CULTURA

Muquifu. Finestre, storie e memorie in estinzione

Un museo a Belo Horizonte, in Brasile, raccoglie frammenti di esistenze, conserva le risorse immateriali e le storie delle “non città”, per custodirle prima che due delle cinque comunità che fanno parte dell’agglomerato di Santa Lúcia vengano spazzate via per far posto a un grande parco urbano. Si tratta di un progetto che spinge lo sguardo oltre il muro che separa la città dei ricchi da quella dei poveri – dal Muquifu, inteso come luogo malfamato, piccolo e sporco, diventato ora museo inusuale a cui riconsegnare un ruolo e una dignità – e osserva le vite dei favelados, nel tentativo di rovesciare luoghi comuni e opporsi, così, all’ingiustizia sociale. Quel museo si è messo in viaggio e da Belo Horizonte è arrivato a Padova, per inaugurare Muquifu. Finestre, Storie e Memorie in estinzione, la mostra ospitata, fino al 28 febbraio, a Palazzo Liviano di Piazza Capitaniato. Questa prima esposizione itinerante del Muquifu propone immagini di ciò che non dovrebbe essere rappresentato, di ciò che non si dovrebbe vedere, ma quello che per i più è uno scarto ora si trasforma in simbolo capace di ridefinire il profilo delle favelas.

“Ho portato a Padova un assaggio della collezione. Si tratta di un ritorno all’origine, nel luogo dove questo progetto è nato”, spiega padre Mauro Luiz da Silva, parroco della favela, fondatore del museo brasiliano (muquifu.com.br) e curatore dell’esposizione padovana con Verona Segantini e Giuliana Tomasella (l’allestimento è firmato dagli architetti Roberto Giannerini e Luca Zecchin). “Il Muquifu non è un luogo di contemplazione ma di partecipazione ­ - aggiunge la curatrice Giuliana Tomasella - La favela e i suoi abitanti diventano un presidio di resistenza di fronte a uno tsunami omologante”.

Il progetto è nato tra aule e corridoi dell’università di Padova, è iniziato con la tesi di padre Mauro in museologia della laurea triennale in Storia e tutela dei beni culturali. “Sono venuto a Padova per studiare e portare poi a Belo Horizonte qualcosa di buono – racconta Padre Mauro – Dovevo dare un senso alla mia vita e al mio essere sacerdote. Nelle aule di Palazzo Liviano, frequentando le lezioni, mi sono reso conto che anch’io possedevo un tesoro: la comunità dove vivo da quattordici anni, un bene immateriale dove ho trovato la felicità. Il museo è nato qui, da una tesi che poco dopo è diventata realtà. Una volta laureato, nel settembre 2012, sono tornato in Brasile e, durante la festa dei Quilombos (villaggi che accoglievano gli schiavi africani in fuga dalle fattorie e dalle case dei padroni, ndr), il 20 novembre, giorno della coscienza nera, ho dichiarato la mia intenzione”. E continua: “Il Muquifu intende assicurare il riconoscimento e la salvaguardia delle favelas, i veri quilombos urbani del Brasile: luoghi non solo di sofferenza e privazioni, ma anche di memoria collettiva degna di essere salvata”.

Nel settembre 2013 il museo apre e ora, un pezzo di quella collezione, si mette in mostra al Liviano. Qui i ritratti fotografici dei volti delle janelas (finestre) firmati da Marco Mendes incontrano gli scatti di Jorge Quintão e Bianca de Sá, gli oggetti della quotidianità e i due dipinti dell’artista Fabiano Valentino, detto Pelè. Vita vera a comporre un’esposizione che racchiude in sé la dignità delle comunità e, al tempo stesso, lo sgomento di una prossima estinzione, di un futuro incerto senza identità. In quei luoghi si respira già il senso della perdita, una sensazione che invade e tormenta l’anima dei favelados. “Mi chiedono se me ne vado – racconta Domingo Vieira da Cruz, che da quindici anni vive a San Benedetto (São Bento)– Ma io qui sto benissimo. Nessuno sa dove ci manderanno. E tutto questo prima dei mondiali di calcio, per far vedere che lavorano”. “In quarantadue anni ho vissuto molte cose qui – dice Dona Ana Pereira del villaggio Speranza (Esperança) - non voglio andare via”. “Scendo in città solo per comprare il materiale per dipingere – spiega l’artista Pelè - laggiù mi sento una cosa perduta…”. La mostra, a ingresso gratuito, sarà visitabile fino al 28 febbraio negli orari di apertura di Palazzo Liviano, dalle 9 alle 17.

Francesca Boccaletto

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