SCIENZA E RICERCA
Pittura, colori, chimica e l'influenza della tecnologia
Può la chimica svelare i segreti e l'origine della bellezza di un'opera d'arte? In che modo l'evoluzione della pittura si relaziona con i progressi di scienza e tecnologia? Le risposte si possono trovare nel libro Alchimie nell'arte (Zanichelli, 2012) di Adriano Zecchina, chimico, accademico dei Lincei e ricercatore nel settore delle nanotecnologie. Scienziato di professione, pittore per diletto. Ed è proprio la doppia anima del professore a trovare spazio nelle 240 pagine di un'opera che intende "mettere in luce l'intreccio tra lo sviluppo delle conoscenze mineralogiche, alchemiche, chimiche e fisiche, da una parte, e l'evoluzione delle opere d'arte pittoriche, dall'altra". Finalista del Premio Galileo 2014, Zecchina è il protagonista del primo degli incontri tra pubblico e autori.
Fin dalle prime pagine si parla di "luce", ma in che modo questa dialoga con il colore? O, per essere più precisi, con il pigmento, ovvero la sostanza che dà il colore a un materiale?
Noi riceviamo dal sole delle radiazioni che ci appaiono nell’insieme di colore bianco. In realtà quella luce è costituita da tutti i colori dell’iride, che si vedono nel momento in cui questa viene scomposta da un prisma: dal violetto al rosso. Un pigmento è bianco perché diffonde tutta la luce così come la riceve. Ciò e dovuto al fatto che le particelle del materiale non assorbono alcuna delle componenti della luce solare. Diversamente, quando le particelle del pigmento assorbono una porzione di quella luce, il pigmento risulta colorato. In sintesi, i pigmenti non sono altro che lo strumento che l’uomo ha trovato per modulare la luce e i suoi colori costitutivi. Del resto, che cos’è un pittore se non un artigiano della luce? E, guardi, nel tempo le cose non sono cambiate, neppure con l’avvento della tecnologia digitale, dove i vari colori sono ottenuti per combinazione di luci emesse da composti luminescenti. In conclusione, nel corso della storia dell'umanità lo scopo del pittore non è mai cambiato: sono solo cambiati gli strumenti.
Dal Paleolitico ai giorni nostri, nel libro si fa riferimento alle principali tappe nello sviluppo della metallurgia, dell'alchimia e della scienza chimica. Epoche, queste, che si sono sovrapposte e che hanno visto accelerazioni significative soprattutto dalla seconda metà dell'Ottocento...
Sì, perché nell’Ottocento, con lo sviluppo delle scienze chimiche, l’uomo ha imparato a costruire i pigmenti partendo dagli elementi costitutivi. Prima i colori si ottenevano principalmente macinando minerali e cuocendoli nei forni, come si fa per esempio con il vetro. Per un certo tipo di verde, per esempio, c'erano le terre verdi, rocce contenenti ferro molto presenti in Veneto. O ancora, il blu egizio si otteneva mischiando la malachite, minerale di rame, con la sabbia e veniva cotto poi nei forni. Ma la chimica ha dato origine a una autentica rivoluzione, c’è stata una esplosione, una accelerazione, una scoperta continua di nuove strutture chimiche e quindi di nuovi pigmenti che prima non esistevano. Nella preistoria si avevano a disposizione pochissimi pigmenti, principalmente il rosso dell'ematite, l'ocra e il nero. Nel Rinascimento se ne usavano quindici, ad esser generosi, alcuni di essi molto costosi. Ma con l’Impressionismo, grazie ai nuovi pigmenti di sintesi, generalmente a buon mercato, si arriva ad almeno settanta, tra cui quelli di colore giallo, arancio, viola e verde intenso, prima sconosciuti. Colori sempre più splendenti, sempre più luminosi.
… Sintetizzati, appunto, solo dalla chimica dell'Ottocento. Significa che i Girasoli di Van Gogh non sarebbero potuti “fiorire” in epoche precedenti?
Proprio così. Possiamo pensare che un artista così talentuoso sarebbe potuto nascere secoli prima, tuttavia senza i nuovi gialli, non avremmo i suoi Girasoli. Dunque ogni opera è figlia del suo momento storico che è costituito dal complesso impasto di alchimia, scienza, tecnologia e creatività. Ogni tanto, per gioco, provo a immaginare come avrebbe potuto reagire Tiziano, sommo colorista, se fosse stato, per magia, messo improvvisamente di fronte ai colori degli Impressionisti...
Nel libro lei sfata anche qualche mito: per esempio che i pigmenti siano sempre sostanze innocue.
Alcuni pigmenti usati sin dalla più remota antichità sono innocui, penso al carbone, l'ematite, l'ocra. Ma altri, anch'essi usati sin dai tempi degli egizi e dei romani, contengono piombo, arsenico e mercurio. Un pigmento non è quindi necessariamente innocuo, in quanto usato sin dai tempi antichi. La situazione non è cambiata con i pigmenti di sintesi. L’arsenico contenuto nel verde smeraldo, ampiamente usato da Cezanne, non era certo innocuo e si pensa lo abbia fatto ammalare di diabete. Per non parlare di Van Gogh, i cui problemi di salute, con buona probabilità, sono stati aggravati dalla tossicità di gialli contenenti cromo. Lo stesso discorso vale per Goya, Klee… Solo con l’arrivo dei pigmenti prodotti dalla chimica organica di sintesi, tipici del Novecento, e con lo sviluppo di una nuova consapevolezza scientifica, si è giunti a una situazione più favorevole.
Concludendo, professor Zecchina, non è vero dunque che “l’arte è del tutto diversa dalla scienza", come invece sosteneva Gombrich. Lo storico dell'arte separava nettamente la creatività artistica da quella scientifica, ma questo libro dimostra il contrario, arte e scienza procedono insieme...
La scienza spesso si maschera dietro eccessivi formalismi e tecnicismi, così che molte persone non la capiscono e ne vengono respinti. In realtà questo fatto avviene anche in molte altre attività intellettuali dell'uomo. Chi non si trova in difficoltà davanti al linguaggio dell'economia, della giurisprudenza e della filosofia? Tuttavia, come scienziato, posso assicurare che l’emozione che ci può regalare un grande quadro non si discosta poi così tanto da quella provata quando si riflette sulla straordinaria semplicità di un’equazione come “E = mc2”, oppure sul principio di indeterminazione di Heisenberg o sulla struttura della clorofilla. Sono emozioni legate alla creatività dell'uomo, che è presente sia nell'arte come nella scienza. Di tale creatività, sia con un quadro o una scoperta scientifica, veniamo quasi miracolosamente resi partecipi. In questo modo possiamo tutti divenire un po’ artisti e un po’ scienziati.
Francesca Boccaletto