UNIVERSITÀ E SCUOLA

Oxford, Cina

È ormai tempo di avvio delle lezioni universitarie e presto gli studenti rientreranno in aula. Mentre in Italia sono rari gli atenei organizzati in campus e prevale il modello dell’università diffusa, negli Stati Uniti i più prestigiosi campus universitari furono costruiti circa 100-150 anni fa ricalcando i modelli preesistenti delle più antiche università inglesi come Oxford e Cambridge.

Stilisticamente questi complessi ricordano spesso elaborati castelli medievali, peraltro storicamente improbabili in terra americana. Si tratta di edifici austeri che apparentemente mal si conciliano con l’attuale atmosfera scanzonata di molti di questi college, anche se alcuni accademici sostengono che questo tipo di architettura, unita a un ribadito senso della storia e delle tradizioni dell’università di cui si fa parte, siano essenziali per limitare sciatteria e pigrizia studentesca. Tanto più gli atenei sono esclusivi, quanto più sembrano ricalcare lo stile gotico degli omologhi inglesi. Questo è ancor più evidente negli atenei appartenenti alla cosiddetta Ivy League, che altro non sono che le otto più elitarie università statunitensi, tutte site nel Nord-Est del Paese (Brown University, Columbia University, Cornell University, Dartmouth College, Harvard University, Princeton University, University of Pennsylvania, Yale University). L’effetto visivo è infatti lo stesso: i campus si sviluppano attorno a due edifici principali edificati in stile gotico: il rettorato e la biblioteca centrale. Tutt’intorno poi, sorgono facoltà, aule, laboratori e dormitori contenuti in edifici i cui fregi, sculture e perfino il grigio delle pietre intendono ricordare gli omologhi britannici. E il calco va oltre lo stile e le strutture: anche uniformi, organizzazione e perfino confraternite sono state fedelmente riprodotte.

Se fino a metà del secolo scorso le grandi università americane prendevano a modello i più importanti atenei britannici, è ora interessante osservare fenomeni analoghi che stanno accadendo in Cina. A sud di Shanghai un’università pubblica ha costruito un campus interamente costituito da manieri fortificati in stile inglese alternati a case a graticcio adibite a dormitori. Nella provincia di Hebei, il locale ateneo ha un corpo centrale che sembra una perfetta riproduzione del castello di Hogwarts, la scuola di magia di Harry Potter. Infine, il campus cinese della University of Nottingham, situato a Ningbo, è anch’esso in pieno stile gotico e gli edifici principali sono circondati da un giardino all’inglese. Ma se per quest’ultimo si tratta di un caso di ateneo frutto di una joint-venture anglo-cinese, esiste un consorzio di università cantonesi che ha affidato un importante progetto edilizio alla californiana Dahlin Group, il cui tratto distintivo è proprio la realizzazione di campus universitari fatti a immagine e somiglianza dei più noti atenei statunitensi.

Non si tratta di esempi isolati, e l’idea generale appare quella che copiando prima la forma sarà più facile eguagliare poi la sostanza, nell’intento di permettere agli atenei cinesi di rivaleggiare in prestigio e capacità attrattiva con i più illustri omologhi statunitensi e inglesi. Il piano del governo cinese è infatti quello di limitare l’emigrazione degli studenti verso le università americane: solo nell’ultimo quinquennio, secondo i dati dell’Institute of International Education, sarebbero stati oltre 230.000 gli studenti cinesi immatricolati in atenei statunitensi. Cervelli che poi quasi sempre fanno rientro in patria ma che rappresentano comunque ingenti capitali che temporaneamente prendono la via dell’estero.

Il piano di Pechino è di contenere questa emorragia e la possibilità di offrire campus che in tutto e per tutto ricordano gli agognati Harvard e Yale serve anche a rendere più appetibili agli studenti le università di casa. Questo entusiasmo per stili architettonici stranieri è infatti anche il segno di qualcosa di più profondo, cioè della volontà di offrire un approccio più occidentale al sistema educativo. In Cina, dagli anni’50 dominati da Mao fino alle riforme degli anni Ottanta, le scuole cinesi erano rigidamente controllate dai burocrati di partito ed erano un mezzo per sostenere gli ideali rivoluzionari comunisti. I programmi didattici erano definiti a livello statale e i campus venivano edificati nel più classico stile sovietico. Ma l’attuale spinta a diventare la superpotenza mondiale ha imposto l’idea di modernizzare i campus e renderli più simili a quelli desiderati dai migliori studenti di tutto il mondo. Questo perché è avvertito anche a livello governativo come le classi sociali medio-alte abbiano scarsa considerazione del sistema educativo nazionale e quindi siano ancora pienamente fascinate dalla possibilità di mandare i propri figli a studiare in America o in Europa.

Da una decina d’anni sono state perciò implementate una serie di riforme al sistema educativo conosciute come “student-centered pedagogy”, modifiche che intendono privilegiare la discussione e il dibattito nelle aule universitarie a scapito della memorizzazione e della semplice trasmissione verticale del sapere. L’idea è anche quella di ridurre il numero di studenti per classe, di aumentare il numero dei seminari e dei corsi facoltativi. Allo stesso tempo, sulla spinta di specifici provvedimenti governativi come il Thousand Foreign Experts, gli atenei cinesi stanno reclutando un numero sempre maggiore di docenti stranieri, nel preciso intento di rendere i campus cinesi sempre più simili a quelli anglosassoni.

Marco Morini

 

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