SCIENZA E RICERCA

Non correre, cammina. Se è la salute che vuoi

Italiani popolo di poeti e di scrittori, un po’ meno di sportivi. Lo rivela uno studio condotto da Ipsos Mori per conto di Tom Tom, società che produce sistemi di navigazione satellitare, che vede il nostro Paese agli ultimi posti in una classifica di otto (nell’ordine Stati Uniti, Spagna, Francia, Svezia, Regno Unito, Germania), davanti solo all’Olanda. Il tempo dedicato all’attività fisica è limitato a 96 giorni all’anno, contro i 135 che vedono invece impegnati gli americani. Stando a uno studio Istat, nel 2012 in Italia a praticare uno sport era il 31% della popolazione al di sopra dei tre anni, il 29% svolgeva attività fisica pur non praticando in modo continuativo uno sport. I sedentari rappresentavano quasi il 40% della popolazione. Più pigri al Sud, è il nord-est che registra il numero maggiori di sportivi, con una punta (prevedibile) tra i 6 e i 17 anni. Nonostante questa situazione, l’indagine evidenzia sul lungo periodo un aumento nella pratica sportiva, di circa quattro punti percentuali rispetto al 1997.  

Tendenza al rialzo dunque, ma cosa preferire? Negli Stati Uniti probabilmente vi direbbero il fitwalking. Già, perché secondo l’ultimo report annuale sulle tendenze del fitness presentato da Health, raquet & sport club association di Boston, la camminata è stata consacrata disciplina dell’anno. Si fa all’aria aperta e a preferirla sono soprattutto le donne. E a ciò si aggiunga che, secondo uno studio di Paul T. Williams e Paul Thompson pubblicato su Arteriosclerosis, thrombosis and vascular biology, avrebbe gli stessi effetti benefici della corsa sulla salute a parità di energia spesa: non è cioè l’intensità dell’esercizio fisico a fare la differenza. L’indagine è stata condotta su 15.945 persone che praticavano come attività fisica principale la camminata e 33.060 che invece praticavano la corsa. Per sei anni i ricercatori li hanno monitorati, tenendo conto per ognuno di loro del peso, dell’altezza, della dieta, del tipo di attività fisica svolta e del tempo ad essa dedicato in una settimana e delle eventuali patologie contratte. I risultati hanno dimostrato che la corsa diminuisce il rischio di ipertensione del 4,2%, di ipercolesterolemia del 4,3%, del 12,1% il rischio di diabete mellito e di malattie coronariche del 4,5%. Se l’energia che viene spesa è la stessa, camminare riduce il rischio rispettivamente del 7,2% del 7%, 12,3% e del 9,3% (interessante il fatto che quest’ultima percentuale sia il doppio di quella della corsa).

Se invece lo scopo dell’attività sportiva non è la prevenzione ma il dimagrimento, il discorso cambia e allora la corsa si dimostra più efficace. “L’effetto dimagrante – sottolinea Carlo Reggiani, presidente del corso di laurea in scienze motorie dell’università di Padova – non è dovuto all’energia che si spende quando si corre, ma agli effetti che ne conseguono”. Dopo una corsa ci si sente diversi, il consumo di energia continua a essere più elevato del normale, il ritorno alle condizioni di base è più lento. In caso di attività intensa, gli effetti si protraggono addirittura per 24 ore. “Del resto – continua Reggiani – nel corso del 2012 abbiamo condotto una ricerca che prevedeva l’allettamento di soggetti sani, in seguito alla quale abbiamo verificato un incredibile aumento del colesterolo”.

E la bicicletta? Gli appassionati avranno qualche delusione se si pensa che quanto a benefici viene dopo corsa e camminata. Il consumo energetico in pianura (in città mediamente si pedala a 10 chilometri orari contro i 45 dei professionisti) è molto basso, è solo quello necessario a vincere la resistenza dell’aria. Cosa diversa invece in salita o a velocità elevate. “Certo il vantaggio della bicicletta – sottolinea Reggiani – è che si risparmiano le articolazioni, mentre quando si corre l’anca, il ginocchio e la caviglia sono sottoposte a uno stress continuo”. E per chi ha qualche chilo di troppo è l’attività più idonea, perché il peso si scarica sulla sella.

Monica Panetto

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