di precisione che tradisce l’insicurezza della straniera alle prese con una città dove non è nata, pur avendoci vissuto per decenni.

Brunetti, come Charitos e al contrario di Montalbano e Petra Delicado, ha una vita sentimentale tranquilla: la moglie Paola che cucina,  una figlia ecologista e vegetariana, un figlio che studia diligentemente. Il suo microcosmo, a differenza di quello del commissario ateniese, è piuttosto upper class: non solo la moglie è un docente universitario ma è inserita, attraverso il padre, che porta un nome da doge, Falier, nei circoli del potere. Più di una volta, il commissario ricorrerà al suocero per informazioni decisive nella soluzione del caso.

Come Maigret, Brunetti accumula prove lentamente, è un poliziotto normale, si affida alla sua capacità di comprendere le persone più che alle indagini di laboratorio. Non usa tecnologie, se non il cellulare, e rimane sempre sorpreso dalle scoperte che la segretaria del vicequestore, Elettra Zorzi, gli offre su un piatto d’argento dopo essere penetrata, del tutto arbitrariamente, in mille database (The Golden Egg, uscito poche settimane fa, è il primo romanzo in cui si serve di un computer).

Vagamente di sinistra (moglie e figlia sono più radicali di lui), Brunetti fa il suo lavoro senza illusioni ma con determinazione: nel nuovo libro della serie, però, lo scopriamo a leggere Il Fatto Quotidiano. Forse Donna Leon lo ha fatto votare per Grillo.

Fabrizio Tonello

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