CULTURA

Sole e sangue: delitti cruenti tra vudù e fantasmi del passato

Le vacanze sono quel magico periodo in cui ci rilassiamo e diventiamo più tolleranti verso i piccoli fastidi generati dal nostro prossimo. Almeno finché il nostro prossimo non viene a interrompere la lettura di Sole e sangue di Jérôme Loubry (Sem, 2023), perché a quel punto tutto l'afflato zen vacanziero si dà alla macchia. Sole e sangue non è un libro che puoi lasciare a languire sotto l'ombrellone soltanto perché qualcuno ha bisogno di una mano con le parole crociate, Sole e sangue ti risucchia tra le sue pagine e se non riesci a finirlo in un giorno sarà solo perché non ce la fai a dire "no" alle persone che richiedono la tua attenzione (consigliamo infatti la lettura durante un viaggio in solitaria).

Del resto l'autore francese ci aveva già abituato alle atmosfere inquietanti che ti sanno ipnotizzare finché non dimentichi di avere fame e sete: anche nel suo Perché hai paura? era riuscito a creare una dimensione onirica in cui realtà e finzione andavano a sovrapporsi fino a risultare indistinguibili l'una dall'altra. Il secondo romanzo pubblicato in Italia però batte il primo, sia per intreccio che per scrittura (potrebbe però essere un filo cruento per le persone troppo impressionabili, perché l'autore sa tratteggiare scene molto realistiche che si imprimono nella nostra mente con la potenza di un fuoribordo che attracca illegalmente in una spiaggia privata. Nulla di troppo splatter, comunque, e manca di sicuro quel compiacimento che caratterizza altre opere più sanguinolente: vi avvisiamo solo per non farvi andare di traverso la granita che vi siete fatti portare senza smettere di leggere).

Salvo il prologo, in cui un uomo sconosciuto dà fuoco a un edificio abbandonato che si chiama Gaia Tomba e che aveva ospitato un orfanotrofio, la storia comincia ad Haiti, a dicembre 2009. E già qui si accende una sensazione di ineluttabilità, perché tutti sappiamo cos'è successo sull'isola a gennaio 2010. Prendiamo nota mentalmente di non affezionarci troppo ai personaggi che incontriamo, perché ognuno di loro potrebbe essere una delle 223.000 vittime del terremoto, che è una presenza quasi ossessiva in tutto l'arco della storia. Poi, come spesso accade, i nostri propositi si schianteranno contro la costruzione sapiente dei protagonisti, molto reali nella loro imperfezione, ma ancora non lo sappiamo, e quindi procediamo baldanzosi nella lettura. Il protagonista è un ispettore, Simon Bélage, che durante l'infanzia ha assistito alla morte di sua madre, avvelenata dai concittadini perché secondo il vudù una donna troppo bella è pericolosa e non ha il diritto di esistere. Da quel momento ha cominciato a tenersi alla massima distanza, fisica e mentale, dal culto dell'isola, senza considerare che quello che volutamente ignoriamo non smette di esistere per farci un piacere.

Proprio per questo motivo, quando trova due coppie mutilate e disposte in una posa rituale, con la lingua e i genitali tra le mani, si convince che il vudù non c'entri nulla e che sia tutta una messinscena. A fianco di Simon facciamo la conoscenza di Manus, un agente che ha avuto una relazione con Rachelle, la figlia del suo capo, che però lo ha lasciato perché voleva concentrarsi sui bambini che ogni giorno ad Haiti andavano ad alimentare il traffico degli esseri umani e che diventavano, se gli andava bene, figli di americani danarosi pronti a sborsare ingenti cifre a orfanotrofi come la Gaia Tomba, mentre se gli andava male venivano utilizzati come schiavi o addirittura oggetti sessuali. Insieme al pericolo del terremoto, cominciamo a percepire un senso di minaccia, perché ad Haiti non ci si può fidare di nessuno: anche se ufficialmente le ultime tracce della dittatura di Duvalier sono state cancellate, crudeltà e corruzione sono ormai sistematizzate all'interno di una società che sente profondamente la dicotomia insanabile tra i ricchi che vivono a Pètion-Ville, il quartiere delle vittime, e i poveri delle baraccopoli, destinati a condurre un'esistenza in cui sopravvivere è l'unica leva che spinge all'azione.

Nel frattempo, senza apparente soluzione di continuità, veniamo trasportati in Francia, dove Vincent racconta la sua storia d'amore con Meline, cominciata con il mito di Orfeo ed Euridice che fluisce da un disco della Callas e che fa eco al re degli elfi di Perché hai paura?: il mito è di nuovo utilizzato come archetipo che permette di comprendere una realtà quando le parole non riescono a spiegarla e le menti non riescono a metterla a fuoco (ma il ricordo sì, e anche il dolore dimenticato che rimane inciso sulla pelle). Quello di Vincent e Meline è un grande amore, eppure lei non riesce a essere completamente felice, come se sentisse incombere una nube che lei stessa non conosce, ma che in qualche modo percepisce. E Meline non è l'unica su cui grava una minaccia: anche i suoi genitori, nonostante la vita agiata, si sentono inseguiti da qualcosa che non vogliono affrontare, anche quando l'alternativa è una morte senza assoluzione.

E poi c'è una storia più antica, quella dei sei. Quella più terrificante, e se anche volessimo liquidarla come opera di fantasia, l'autore ci ha messo in guardia dalla prima pagina:

Una parte di questo racconto è pura finzione. L'altra parte è reale e sempre attuale. È la più tragica. Jérôme Loubry

Al di là dell'intreccio ben costruito, quello che ci spaventa alla fine di Sole e sangue è sapere che la storia da cui ci stiamo separando è immaginata, ma plausibile in un luogo in cui spiriti e riti cruenti fanno parte della vita quotidiana, e non c'è un vero confine tra la realtà e le credenze, perché queste ultime hanno un impatto tangibile sulla vita di tutti gli abitanti, in particolare quelli più deboli. Se anche Baron Samedi, il perfido spirito dei morti, è un prodotto dell'immaginazione, la sua crudeltà scorre tangibile nella terra haitiana, mentre sotto il sole si consuma silenziosamente la vendetta di chi non ha dimenticato.

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