UNIVERSITÀ E SCUOLA

L'Africa che non ti aspetti è nelle università

Esiste anche un’Africa delle riviste finanziarie, delle analisi statistiche e demografiche. È una rising Africa che riscatta la propria immagine di povertà, guerra e malattia, grazie a un’ormai affermata e vertiginosa crescita economica, fino a diventare, secondo le più autorevoli testate del settore, una potenziale futuribile sede del potere economico mondiale. Un continente che entro il 2035 avrà la più grossa forza lavoro del pianeta, più di quella cinese, rispetto a una fascia di anziani non lavoratori di molto inferiore rispetto a qualsiasi altro continente, grazie (o purtroppo) a tassi ancora molto alti di natalità rispetto a una mortalità assai diffusa in età precoce in molte nazioni. E che quindi oggi sente l’urgenza di formare i propri giovani e preparare professionisti qualificati, dei quali ha cronica mancanza e assoluto bisogno.

A marzo di quest’anno il presidente del Ghana ha annunciato la costruzione di una nuova università, la decima della nazione, per andare incontro a una richiesta di formazione che cresce vertiginosamente. Fra le nazioni dell’Africa meridionale, l’incremento più rilevante nell’educazione terziaria è previsto in Botswana e Mauritius, ma in questo campo a guidare il continente africano è saldamente il Sudafrica, dove solo negli ultimi mesi sono state istituite due nuove università. È in Sudafrica, infatti, che sempre più giovani  si trasferiscono per studiare. Per permettersi un’educazione avanzata, i talenti africani tradizionalmente espatriano: secondo il rapporto La mobilité des étudiants d’Afrique sub-saharienne et du Maghreb, è la Francia a muovere grandi numeri, circa 115.000 studenti all’anno, il 29,2% degli studenti africani che studiano fuori dalla propria nazione d’appartenenza; ma anche il Sudafrica, che con 57.000 studenti internazionali provenienti soprattutto da Zimbabwe, Namibia, Botswana e Lesotho, conta il 15% di studenti africani in entrata da altre nazioni.

Oggi uno studente internazionale su dieci nel mondo è africano, ma sempre più numerosi sono i giovani che rimangono in Africa a studiare. Nell’ultimo decennio sono emerse tre hub fondamentali: il già nominato Sudafrica per gli studenti anglofoni, il Marocco per i francofoni, e l’Angola per gli studenti provenienti dalle nazioni di lingua portoghese. Il Marocco è luogo di studio per circa 7.000 studenti stranieri, ma è anche la nazione che registra il più alto numero di giovani espatriati per frequentare l’università, il 10,5% del totale; i marocchini vanno principalmente in Francia, meta scelta soprattutto dai paesi del Maghreb e dall’Africa subsahariana francofona. Solo il 2,6% degli africani che studiano in Francia non provengono da nazioni di lingua francese. La loro scelta ricade invece su Stati Uniti, Germania, Malesia. Ma, possibilmente, se ne vanno non troppo lontano da casa. Ecco allora che l’irresistibile crescita economica del continente africano e la sua assoluta necessità di fornirsi di università, ancora però di bassa qualità e scarsamente diffuse sul territorio, diventano le leve per una ridefinizione del continente africano come nuovo polo d’attrazione per investimenti esteri anche nel campo dell’educazione.

L’Unesco stima che se l’Africa rispetterà l’andamento attuale del proprio tasso d’espansione, nel 2015 gli studenti universitari saranno il doppio rispetto al 2006, per un totale di circa 18 milioni e 600.000 immatricolati: un banchetto troppo ghiotto per non approfittarne. A questo scopo sono diversi gli enti internazionali entrati in gioco in tempi molto recenti: alcuni attuano chiari investimenti finanziari, altri più semplicemente affermano la propria presenza in un paese ricco di risorse e con un promettente futuro economico. A gennaio di quest’anno la Ifc, un membro del World Bank Group, ha investito 150 milioni di dollari con l’obiettivo di ampliare l’accesso agli studi superiori nei mercati emergenti dell’Africa, dell’America Latina e dei Caraibi. Il primo frutto dell’investimento è la recentissima joint venture con la Monash University australiana a favore di un campus in Sud Africa. È ancora della World Bank la sovvenzione di 8 milioni di dollari per stabilire centri di eccellenza per la ricerca in Africa centrale; il bando è stato vinto a settembre da una piccola università nigeriana e dal suo progetto per  un centro di ricerca per la fitomedicina. Sul fronte delle istituzioni universitarie, è di ottobre l’apertura del primo branch campus inglese in Africa, la Lancaster University Ghana, mentre la malesiana Limkokwing University of Creative Technology è presente già da qualche tempo in Botswana, Lesotho e Swaziland, come pure un paio di università olandesi che hanno fatto base in Nigeria e Sudafrica. A novembre un’associazione no profit kuwaitiana ha espresso l’intenzione di aprire una propria quinta università africana in Malawi, dopo quelle in Somalia, Zanzibar, Tanzania e Kenya. E sempre il mese scorso, in occasione dell’Africa-Arab Summit, anche l’emiro del Kuwait Sheik Sabah ha annunciato un premio annuale di 1 milione dollari per la ricerca in Africa.

Tutto questo in un continente che, è vero, ha un’economia che sta viaggiando più veloce di qualsiasi altra, con un tasso di crescita quasi del 5% per il 2013, ma l’indice di iscrizioni all’università non è ancora nemmeno confrontabile con la media mondiale. Tutto ciò in un quadro in cui la maggior parte degli africani vive ancora con meno di due dollari al giorno, in cui l’aspettativa media di vita in alcune nazioni è sotto i cinquant’anni, e nel quale la deforestazione e la desertificazione rappresentano solo alcuni degli aspetti più terribili del peggioramento climatico. Partire da una situazione di questo tipo, in cui l’incremento economico ha portato alla formazione di una classe media destinata a crescere in futuro, prevedere che i propri investimenti vadano a buon frutto sembra insomma giocare facile, una scommessa lucrativa e poco rischiosa. O forse il rischio c’è, ma non per gli scommettitori.

Chiara Mezzalira

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012