CULTURA

Lasciti di parole

Il sapore che rimane dopo aver letto Testamenti. Eredità di maîtresse, vampiri e adescatori è quello della confidenza intima, del piacere di un dialogo rinnovato con amici di un altro tempo. Di una poesia che travalica il testo scritto e si nutre di scambi epistolari, confronti di opinione, amori inconfessati. Di un “dietro le quinte” spesso sconosciuto ai più. In scena il mondo letterario del Novecento, in uno spaccato inedito e quasi plastico, da Eugenio Montale a Lucia Rodocanachi, da Carlo Emilio Gadda a Giovanni Ansaldo a Luciano Foà.

Giuseppe Marcenaro, giornalista, scrittore e autore, tra gli altri, di Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie (2008) e di Libri. Storie di passioni, manie e infamie (2010), quegli scrittori li ha conosciuti e nel suo libro raccoglie, cucendole insieme con il filo del ricordo e della memoria, lettere inedite, appunti, foto, vicende trovati a distanza di tempo sul fondo dei cassetti. È la sua ideale parte di eredità. “Dimenticati da ogni testamento, tutti gli uomini ricevono la loro parte di eredità: la presenza volatile di chi non c’è più… Andandosene hanno lasciato, come veri e propri legati, una frase un gesto. L’amicizia. La loro assenza… Ho scoperto così che la mia parte di eredità altro non è che il piacere di una ritrovata conversazione”.

In un metaforico alternarsi di testamenti e legati, campeggia nei primi capitoli del libro la figura di Eugenio Montale e del mondo, letterario e non, che gli ruota intorno. Le muse ispiratrici, l’“affettuosa intesa” con Lucia Rodocanachi, il difficile rapporto con Giovanni Ansaldo - giornalista corteggiato l’uno, poeta imbronciato l’altro. L’autore ci parla delle “donne che contrappuntavano l’avventura del poeta”, Arletta, Gerti, Marianna, Esterina, Irma, Clizia, Mosca, Volpe, come di un “un femminaio la cui sorte non fu mai il talamo”. E nella trama del libro ognuna di quelle donne prende consistenza. Nel salotto triestino di Francesca Malabotta, protettrice di letterati e artisti, Marcenaro conosce Gerti Fránkl Tolazzi, ispiratrice di Carnevale di Gerti e Dora Markus, una donna con “occhi pitturati di verde” e capelli biondo cenere che “ricordavano quelli di Ofelia annegata”; all’altro capo di un telefono Esterina, la nuotatrice di Falsetto, con voce di bambina squittisce di gioia all’annuncio del nobel a Montale; tra le strade di Firenze e Venezia Irma Brandeis, la celebre Clizia, vive con Montale “alcuni giorni di esaltazione”, “segrete passeggiate notturne sulle colline”. Il resto, lettere e promesse. Una passione, ci dice Marcenaro, che si consuma sulla carta.

Una parte importante è dedicata a Lucia Rodocanachi, négresse inconnue, la “negra sconosciuta”, che traduceva rimanendo nell’ombra per gli amici letterati, la donna che aveva letto tutti i libri del mondo. Amica e confidente di Montale, a lei il poeta consegnava malizie e pettegolezzi in un assiduo scambio epistolare. Aveva conosciuto Montale quando era direttore del Vieusseux e ne approfittava per ottenere libri che restituiva con scarsa puntualità. Dal suo salotto di Arenzano passavano i letterati degli anni Trenta del Novecento a discutere di Henry James, Proust, Joyce, Gide. Un rapporto molto diverso quello di Montale con Giovanni Ansaldo, direttore del Lavoro. Si osservavano da lontano, si incontravano con formale cortesia, si “pativano a pelle”. Quando Emilio Servadio presentò ad Ansaldo la recensione di Ossi di seppia, la raccolta di poesie uscita nel 1925, questi la respinse indignatissimo, ci racconta l’autore, perché si parlava di Montale “come di un nuovo Leopardi”.

Ma i letterati che si incontrano sfogliando le pagine del libro sono molti altri, da Carlo Emilio Gadda, ospite pagante in casa di Lucia Rodocanachi, a Guglielmo Bianchi, il letterato viaggiatore, vorticosamente appassionato della vita, a Giorgio Voghera che Marcenaro incontrò nel 1979 al Caffè San Marco di Trieste; da Camillo Sbarbaro, tra i pochi che l’autore conobbe solo indirettamente, a Roberto Bazlen “l’originale autore di nessun libro, formidabile lettore e ‘levatrice’ di talenti, suggeritore di opere pescate nei segreti meandri delle più esclusive carbonerie letterarie”, a Luciano Foà, fondatore con Bazlen e Adriano Olivetti di Adelphi. Spesso, controluce, ancora Montale. Con una lettera, un biglietto, un’opinione.

Attraverso un incrocio di memoria e documenti, Giuseppe Marcenaro ci fa conoscere uomini che ha frequentato per amicizia o comuni passioni letterarie, raccontandone frivolezze, genialità, contraddizioni e debolezze. Ritrovano così vita, nelle sue pagine, molti dei più importanti autori del secolo scorso, conosciuti, e a volta quasi sconosciuti al grande pubblico. Oltre il clamore letterario o il plauso di critica.

Monica Panetto

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