SOCIETÀ

La povertà? Una malattia

Salute non significa assenza di malattia. Parte da questo assunto, che si alimenta del corollario “la povertà estrema è una malattia”, la discussione su “Salute e migranti. le possibili sinergie tra servizi sanitari e organizzazioni umanitarie”, il convegno organizzato da Medici senza frontiere Italia con la Scuola di Medicina e chirurgia e il dipartimento di Medicina-Dimed dell’università di Padova in occasione della Giornata internazionale del migrante. Per Medici senza frontiere il convegno diventa anche un tassello importante nella collaborazione strutturata con il mondo medico accademico e sanitario: “È necessario un confronto sinergico tra operatori del servizio pubblico, del mondo accademico, delle istituzioni, delle associazioni e del privato sociale. Perché il tema della salute dei migranti riguarda da un lato il diritto del singolo al proprio benessere e dall’altro la governance complessiva del sistema sanitario esposto a nuove sollecitazioni che richiede nuove integrazioni”.

Una riflessione che trova la propria ragione sia nella povertà crescente sia nella necessità di circoscrivere le paure alimentate spesso in maniera scellerata dai media che fungono da megafono per politici xenofobi. A Lampedusa non è mai stato segnalato alcun caso di ebola, eppure stavamo aspettando la grande pandemia, e anche la tubercolosi, altro spauracchio molto agitato, in realtà è assai rara.

Da uno studio sui migranti che sbarcano in Italia condotto la primavera dello scorso anno, risulta che il 75% di loro è sano, mentre il 23% presenta problemi di salute legati alle pessime condizioni del viaggio.

In realtà i migranti spesso si presentano in pronto soccorso dopo alcune settimane o mesi dal loro arrivo, malati a causa delle pessime condizioni di vita che conducono. La necessità sanitaria vera è quella della prevenzione, ma in questo momento appare difficile trovare soldi per la prevenzione, soprattutto per gli immigrati, e quindi mancano le vaccinazioni anche se sarebbe indispensabile garantire protezione da rosolia, papilloma virus, tubercolosi, epatite. Così anche la poliomielite diventa un problema perché calano le vaccinazioni tra gli italiani e gli adulti migranti non vengono vaccinati.

“Dobbiamo cambiare mentalità e dimenticare la ‘medicina difensiva’ che nasce da una xenofobia vetero-culturale: serve un approccio culturale che consideri la conoscenza una protezione e quindi la medicina solidaristica quale valore del ciclo assistenziale” ha affermato Santo Davide Ferrara, presidente della Scuola di Medicina e chirurgia dell’università di Padova.

Ne sono ben consapevoli anche i responsabili di Emergency che da qualche anno hanno aperto ambulatori anche in Italia proprio per dare una mano ai migranti senza però lasciar fuori gli italiani più deboli.

Dal dicembre 2010 a Marghera funziona un ambulatorio di Emergency che offre assistenza in medicina generale, pediatria, odontoiatria, otoiatria, ostetricia e ginecologia, oculistica, effettua  medicazioni e aiuta per le pratiche amministrative legate alla sanità. Da quando è stato aperto sono state visitate 26.700 persone (dato al 30.06.2014), 4.600 nei primi sei mesi del 2014.

L’ambulatorio voluto soprattutto per garantire assistenza ai migranti, in realtà accoglie anche molti italiani: gli utenti appartengono alle fasce vulnerabili della popolazione e negli ultimi due anni il numero di italiani è costantemente cresciuto e a Marghera la percentuale raggiunge il 20%. La povertà cresce e il poliambulatorio diventa una cartina di tornasole perché qui l’assistenza è totalmente gratuita, protesi mobili comprese e anche per questo qui gli ambulatori odontoiatrici sono due.

Oltre a quello di Marghera, Emergency ha aperto un poliambulatorio a Palermo dal 2006 e uno a Polistena (Reggio Calabria) dal 2013 e a breve ce ne sarà un altro a Ponticelli, periferia di Napoli. Ci sono anche quattro sportelli di orientamento socio-sanitario a Sassari, Messina, Catania e Ragusa e quattro cliniche mobili che girano per la Campania, la Sicilia e la Puglia.

Tutto questo è il “Progetto Italia” di Emergency, nato dalla consapevolezza che nonostante sia un diritto riconosciuto dalla Costituzione, anche in Italia il diritto alla cura è talvolta un diritto disatteso. Sono in particolare i migranti stranieri e i poveri i soggetti che spesso non hanno accesso alle cure di cui hanno bisogno perché conoscono poco i propri diritti, hanno difficoltà linguistiche, si muovono con difficoltà all’interno di un sistema sanitario complesso. Il programma seguito dai poliambulatori si inserisce in un quadro di protocolli e convenzioni con le amministrazioni locali, le prefetture e le Asl, e si regge sul lavoro di medici volontari.

Che il progetto di Emergency sia necessario, trova conferma nell’intervento del professor Aldo Morrone, presidente dell’Istituto mediterraneo di ematologia, al convegno su salute e migranti. Arrivato direttamente da Shatila, il campo profughi palestinese alle porte di Beirut dove nel 1982 i falangisti  libanesi compirono un massacro passato alla storia, Morrone racconta come qui – e non solo  qui purtroppo – partorire senza correre rischi sia impossibile perché mancano l’acqua, le coperte, i farmaci più comuni: “Qui si capisce che la povertà estrema è una malattia, che la salute non è il numero di prestazioni sanitarie fornite. L’Oms ci dice che in 194 Paesi esiste l’ingiustizia sociale su larga scala. È un crimine non agire di fronte a questa situazione. Noi assistiamo alla strage degli innocenti in silenzio accettando che al mondo in un anno un milione e novecentomila bambini muoia per colpa della diarrea dovuta alla mancanza acqua potabile e invece, sottolinea Morrone, subiamo gli appalti criminali degli interventi di manutenzione ordinari e straordinari”.

Donatella Gasperi

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