UNIVERSITÀ E SCUOLA

L'università del futuro? Niente campus, solo Internet

Hanno preso posto lo scorso fine settimana nei loro nuovi alloggi a San Francisco i 33 studenti della classe inaugurale di un nuovo e ambizioso esperimento universitario. Con l’inizio dell’anno accademico 2014-2015 ha preso il volo infatti il Minerva Project, un istituto privato e for-profit che offre corsi di studio quadriennali e che mira, attraverso l’uso innovativo della tecnologia, a rivoluzionare il mondo dell’università come lo conosciamo oggi e come esiste, almeno in Occidente, da circa un migliaio d’anni. Data la sede californiana e l’enfasi sull’aspetto high-tech, non sorprende che questa sia la creazione di un giovane manager/imprenditore prodotto tipico della Silicon Valley, il Ben Nelson (39 anni di età) che in un decennio al timone di Snapfish ha reso questo sito web per la condivisione di fotografie (oggi di proprietà di HP) leader del settore.

“Nelson ha lanciato Minerva ufficialmente nel 2011, ma è da quando era lui stesso uno studente universitario deluso dalle modalità di insegnamento che desiderava imbarcarsi in un’iniziativa del genere – dice Marielle van der Meer, managing director di Minerva per l’Europa – L’idea è che il mondo sta cambiando rapidamente e l’istruzione superiore dovrebbe anch’essa cambiare di pari passo, per rispondere ai nuovi bisogni della società”.

Minerva non ha un campus. Niente biblioteche, palestre, teatri. Nessuna delle enormi infrastrutture che rendono le università americane famose nel mondo. Non ha nemmeno delle aule. A San Francisco sono gli uffici amministrativi e un dormitorio dove i primi studenti a tentare questa avventura condividono camere da letto, bagni e aree comuni dove socializzare. Il resto avviene via Internet. “L’insegnamento passa attraverso la nostra piattaforma online, i corsi sono interattivi ma virtuali – dice van der Meer – Gli studenti devono accedervi con i loro computer e possono farlo dalle loro stanze, ma anche dal bar, ovunque si trovino”. Questo sistema ha due vantaggi importanti. Innanzitutto, mantenendo le proprie strutture fisiche al minimo, Minerva deve far fronte a costi inferiori rispetto ai propri competitori e può quindi offrire tariffe di iscrizione più basse. Oggi, un anno di studio presso Minerva si aggira sui 10.000 dollari (più 18.000 dollari per alloggio, cibo e spese varie), che van der Meer stima equivalgono a circa un quarto delle tasse imposte dai migliori atenei del Paese. In secondo luogo, dando ai professori (ma non agli studenti) la possibilità di vivere dove preferiscono, dovendo essi attrezzarsi semplicemente di una connessione a Internet per fare il proprio lavoro, Minerva è convinta di poter attirare nomi di punta. Tra i primi assunti vi è, ad esempio, Stephen M. Kosslyn, che per oltre trent’anni ha insegnato psicologia e neuroscienze a Harvard.

Si tratta questo di un elemento centrale per il progetto di Ben Nelson, che ha ambizioni elitarie e  ci tiene a non essere confuso con i Massive Online Open Course (MOOC), i quali offrono istruzione universitaria di massa, gratuitamente o quasi. Minerva vuole invece competere con i grandi marchi Ivy League, e replicare il prestigio delle varie Princeton e Yale. “I nostri corsi sono molto diversi da quelli delle altre università online – dice van der Meer – tutto avviene in tempo reale e l’insegnamento si struttura attraverso seminari aperti a un massimo di 19 studenti”. 

Oltre agli aspetti finanziario e organizzativo del mondo accademico, Nelson vuole infatti rivoluzionare anche quello pedagogico. Niente più professori che fanno lezione in maniera tradizionale, quindi, uno spreco di tempo e soldi secondo questo guru delle nuove tecnologie. Agli studenti di Minerva è richiesto che apprendano il materiale oggetto di studio indipendentemente, al di fuori delle ore di corso, sfruttando la grande quantità di risorse che sono oggi disponibili a tutti (ad esempio i MOOC, o il web in generale, ma anche libri di testo e riviste specializzate) e che rendono del tutto superfluo il ruolo del docente vecchio stampo, quello che trasmette le proprie conoscenze dal leggio in modo meccanico. I seminari sono dunque dedicati non alla diffusione univoca del sapere, ma alla discussione tra insegnante e allievi, al chiarimento dei passaggi più ostici, ad aiutare gli studenti a fare propri i contenuti studiati. “La nostra filosofia è che chiunque può prendere in mano un libro e imparare una materia – spiega van der Meer – quindi concentriamo i nostri sforzi sullo sviluppo di abilità come il pensiero critico e il problem solving, per dare ai ragazzi i giusti mezzi per pensare, le giuste abitudini mentali”. 

Dopo un primo anno in cui tutti sono tenuti a seguire solo quattro corsi di impianto generalista chiamati cornerstone (un po’ come dire “pilastri”) – Analisi Formali, Sistemi Complessi, Comunicazioni Multimodali e Analisi Empiriche – al secondo anno gli iscritti scelgono l’area in cui specializzarsi tra cinque offerte, Business, Scienze sociali, Lettere e Arti, Scienze naturali e Scienze informatiche. 

Oltre al curriculum innovativo, Minerva vanta anche una forte enfasi internazionale. Gli studenti sono reclutati equamente da tutto il mondo, con la classe iniziale di 33 – selezionati tra circa 2.500 candidati – che rappresenta 13 diverse nazionalità, dall’Argentina alla Palestina, dalla Nigeria alla Malesia. Il corso di di studio, inoltre, è pensato per essere itinerante. Dopo i primi due semestri passati a San Francisco, gli iscritti si trasferiscono prima a Buenos Aires e poi a Berlino. Le destinazioni per il terzo e quarto anno non sono ancora state fissate ufficialmente, ma van der Meer prevede saranno rispettivamente Mumbai e Hong Kong e Londra e New York. La cosa importante è che siano grandi metropoli piene di energia e opportunità, giacché nell’universo Minerva è la città stessa a fare da campus agli studenti. 

Oggi questo nuovo ateneo, che è già ufficialmente accreditato attraverso la partnership con il Keck Graduate Institute, un istituto di ricerca post-universitario in California, sta muovendo solo i primissimi passi ed è decisamente presto per dire se le ambizioni di Nelson saranno mai realizzate. Grazie a un investimento di 25 milioni di dollari ricevuto nel 2012 da parte della società Benchmark Capital, Minerva ha deciso di far studiare gratuitamente i primi 33 studenti, che faranno un po’ da cavie di laboratorio. Ma dall’anno prossimo, per far tornare i conti, ha in programma di aprire le porte ad almeno 250 nuovi iscritti paganti. Indipendentemente da quello che sarà di Minerva in futuro, non c’è dubbio che, nel contesto di un settore come quello dell’istruzione in grande sommovimento, sia un esperimento da seguire da vicino.  

Valentina Pasquali

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