SCIENZA E RICERCA
Ricerca: settori emergenti e difficoltà nell’annuario 2013 di Observa
Istituto italiano di tecnologia. Foto: Antonio Scattolon/A3/Contrasto
L'Italia spende una percentuale molto bassa del Pil in ricerca e sviluppo, solo l'1,3% (media europea 1,9% e media Paesi Ocse 2,4%), ha un numero di ricercatori tra i più bassi d'Europa (4,3 ogni 1.000 occupati contro i 7 della media europea) ed è il paese in cui i docenti universitari sono i più vecchi d'Europa (solo il 17% ha meno di 40 anni). Nonostante ciò, i nostri ricercatori si distinguono per la loro produttività scientifica, dato che l'Italia è l'ottavo paese al mondo per produzione di articoli scientifici, anche se diventa diciottesimo per media di citazioni ricevute dagli articoli pubblicati. La situazione critica che la ricerca scientifica sta attraversando nel nostro Paese emerge con chiarezza anche nell’appena pubblicato Annuario Scienza e Società che abbiamo curato per Observa Science in Society.
Come argomenta il saggio La scienza ai tempi della crisi, che costituisce il quarto capitolo dell’Annuario, le difficoltà in cui versa la ricerca italiana rappresentano purtroppo una costante degli ultimi vent'anni. Analizzando un campione di articoli pubblicati dai quotidiani a proposito del ruolo della ricerca scientifica in momenti di crisi economica, si può infatti notare che, tanto durante il governo tecnico di Ciampi del ’93-’94, quanto durante l’attuale governo Monti, prevale una retorica pubblica ambivalente: da un lato vengono celebrate le potenzialità della ricerca e dell'innovazione per risolvere i problemi causati dalla crisi economica, dall'altro viene ripetutamente documentata la scarsità degli investimenti in questa direzione, una scarsità che lascia il mondo della ricerca in gravi difficoltà senza che nessuno sembri realmente in grado di trovare soluzioni efficaci e concrete.
Per quanto riguarda le conoscenze e gli orientamenti dell'opinione pubblica nei confronti della scienza, i dati dell'Annuario mettono in luce come le competenze scientifiche degli italiani abbiano subito una flessione nel corso del 2012. Così, ad esempio, meno della metà degli intervistati sa che l’elettrone è più piccolo dell’atomo (45,5%) e conosce correttamente la funzione degli antibiotici (42,2%); inoltre poco più di un intervistato su due sa che il Sole non è un pianeta (52,9%).
A fronte di una cultura scientifica carente, la ricerca di informazioni scientifiche si dimostra organizzata ancora in modo piuttosto tradizionale: nel 2012 il mezzo più usato resta infatti la televisione, dato che il 56% degli italiani dichiara di guardare trasmissioni televisive che parlano di scienza e tecnologia almeno una volta alla settimana. Si riduce, invece, il ricorso alla stampa quotidiana, che comunque continua a svolgere un ruolo rilevante come fonte occasionale (più di un terzo degli intervistati dichiara di leggere articoli che parlano di scienza una volta al mese). I dati relativi al web evidenziano, infine, una notevole polarizzazione: se è vero che un cittadino su due dichiara di non utilizzare mai Internet per informarsi su scienza e tecnologia, circa tre su dieci (27%) vi ricorrono invece assiduamente.
Ma che cosa si aspetta il pubblico dalla scienza? Prevale l’orientamento che chiede soluzioni concrete a problemi pratici (21%), seguito dall’attesa di un contributo a realizzare il benessere e, in egual misura, lo sviluppo economico; d’altro canto, appena l'8% ritiene che la scienza “non offre niente di rilevante alla società”. La maggiore fiducia nella capacità della scienza di risolvere problemi viene da chi è giovane, ha una laurea e un alto livello di alfabetizzazione scientifica, mentre nelle fasce d’età più elevate e a minore scolarizzazione prevale l’idea della scienza come fonte di cultura. Meno della metà della popolazione, però, ritiene che i risultati della ricerca siano effettivamente a disposizione di tutti, e il 50% pensa che il mondo scientifico abbia ritrosia ad ammettere i propri errori.
Focalizzando l’attenzione sui settori di ricerca emergenti, quelli cioè che negli ultimi anni si sono caratterizzati per risultare particolarmente promettenti tra gli addetti ai lavori e capaci di attrarre significativi finanziamenti, il primato spetta alle neuroscienze. Questo ambito di ricerca è stato infatti capace di catalizzare sia l'attenzione degli addetti ai lavori, sia quello dei media, come si vede nelle figure 1 e 2. Da un lato, infatti, le neuroscienze sono considerate dagli italiani come un ambito capace di apportare cambiamenti futuri sostanzialmente alla pari con quello delle tecnologie informatiche (Ict), mentre sul piano della visibilità pubblica è il settore emergente capace di ritagliarsi il maggior spazio su quotidiani e blog.
Federico Neresini e Andrea Lorenzet