SOCIETÀ

Obama salvato dai cuochi e dai camerieri di Las Vegas?

In queste ultime ore di campagna elettorale Usa nulla viene lasciato al caso. E ogni endorsement, presa di posizione o dichiarazione di voto può essere decisiva. Specie negli Stati in bilico, dove Obama e Romney stanno lottando per conquistare quelle poche migliaia di voti di indecisi o di astenuti che possono fare la differenza. Nel sistema elettorale americano infatti la maggioranza di voti, anche minima, per un candidato a livello di singolo Stato comporta l’assegnazione della totalità dei delegati che quello stato elegge: in questo modo, una manciata di voti possono decidere il futuro presidente, come in Florida nel 2004. Proprio in uno swing state come il Nevada, dove i due candidati si sono fatti vedere più volte e hanno investito somme ingenti, il sindacato dei cuochi e dei barman ha deciso di schierarsi con il presidente Obama. Dopo mesi di attesa e di frizioni interne, il potente sindacato locale della ristorazione, la Culinary Workers Union, Local 226 di Unite Here, ha infatti scelto di lavorare per la rielezione del presidente uscente. Già quattro anni fa l’impegno della Culinary Union a favore di Obama era stato notevole, con oltre 100 iscritti al sindacato che avevano preso tre mesi di aspettativa per lavorare come volontari per la campagna elettorale democratica. Ma quest’anno, perlomeno inizialmente, l’organizzazione sindacale non sembrava intendesse spendersi in un esplicito endorsement. Il Nevada è uno degli stati che ha più sofferto la crisi economica e tra i lavoratori della strip di Las Vegas iniziava a montare una certa delusione verso il presidente uscente e le sue politiche di compromesso. Ma la lettura del manifesto repubblicano ha convinto i sindacalisti a scendere nuovamente in campo per Barack Obama. Tra le proposte contenute nel documento uscito dalla convention repubblicana di Tampa vi era infatti la volontà di proibire le contrattazioni collettive nel settore privato e di impedire ai sindacati la possibilità di imporre una trattenuta sullo stipendio dei lavoratori iscritti. Propositi che, se trasformati in legge, lascerebbero gli addetti soli di fronte ai datori di lavoro.

A testimonianza del notevole impegno messo in campo anche quest’anno dalla Culinary Union, va ricordato come il sindacato abbia deciso di pagare l’intero stipendio agli oltre cento lavoratori che hanno ottenuto un’aspettativa non retribuita dai rispettivi datori di lavoro (che principalmente sono casinò) per lavorare per la campagna elettorale democratica. I volontari del sindacato si stanno spendendo soprattutto nelle operazioni di registrazione al voto e nel porta-a-porta nei quartieri latinos. In Nevada oltre il 26% dei residenti è di origine ispanica e quattro anni fa la loro buona partecipazione elettorale fu decisiva per la vittoria di Obama. Anche quest’anno il problema è convincerli ad andare a votare e, per incentivarli a farlo, la Culinary Union metterà a disposizione dei pullman gratuiti. Favorire la partecipazione politica degli iscritti per far valere il proprio punto di vista è un punto fermo del sindacato, che da anni conduce una campagna chiamata “Citizenship Project” per aiutare i molti immigrati che conta fra i suoi associati a ottenere la cittadinanza Usa.

I sondaggisti sostengono che una bassa partecipazione dovrebbe favorire Romney, mentre un’alta partecipazione garantirebbe la vittoria a Obama. I democratici sono quindi consapevoli della necessità di mobilitare le minoranze, e per questo anche altri sindacati stanno aiutando la campagna di Obama. L’unione dei lavoratori edili, che vanta oltre 200.000 membri in Nevada, è da tempo al fianco del presidente, sebbene i dati della disoccupazione nel settore siano spaventosamente alti (quasi al 60%). E anche il sindacato del SEIU, la Service Emploiees International Union che raccoglie prevalentemente dipendenti pubblici, è schierato coi democratici; i suoi volontari sono impegnati per la registrazione al voto con lo slogan “We are the 99%”, ben in vista sulle T-Shirt viola che indossano per il porta-a-porta. Al momento non ci sono invece sindacati che hanno dichiarato il loro sostegno al GOP. Dalla parte di Romney ci sono però quasi tutti i proprietari dei casinò, che chiedono un’ulteriore deregulation e un abbassamento del carico fiscale. Steve Wynn e Sheldon Adelson, per esempio, che tra l’altro sono i proprietari del Bellagio, del Venetian e del Frontier, alcuni fra i più faraonici casinò di Las Vegas, vere città del gioco con migliaia di addetti ognuna, hanno donato milioni di dollari alla campagna repubblicana. 

Marco Morini

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